Cina, svolta storica “Un bambino può avere due madri”

Una sentenza del tribunale di Fengtai a Pechino ha riconosciuto il diritto di una mamma a vedere sua figlia avuta con la sua ex compagna.

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CINA COPPIE OMOGENITORIALI la storia di Didi The Guardian
A sinistra foto di repertorio - a destra Didi, la donna che si è visto riconosciuto il diritto a vedere mensilmente sua figlia, avuta con la sua ex compagna (foto: The Guardian)
3 min. di lettura

In Cina una donna residente a Shangai ha ottenuto il diritto di visitare mensilmente sua figlia, avuta con la sua ex compagna, dopo una battaglia legale di quattro anni. Ne dà ampio resoconto il Guardian. È la prima volta che un tribunale cinese ha riconosciuto ufficialmente che un bambino può avere due madre legali. Si tratta di una svolta storica per le famiglie omogenitoriali cinesi.

Didi, 42 anni, e sua moglie si erano sposate negli Stati Uniti nel 2016, e successivamente entrambe avevano affrontato un percorso di fecondazione assistita, (in vitro – IVF), utilizzando gli ovuli della moglie di Didi e il seme di un donatore. Nel 2017, Didi ha dato alla luce una bambina, mentre sua moglie ha dato alla luce un bambino. La relazione tra le due donne si è incrinata dopo il ritorno in Cina, fino alla separazione nel 2019. Da allora, Didi ha lottato per ottenere il diritto di vedere i suoi figli, ma solo nel maggio di quest’anno è riuscita a ottenere un primo riconoscimento legale.

Il tribunale di Fengtai a Pechino ha stabilito che Didi ha il diritto di fare visite mensili alla figlia, una decisione considerata storica dagli attivisti LGBTQ+ perché riconosce, per la prima volta in Cina, che un bambino può avere due madri legali. La decisione del tribunale però non ha concesso a Didi il diritto di vedere suo figlio. Non è chiaro il motivo che ha indotto i giudici a fare il distinguo tra i due figli (che hanno la stessa età).

Il caso di Didi rappresenta un “grande passo avanti“, secondo il suo avvocato, Gao Mingyue.  In Cina non esistono istituti giuridici comparabili alle unioni civili e non esiste il matrimonio egualitario. La legge cinese evita di definire chiaramente i diritti delle coppie omosessuali (qui il racconto di un rifugiato cinese in Italia), limitandosi a contemplare solo famiglie eterosessuali nei codici civili e matrimoniali. Nonostante le difficoltà legali, la recente sentenza potrebbe aprire la strada a un riconoscimento maggiore delle famiglie LGBTQ+ in Cina, soprattutto alla luce delle recenti modifiche nelle politiche demografiche del paese, che ora incoraggiano la nascita di più bambini, come deciso dal Partito Comunista nel suo ultimo congresso.

Nonostante gli impedimenti legali, la società cinese sembra mostrare una crescente tolleranza nei confronti delle persone LGBTQ+. Un sondaggio pubblicato dal Williams Institute dell’UCLA ha rilevato che l’85% dei quasi 3.000 intervistati ha un atteggiamento favorevole nei confronti dei genitori dello stesso sesso, e quasi il 90% sostiene il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Qualche giorno fa alle Olimpiadi di Parigi, c’era stato l’episodio divenuto poi virale della “foto da sposa” tra le tuffatrici Chen Yiwen e Chang Yani, con i social cinesi in delirio romantico.

Dopo la sentenza del tribunale di Fengtai, Didi con sconcertante semplicità ha affermato:

“È molto semplice, altre famiglie hanno un padre e una madre. Noi abbiamo due madri”.

Il caso ha stimolato ampio dibattito sui social media cinesi e nelle accademie, e potrebbe segnare l’inizio di una nuova era per i diritti LGBTQ+ in Cina, anche se il cammino verso il pieno riconoscimento legale delle coppie omosessuali è ancora lontano all’orizzonte. Nel paese si registrano negli ultimi anni tracciamenti digitali, censura a contenuti queer, persecuzione delle identità di genere non binarie, chiusura di centri LGBTQI+: una persistente e silenziosa repressione.

Proprio durante il congresso del Partito Comunista che governa in modo assoluto e autoritario sulla popolazione cinese, non si è mai parlato dei diritti per persone omosessuali e transgender. Su circa 1,409 miliardi di cinesi, si stima che in Cina vivano tra i 100 e i 140 milioni di persone LGBTIAQ+. La storia di Didi è certamente un primo sasso nello stagno.

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