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I CALCIATORI? TUTTI METROSEXUAL!

Il calcio spagnolo e francese scendono in campo per i gay. Mentre da noi l’omofobia non merita il cartellino rosso. Come ci conferma in esclusiva un arbitro gay. Foto e intervista.

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4 min. di lettura

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ROMA – La Lega nazionale spagnola di calcio ha firmato un accordo con la Cecra, Coalizione spagnola contro il razzismo, la xenofobia e l’omofobia, per lottare contro le forme di discriminazione e gli atti di violenza negli stadi. Goal!
Anche in Francia, nel gennaio scorso, l’omofobia nel calcio, in particolare quella dei tifosi del PSG, era stata oggetto di polemiche. Le associazioni di omosessuali e i dirigenti del club decisero di collaborare per sensibilizzare la tifoseria alla diversità. Altro goal.
E l’Italia?

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Qualche bacio ed effusione tra calciatori, molti gossip sulla presunta omosessualità di questo o di quello sportivo e troppe porte sbarrate a chi prova a svolgere un’inchiesta sull’argomento. Questa volta però niente gossip: è un arbitro gay a raccontarci, dal campo, un calcio “diverso”.
Come mi garantisci di essere un arbitro? Mostrami il cartellino rosso…
…Non hai commesso fallo che te lo mostro a fare? Eccoti il tesserino dell’Associazione italiana arbitri. Con questo posso entrare negli stadi a vedere tutte le partite. Ho incominciato ad arbitrare che andavo ancora alle superiori. Era un modo come un altro per tenermi in forma e guadagnare qualche soldo. Ho iniziato, come tutti del resto, dalla gavetta e dal campionato giovanissimi. Attualmente arbitro nel campionato regionale.
È vero che non possiamo fare il tuo nome?
Per rilasciare interviste in veste ufficiale dovrei chiedere il permesso alla Federazione. Senza il nulla osta rischio il deferimento. Il mio nome preferirei comunque non farlo. Sono gay e sono italiano: che c’è di peggio? L’Italia è un paese chiuso…
… si dice che il mondo del calcio sia ancora più chiuso.

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Se fossi un giocatore mi guarderei bene dal dichiararmi gay. Ne ho conosciuti diversi in chat, mai nessuno direttamente sul campo anche se, qualche volta, scatta il cosiddetto gaydar. Non si va mai oltre allo sguardo… Si nascondono come se qualcuno gli desse la caccia . I calciatori, poi, hanno la fama di donnaioli e in serie A girano miliardi per lo sfruttamento della loro immagine. Se l’immagine venisse “incrinata” da uno tutta la categoria ne sarebbe colpita.
Ma la fama da donnaioli corrisponde alla realtà?
Per nulla. I calciatori, con la loro sovraesposizione mediatica, dettano mode e stili di comportamento. Da loro, mi sembra, si sia diffuso il genere “metrosexual”. Un trionfo di ciglia rifatte, cerchietti, lampade abbronzanti, nastri per i capelli, creme e depilazioni.
Torniamo sul campo. Come accogli gli insulti omofobi dagli spalti?
Quando riceviamo qualunque tipo di insulti reiterati e pesanti da parte di tesserati, tifosi o dalle panchine dobbiamo segnalarlo nel rapporto di gara. Se mi gridano “finocchio”, “frocio” o altro non lo scrivo. Non lo ritengo un’offesa, è la verità. Mi offendono insulti come “figlio di puttana” o “sporco bastardo disonesto”.
Hai mai sentito parlare di multe per insulti omofobi?
Assolutamente no. L’arbitro non si occupa di giustizia sportiva, per questo c’è un giudice che decide le sanzioni sulla base di ciò che l’arbitro ha scritto nel rapporto.
Significa che nel calcio italiano l’insulto omofobo non è riconosciuto come tale?

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L’insulto e la bestemmia fra giocatori meritano sempre il cartellino rosso, ma non mi è mai capitato di cacciare dal campo qualcuno per insulti omofobi. Preferisco risolvere i casi non gravi con una battuta.
Hai un punto di vista assolutamente inedito per descriverci l’omosessualità nel mondo del calcio. Che cosa puoi raccontarci?
Ho un aneddoto da raccontarti. Una volta un giocatore del campionato juniores è venuto da me lamentandosi per una “marcatura troppo stretta” di un avversario: “Arbitro quello è finocchio continua a toccarmi il culo!”. Io ho risposto: “Ora pensa a giocare. I numeri di telefono li scambierete dopo!”. Quando si tirano la maglia e vengono a dirmelo sdrammatizzo sostenendo che sia un modo come un altro per approfondire la conoscenza. Arbitrare è una questione di equilibrio. Altri si comporterebbero in modo diverso, io arbitro con il sorriso sulle labbra non con il regolamento in mano. Cerco però di essere sempre molto professionale, anche se ho un gusto innato per la battuta. Ad un giocatore espulso non direi mai “ora vai nel mio spogliatoio” (ride). Poi però mi pento…
I festeggiamenti tra giocatori per un goal sono un concentrato di omofilia. Perché?

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Fanno scherzando ciò che vorrebbero fare sul serio. Se perdono troppo tempo meriterebbero il cartellino giallo. In questo caso non lo estraggo. E’ un cosi bello spettacolo!
È vero che non sei l’unico arbitro gay?
Ti pare? Gli arbitri sono un’associazione che rappresenta a pieno la media italiana. Ho un amico a cui sono particolarmente legato, gay e arbitro. Ci troviamo spesso dopo le partite e ci segnaliamo i giocatori particolarmente avvenenti o le squadre che preferiremmo evitare, in alcune sono tutti brutti…
Sfilerete al prossimo gay pride in divisa e fischietto?
Assolutamente no. Non possiamo usare la divisa fuori dal campo.
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di Stefano Bolognini

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