È sceso solo da pochi giorni il sipario sulle Olimpiadi 2024 ma ben presto lo sport tornerà protagonista con le Paralimpiadi di Parigi in programma dal 28 agosto all’8 settembre. Molti occhi sono (già) puntati su Valentina Petrillo, prima atleta transgender a prendere parte alla manifestazione. L’atleta gareggerà nella classe T12 del gruppo ‘visually impaired’, nei 200 e 400 metri. Una storia incredibile la sua – già ampiamente raccontata da Gay.it, anche in occasione delle precedenti paralimpiadi – raccontata anche nel documentario 5 nanomoli – Il sogno olimpico di una donna trans.
La storia di Valentina Petrillo
Valentina nasce il 2 ottobre 1973 a Napoli. La sport, e l’atletica leggera in particolare, è la sua passione da sempre. A a 14 anni Petrillo deve fare i conti con uno stop a causa di una diagnosi difficile da mandare giù: la malattia di Stargardt, che la rende ipovedente. Ma i limiti sono solo nella nostra mente, e così Valentina non si arrende ed entra nella Nazionale italiana di calcio a 5 per non vedenti.
Il richiamo della corsa, non quella dietro un pallone, è più forte di tutto, e a 41 anni Petrillo torna in pista vincendo 11 titoli nazionali nella categoria maschile di atletica leggera paralimpica.
Una carriera in ascesa
Siamo nel 2019 quando l’atleta inizia a farsi chiamare Valentina dando il via a un percorso di affermazione di genere. L’anno successivo per lei rappresenta un traguardo impagabile: riesce infatti a partecipare ai campionati italiani paralimpici di atletica leggera per la prima volta nella categoria femminile. Un evento storico, dal momento che è la prima volta nella storia degli sport paralimpici che ciò viene consentito a una persona transgender.
Una carriera in continua ascesa quella di Petrillo, che ai campionati europei del 2021 si piazza al quinto posto, e nel 2023 porta a casa due bronzi ai mondiali di Parigi.
Il rovescio della medaglia
Lungo il proprio cammino, però, Valentina ha spesso dovuto fare i conti con polemiche quando non addirittura con insulti transfobici tesi a sminuire i suoi risultati e le sue conquiste. Non ci sorprende, purtroppo. Basti vedere che cosa è successo proprio alle ultime Olimpiadi con il caso di Imane Khelif.
Sebbene molti affermino che le donne e le ragazze trans avrebbero un vantaggio atletico rispetto alle donne cisgender, non esistono prove conclusive a sostegno di tale tesi. Anzi, uno studio di aprile finanziato in parte dal Comitato Olimpico Internazionale – scrive la testata Them – ha scoperto che le donne trans potrebbero affrontare alcuni svantaggi atletici rispetto alle donne cisgender.
Intervistata da BBC Sport, Valentina Petrillo ha criticato il “modo di pensare binario” che ha portato alle politiche anti-trans nell’atletica: “È lo sport che deve trovare una soluzione, ed escludere gli atleti transgender chiaramente non è la soluzione” ha dichiarato, aggiungendo anche che quando alle donne trans è stato permesso di competere in gare di atletica “il numero di casi in cui si sono distinte per i loro risultati sportivi è stato molto basso”.
Che dire poi di quando, nel corso dei Campionati italiani master indoor ad Ancona, un comitato di 30 atlete ha protestato inviando una diffida alla FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera, ndr) per l’accesso di Valentina agli spogliatoi femminili a causa della sua anatomia maschile? O di quando nel marzo 2023 l’atleta ha rinunciato a partecipare ai World Masters Athletics in Polonia per le minacce e gli insulti ricevuti sui social?
Il messaggio di Valentina Petrillo
La diretta interessata, però, non ha intenzione di fare il gioco dei detrattori, ed è convinta che la propria presenza ai prossimi Giochi Paralimpici parigini sia un’importante tappa nel (lungo) cammino verso l‘inclusione delle persone trans nello sport. Ai microfoni di Fanpage ha infatti spiegato:
La mia presenza è un importante momento di riflessione per tutti, può essere d’aiuto anche sul fronte del linguaggio. C’è un modo corretto di parlare con le persone disabili, con le persone del mondo LGBT, con tutte le persone per così dire ‘diverse’. Spesso il linguaggio lascia molto a desiderare, certe convenzioni fanno male alle nostre vite, come ad esempio usare il nome della nostra precedente vita (dead name). C’è discriminazione dal punto di vista linguistico verso le persone trans e disabili.
E allora l’augurio è che la manifestazione sportiva ormai alle porte possa rivelarsi non solo una parentesi di piacevole intrattenimento, ma anche un prezioso momento di riflessione e crescita per la collettività intera. Lo speriamo, ma – purtroppo – ci crediamo poco.
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No, correzione. Lin Yu‑ting non è medaglia d'argento. Ho confuso i nomi.