Dall’Associazione Famiglie Arcobaleno, arriva una critica al Family Act del governo Conte. L’appello è rivolto alla ministra per le Politiche per la famiglia, Elena Bonetti.
Una critica che riguarda una sola parola, ma che acquista un enorme significato in questo momento. Utilizzare il singolare quando si parla di famiglia significa negare l’esistenza delle famiglie LGBT, dando spazio solamente a quelle formate da due persone di sesso diverso. Per questo l’Associazione Famiglia Arcobaleno dice:
Usare famiglie al singolare non è solo una questione di parole, ma significa negare la realtà delle famiglie. Tutte!
Le critiche al testo da parte di Famiglie Arcobaleno
Nel loro post social l’associazione spiega:
Ancora una volta il legislatore non riesce a immaginare un mondo in cui la parola famiglia possa essere declinata al plurale. In Italia non esiste un solo modello familiare: declinare al singolare la parola famiglia non è solo una questione di parole, ma di sostanza.
Significa negare accesso alle sedi di concertazione alle associazioni che, come la nostra, rappresentano modelli familiari diversi, che condividono però con tutte le famiglie quei problemi cui il Family Act prova a dare una risposta.
A scrivere, è il presidente di Famiglie Arcobaleno, Gianfranco Goretti. La critica si sofferma appunto sull’uso singolare della parola “famiglia”, e in particolare:
Ci riferiamo alla prevista istituzione di un organismo aperto alla partecipazione delle associazioni di tutela della famiglia, declinata, appunto, al singolare. Speriamo ci si renda conto dell’importanza nell’uso delle parole, soprattutto quando queste vanno di pari passo con il diritti delle persone e delle famiglie, tutte.
Il Family Act, che prevede tutele, aiuti e agevolazioni per le famiglie in difficoltà, dovrebbe essere rivolto a tutte le famiglia, che siano eterosessuali o omosessuali.
Pieno appoggio da Monica Cirinnà
A prendere le parti di Famiglie Arcobaleno, la paladina della comunità LGBT e madre della legge sulle unioni civili Monica Cirinnà. “Non è questione di parole, ma di sostanza” conferma la senatrice dem. E assicura tutto l’aiuto che l’associazione necessita, impegnandosi a corregge la parte del testo criticata:
Quel passaggio della proposta di legge deve essere corretto e mi sono già attivata con le colleghe e i colleghi della Camera.
Sono certa che avverrà: in Italia, la parola famiglia si declina al plurale. Non è questione di parole, ma di sostanza.
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