La Cassazione ha oggi confermato quanto deciso dalla Corte d’appello di Brescia nei confronti di Carlo Taormina, che nel corso di una trasmissione radio affermò di “non volere assumere e di non volersi avvalere della collaborazione, nel proprio studio, di persone omosessuali“. Frasi discriminatorie, nè più nè meno, con risarcimento di 10.000 euro. Taormina si era rivolto alla Cassazione, che a sua volte aveva chiesto un intervento alla Corte di Giustizia. Lo scorso aprile quest’ultima aveva dato ragione a Rete Lenford, che aveva denunciato Taormina per quelle dichiarazioni ricordando come “la libertà d’espressione non è un diritto assoluto e il suo esercizio può incontrare limitazioni, a condizione che queste siano previste per legge e rispettino il contenuto essenziale di tale diritto nonché il principio di proporzionalità“.
Ora è arrivato il punto definitivo della Cassazione, che ha definito “ineccepibile” la sentenza emessa dai giudici della Corte d’appello di Brescia, dove “pur constatando che l’articolo 21 della Costituzione garantisce la libertà di manifestare il proprio pensiero con qualsiasi mezzo di diffusione” si era affermato che “tale libertà non ha natura di diritto assoluto e pertanto non può spingersi sino a violare altri principi costituzionalmente tutelati, quali, nella specie, gli articoli 2, 3, 4 e 35 della Costituzione che tutelano la parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro e la realizzazione di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale“.
Come riportato da AffariItaliani, Taormina ha reagitoa a questa vicenda sottolineando come “questi sono tempi in cui la Costituzione non conta più nulla e la sentenza ne è la dimostrazione“. A dir poco vergognoso, anche perché l’avvocato ha appena contribuito alla nascita di Italia Libera, partito che abbraccia Forza Nuova, gilet arancioni e no mask.
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