La lunga egemonia di Viktor Orbán in Ungheria sembra essere in bilico. Nelle recenti elezioni per il Parlamento Europeo, il partito Fidesz ha ottenuto il suo peggior risultato di sempre, aprendo la strada a un nuovo, vigoroso sfidante determinato a sconvolgere lo status quo.
Péter Magyar, ex membro di spicco del Fidesz oggi suo avversario, e il suo partito Tisza hanno infatti conquistato il 29,7% dei voti, guadagnando 7 seggi nel parlamento europeo.
Nonostante Fidesz, sostenuto dai suoi alleati minori, abbia ottenuto il 44,6% e 11 seggi (contro i 13 del 2019), il risultato è stato nettamente inferiore alle aspettative dei sondaggi. Negli ultimi vent’anni, il partito era sceso sotto il 50% solo una volta, nel 2004.
Lo scorso settembre la premier di estrema destra italiana Giorgia Meloni aveva difeso e sostenuto la linea dio-patria-famiglia di Orban a un congresso del suo partito Fidesz.
Péter Magyar e il partito Tisza sfidano Orbán
Ex funzionario del partito di Orbán ed ex marito dell’ex ministra della Giustizia ungherese Judit Varga, Magyar ha catalizzato l’attenzione dell’elettorato “incerto” denunciando la corruzione e la deriva autoritaria del governo Orbán.
Tisza – con posizioni europeiste di centro – punta a ripristinare l’ordine costituzionale, aderendo alla Procura europea per garantire una gestione trasparente dei fondi UE, attualmente bloccati per violazioni dello stato di diritto – ne sono esempio le pesanti leggi omobitransfobiche.
Il partito – che presenta, seppur timidamente, posizioni pro-LGBTQIA+ – intende anche abolire il cosiddetto ministero della “propaganda”, responsabile della disinformazione, e liberare la televisione pubblica dal suo controllo.
“Questa è la Waterloo della macchina di potere di Orbán, l’inizio della fine“, ha dichiarato Magyar dopo lo spoglio.
Tisza, di recente formazione, può essere paragonato a un Movimento 5 Stelle ungherese, una “terza forza politica” con l’obiettivo di smantellare il sistema di coalizioni di destra che il Fidesz ha usato per mantenere il controllo elettorale. Rifiutando alleanze con altre opposizioni, ritenute complici del sistema attuale, ha fatto della lotta alla corruzione il proprio cavallo di battaglia.
Tra i punti cardine del programma vi è il limite di due mandati per ogni carica eletta, una politica ispirata dagli oltre 20 anni di governo del Fidesz. Péter Magyar critica la crisi morale, politica ed economica che affligge l’Ungheria, sottolineando come il partito di governo alimenti le divisioni sociali scagliandosi contro le minoranze per mascherare una pervasiva cleptocrazia.
L’Ungheria in rinascita come la Polonia?
Magyar si è detto soddisfatto del risultato elettorale, visto come un atteso cambio di rotta. Orbán, invece, sembra sottostimare il risultato di Tisza. “Oggi si sono svolte due elezioni e le abbiamo vinte entrambe”, ha dichiarato il primo ministro durante un comizio post-elettorale a Budapest, riferendosi anche alle elezioni locali ungheresi che si sono tenute lo stesso giorno. “Abbiamo conseguito vittorie determinanti in una battaglia difficile“.
Tuttavia, il paragone dell’Ungheria con la Polonia appare inevitabile. Dopo anni di governo ultraconservatore, illiberale e anti-LGBTQIA+, la Polonia nel 2023 ha scelto di abbandonare la destra omobitransfobica di Diritto e Giustizia per dare fiducia al fronte europeista di Piattaforma Civica.
Anche in quel caso, la caduta dell’estrema destra polacca è stata determinata dalle sue posizioni sui diritti civili e dalla pervasiva corruzione, cause di una sostanziale perdita di fondi europei e di una situazione economica disastrosa.
Il risultato elettorale in Ungheria – seppur non determinante – potrebbe segnare un punto di svolta nella politica nazionale. Una cosa è certa: l’avanzata di Tisza riflette un desiderio crescente di cambiamento e riforma. Ma come si muoverà Orbán per mantenere la sua posizione?
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