Nel 1970 Dacia Maraini e Alberto Moravia si unirono a Pier Paolo Pasolini e Maria Callas in un avventuroso viaggio in Africa. Callas e Pasolini si erano conosciuti l’anno prima, nel 1969, sul set dell’indimenticata opera cinematografica di Pasolini “Medea“, con Callas protagonista.
Inizialmente attratto dalla purezza dei contadini di Casarsa e poi dal sottoproletariato romano, Pasolini trovò nel continente africano la sua nuova fonte di ispirazione e la possibilità di realizzare il sogno di una mitica purezza senza l’influenza della borghesia e dell’industrializzazione.
L’Africa nera offriva un’esperienza unica, con la sua natura selvaggia e dominante che sorprende e spaventa allo stesso tempo. Senza pianificare molto, il gruppo si spostava liberamente, affittando una Land Rover e avventurandosi nei luoghi più remoti, guidati da autisti africani.
In un’intervista al Corriere, curata da Eugenio Murrali, Maraini racconta che durante il viaggio ebbe l’opportunità di conoscere più a fondo Maria Callas.
La cantante si palesò ai suoi occhi di scrittrice senza trucchi, con abiti casuali e mostrò umiltà e timidezza di fronte a Pasolini, che considerava un maestro. Nonostante l’affetto reciproco, il rapporto tra Callas e Pasolini era principalmente di natura affettiva, poiché Maria aveva la speranza di sposarlo, anche se sapeva della sua omosessualità.
Maraini spiega così al giornalista del Corriere:
Sul piano dell’affetto sì, ma non fisicamente. Una volta, per dormire, siamo finiti in una casa in cui si potevano affittare due semplici stanze senza bagno né nulla, con due letti ciascuna. Maria disse: “Io vado nella camera con Pier Paolo”. E lui: “No. Le donne con le donne e gli uomini con gli uomini”.
Poi, alla domanda più specifica su che tipo di relazione Callas si aspettasse da Pasolini, Maraini dice:
Sperava di poterlo sposare. Io provavo a dirle che mi pareva difficile. Sapeva che era omosessuale, ma pensava di poterlo cambiare. Era dolcissima in questo sogno infantile. Nella vita era candida e ingenua.
Nell’intervista Maraini sottolinea la diversità tra Moravia e Pasolini (sulla cui morte sono state riaperte le indagini) anche se i due si stimavano reciprocamente. Moravia era razionale e utilizzava la ragione come strumento di conoscenza, mentre Pasolini dava maggior importanza ai sensi. Non mancarono momenti di avventura, come quando la loro auto si fermò nel deserto e furono soccorsi da un monsignore che conosceva i nomi dei calciatori italiani, cosa che piacque molto a Pasolini, grande appassionato di calcio.
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Nel documentario successivo di Maraini, “Ritratti di donne africane”, si esplora la vita delle donne africane, che erano responsabili di molte attività sia nelle città che nei villaggi. In città, spesso le famiglie si dividevano, mentre nelle zone rurali le famiglie erano più unite, anche se erano le donne a svolgere i lavori più pesanti.
I ricordi specifici di Maraini sui singoli paesi africani si confondono, poiché i confini sono stati creati dagli europei. Tuttavia, l’Africa nera viene percepita come un organismo unico, caratterizzato dalla sua bellezza commovente e dal poliedrico mosaico culturale. Maraini ricorda con tristezza l’incontro con i pigmei, che sembravano consapevoli della loro cultura in via di estinzione, e questa esperienza le procurò una profonda tristezza e dolore.
Curiosamente nell’archivio di Gay.it appare una notizia del 2001, quando Dacia Maraini tacciò Lutwak di essere stato gratuito e superficiale nel definire i Talebani (eravamo in pieno post 11 Settembre) dei perderasti.
Immagine di copertina creata con intelligenza artificiale
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