In omaggio alla Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia (IDAHOBIT), l’Unione europea, la Banca mondiale e le ambasciate del Regno Unito e del Canada hanno issato la bandiera arcobaleno nei loro uffici in Iraq, domenica 17 maggio. Non l’avessero mai fatto.
Il ministero degli Esteri iracheno ha infatti pubblicamente tuonato, affermando che essere omosessuali è contrario alle “norme e ai valori” dell’Iraq.
“Ricordiamo a tutte le missioni che operano in Iraq di aderire alle leggi del nostro Paese e a seguire le norme diplomatiche”, ha affermato il ministero in una nota. Il Comitato per le relazioni estere del Parlamento iracheno ha definito la bandiera rainbow offensiva, secondo quanto riportato dal quotidiano internazionale arabo Asharq Al-Awsat.
Hassan Salem, membro del parlamento iracheno, ha addirittura chiesto la chiusura delle ambasciate, rimarcando come l’issare la bandiera sia stata una “azione immorale” e irrispettosa nei confronti dei musulmani. Salam al-Shammari, altro parlamentare, ha invece definito la bandiera come una violazione delle fondamenta etiche e religiose dell’Iraq. Persino Muqtada al-Sadr, leader del Movimento Sadrista, ha voluto dire la sua, definendo l’omosessualità “una malattia mentale” e invitando le ambasciate irachene all’estero a sventolare “le bandiere di Maometto e Gesù” per rappresaglia.
L’omosessualità è tecnicamente legale in Iraq, ma le persone LGBTQ affrontano discriminazioni continue e nessuna protezione da parte del governo. Anzi. Secondo un rapporto del 2018 dell’organizzazione IraQueer, il 96% delle persone LGBTQ intervistate ha dichiarato di aver subito violenza verbale o fisica.
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