Statement from The Walt Disney Company on signing of Florida legislation: pic.twitter.com/UVI7Ko3aKS
— Walt Disney Company (@WaltDisneyCo) March 28, 2022
Dopo la presa di posizione netta della scorsa settimana, arrivata dopo giorni di polemiche e di scioperi indetti dai propri dipendenti LGBTQ+, la Disney è tornata a tuonare contro la cosiddette legge “Don’t Say Gay“, ufficialmente entrata in vigore dopo la firma del governatore repubblicano Ron DeSantis.
“La proposta HB 1557 della Florida, nota anche come legge “Don’t Say Gay”, non sarebbe mai dovuta passare e non sarebbe mai dovuta essere confermata come legge”, ha tuonato The Walt Disney Company in un comunicato ufficiale. “Il nostro obiettivo, come azienda, sarà far sì che questa legge venga abrogata o contestata nei tribunali, e ci impegnamo a supportare le organizzazioni nazionali o statali che lavorano in questo senso. Ci impegnamo a sostenere i diritti e la sicurezza dei membri LGBTQ+ della famiglia Disney, e la comunità LGBTQ+ in Florida e in tutto il Paese”.
La presa di posizione della Disney è tutt’altro che secondaria. Oltre ad essere una delle più importanti e ricche multinazionali al mondo, è di fatto una delle aziende che più fatturano, pagano tasse e danno lavoro in Florida. Qui sorge il celebre Disney World, a Orlando, dal lontano 1971. A inizio mese lo studios era stato aspramente criticato, perché finanziatore di alcuni politici repubblicani favorevoli alla tanto contestata legge. Bob Chapek, CEO Disney, ha chiesto pubblicamente scusa, sospendendo le proprie donazioni politiche nello Stato e promettendo maggiore attenzione.
Secondo la legge, qualora i genitori si accorgessero che durante le lezioni i propri figli siano stati educati a principi che violano i divieti imposti dal “Don’t say gay”, potranno citare in giudizio i distretti scolastici (equivalenti ai nostri provveditorati agli studi). Le associazione LGBTQ+ americane temono che la legge possa limitare completamente ogni discussione o lezione su identità, storia della comunità e storia dell’oppressione che le persone LGBTQ+ hanno dovuto affrontare nei secoli e che ancora oggi affrontano.
Joni Madison, presidente ad interim di Human Rights Campaign, ha ribadito come la legge debba “essere abrogata“, poiché “l’esistenza di persone LGBTQ+ in tutta la Florida non è in discussione”. Ha aggiunto che la legge Don’t Say Gay” limita la libertà di parola e “va contro uno dei nostri diritti più sacri”. “Stiamo fissando una nuova realtà in cui gli studenti LGBTQ+ potrebbero chiedersi se sia loro consentito anche solo riconoscere la propria sessualità o identità di genere; una realtà in cui i giovani LGBTQ+ potranno essere costretti a rimanere in silenzio mentre altri potranno parlare liberamente; una realtà in cui al personale scolastico LGBTQ+ potrà essere proibito anche solo menzionare i propri cari”.
Nella notte Joe Biden ha aspramente criticato la legge della Florida, mentre il governatore DeSantis non ha fatto un passo indietro: “Se le persone che hanno sostenuto Harvey Weinstein si oppongono al nostro sostegno nei confronti dei diritti dei genitori, la vedo come una medaglia dal valore. Non cambio idea. In tutto il Paese abbiamo visto biblioteche con materiale inappropriato e pornografico per bambini piccoli, abbiamo visto fornire servizi a studenti senza il consenso o persino la conoscenza dei loro genitori, e sfortunatamente è successo anche nello Stato della Florida”.
Ad applaudire DeSantis, dall’Italia, Simone Pillon, senatore leghista che è tornato ad attaccare la Disney, a suo dire “diventata apertamente veicolo per trasmettere le ideologie gender ai bambini”, tanto dall’annunciare che “non avranno più un centesimo nè da me nè dalla mia famiglia”.
La #Disney è ormai diventata apertamente veicolo per trasmettere le ideologie #gender ai bambini.
Dal bacio gay al gay pride di Eurodisney, è evidente il totale asservimento all’agenda #LGBT.
Vergogna.
Non avranno più un centesimo nè da me nè dalla mia famiglia. pic.twitter.com/tKYmL28hMC— Simone Pillon (@SimoPillon) March 27, 2022
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