La parola ‘genferfluid’ è diventata mainstream. Che sia un bene o un male non ve lo so dire, ma per un paese come il nostro che sbaglia ancora i pronomi delle persone trans* e ancora arranca per distinguere ‘orientamento sessuale’ da ‘identità di genere’, non mi lamenterei troppo. Qualcuno dirà che oggi ‘sono tutti fluidi’, ma la dura verità è che succedeva già nel 1500. Nello specifico, dentro l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. Tra i 46 canti del poema cavalleresco, pubblicato nel 1546 a Ferrara, quello che interessa a noi è il canto XXV, dedicato a Bradamante, Ricciardetto, e Fiordispina. Di chi stiamo parlando?
La prima è la sorella gemella di Ricciardetto, e sia lei che lui sono praticamente identici tanto che spesso li scambiano per la stessa persona (soprattutto da quando anche lei porta i capelli corti). Sta di fatto che un giorno Fiordispina, figlia di Marsilio, re dei Saraceni, incontra Bradamante nel bosco, e la scambia per un cavaliere ferito. Non solo ha una sbandata assoluta per lei, ma la trascina in una radura, e le confessa il suo amore baciandola sulle labbra. Bradamante rettifica che è in realtà una cavaliera, e Fiordispina va in cortocircuito: l’amore della sua vita è una donna? Com’è possibile accettare qualcosa di così ‘folle’? Difatti, non lo accetta, ricovera Bradamante presso il suo palazzo e la fa rivestire con abiti femminili in moda da ribadire a sé stessa che è effettivamente una donna e ridimensionare il desiderio.
Spoiler: finiscono a letto insieme e Fiordispina si dispera tutta la notte, sognando che dall’oggi al domani la sua amata si risvegli uomo con l’aiuto del dio Macone. Al mattino Bradamante riceve un cavallo, una sopravveste cucita da Fiordispina, e torna a casa dove racconta la vicenda ai fratelli Rinaldo e Ricciardetto, quest’ultimo già infatuato di Fiordispina in passato, ma con scarsi risultati. Ma stavolta forse ha una chance: ruba il cavallo e armi di Bradamante, e si dirige al castello di Fiordispina, utilizzando la somiglianza con la sorella per ri-conquistarla. Fiordispina, felicissima e inconsapevole, lo adorna di abiti femminili e presenta a corte, tra l’accoglienza delle dame e gli sguardi lascivi degli uomini. Nelle parole di Ariosto:
…d’alcuni mi risi io più volte,
che non sappiendo ciò che sotto gonne
si nascondesse valido e gagliardo,
mi vagheggiavan con lascivo sguardo.
(XXV, 5)
Nell’arco della notte Ricciardetto en travestì racconta a Fiordispina di aver salvato una ninfa dalle grinfie di un fauno che voleva mangiarsela, e lei come ricompensa, le avrebbe spruzzato addosso un’acqua miracolosa che l’ha trasformata ufficialmente in un uomo. I due fanno l’amore tra “risi, feste, gioir, giochi soavi” e la relazione sembra andare a faville finché re Marsilio scopre tutto in seguito a delle voci di corridoio, e lo condanna a morte (non aiuta che Ricciardetto era anche nemico politico e religioso del sovrano). A salvarlo sarà Ruggiero, pagano della casa di Morgana, anche lui travestito da donna presso la corte della maga Alcina.
Nel 1546 Ariosto molto probabilmente non conosceva la parola genderfluid, ma come scrive Johnny L. Bertolio su La Ricerca, in tempi non sospetti ci raccontava due storie: “Sia un racconto di amore omosessuale senza falsi pudori, nei suoi snodi ricorrenti (la coscienza dell’emarginazione, la difficile accettazione del corpo e delle sue pulsioni, il percorso dentro e fuori l’armadio per antonomasia), sia la descrizione di una metamorfosi transessuale (pur soltanto immaginata), in questo caso non di chi ama ma di chi è amato”.
Non sarebbe stato di certo l’ultimo: nel 1623 un certo William Shakespeare pubblicava La Dodicesima Notte, commedia in cinque atti dove la protagonista Viola si traveste da uomo e chiama Cesario per conquistare il Duca d’Orsino, a sua volta innamorato della Contessa Olivia che a sua volta si innamora di Cesario. Genere e sessualità sfuggono ad una dimensione politica o definizioni a noi famigliari , ma diventano un dettaglio tra i tanti che non richiede troppe spiegazioni (se non per chiarire gli equivoci creati dagli stessi personaggi). Solo oggi sappiamo riconoscerla come queerness, tanto che la Florida conservatrice di Ron De Santis lo scorso anno ha abolito i testi di Shakspeare dai programmi scolastici (o almeno, gli aspetti più ‘volgari). Ma sia Ariosto che in Shakespeare non ci offrono trattati sull’identità queer o propagande di alcun tipo. Al massimo, ci illustrano prima di chiunque e con grande ironia, il principio della pansessualità: ovvero che il genere passa facilmente in secondo piano quando ti innamori di qualcunə.
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