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Milano elezioni 2021: i candidati arcobaleno nella città di Beppe Sala

Aggressioni omotransfobiche in aumento. Nuovi poveri in periferia. L’emergenza casa. Ecco perché è importante votare.

7 minuti di lettura

Milano è il luogo dove tutti vorremmo andare. Uno specchio che funziona da macchina del tempo: guardi dentro e immagini sia così fra dieci anni ovunque, forse meno. Tutto sembra funzionare in questa città; capitale d’Europa e addirittura “capitale morale” dopo il successo dell’Expo 2015.
Milano è una città di interni. Grigia fuori, d’oro dentro. “Qui nasce un italiano nuovo”, scriveva Giorgio Bocca raccontando il crogiuolo americano, la mescolanza degli idiomi, la sostituzione rapida del modo di vivere, la morte violenta del passato. È una città lgbt friendly, non c’è dubbio. Eppure, durante i giorni del Milano Pride ha registrato un aumento insolito di aggressioni omotransfobiche.

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Milano – Galleria Vittorio Emanuele II

È una città ricca, eppure basta spostarsi poco, nelle periferie, per parlare con i nuovi poveri: secondo Uil Lombardia su dati Nomisma, 150mila famiglie in crisi, l’emergenza casa a Milano che rende difficile la vita di chi ha redditi fuori target. Milano è una città doppia. Di ombra e di luce. Doppia, anche secondo il sindaco uscente e candidato dato per vincente Beppe Sala: “A Milano c’è una doppia religione: la religione cattolica e quella del lavoro. Quella del lavoro è quella che avvolge e integra tutti in questa città”.

Una città che corre a velocità alternata. Spedita sui diritti civili, singhiozza su quelli sociali. Ha senso parlare di voto lgbt a Milano? Che politiche si possono portare avanti in una città che sembra avere già tutto per la comunità: dal fiorire di festival e iniziative alla casa rifugio per le persone lgbt in difficoltà. Circola in rete una foto in bianco e nero in cui si legge, scritta su una lavagna: “Il 12 maggio vota gay” seduti su un divano in pelle i candidati gay alle elezioni del 1985 nella sede della redazione di Babilonia, giornale storico della comunità. Erano Beppe Ramina, Sergio Facchetti, Paolo Hutter, Vanni Piccolo, Franco Grillini, Fabio Saccani.
Paolo Hutter, attivista storico del movimento Lgbt è stato il primo consigliere comunale dichiaratamente gay eletto a Milano e ideatore de L’Altro Martedì, il primo programma radiofonico dedicato al mondo Lgbt trasmesso da Radio Popolare:A Milano il voto gay è stato sempre statisticamente poco rilevante” dice a Gay.it “Ai tempi della mia candidatura era una motivazione, una delle tante ma non l’unica. Tra i candidati Lgbt di punta che si qualificano con questa caratteristica, chiamiamola così,  ma non definiamola specializzazione – spiega Hutter – trovo interessanti e preparati Michele Albiani e Monica Romano. Ad occhio. Li apprezzo, diciamo, ma ricordo che il Comune di Milano non è la Camera dei Deputati”. Cosa serve allora?, chiedo sempre a Hutter “Una visione sull’urbanistica, sulla transizione ecologica della città. Poi certamente azioni concrete per la comunità si possono ottenere e non solo a livello puramente simbolico, parlo di assistenza e accoglienza nei confronti delle persone lgbt in difficoltà, un qualcosa che rientra nelle politiche sociali moderne e che non è mai abbastanza”.

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Sono 13 i candidati a sindaco alla città. Tra questi a contendersi veramente il governo di Milano: Beppe Sala, primo cittadino uscente che torna a correre per il centrosinistra, Luca Bernardo, candidato del centrodestra, a Layla Pavone, in corsa con il Movimento 5 stelle. Milano esprime anche due candidati sindaco gay: Mauro Festa per il Partito Gay e Gabriele Mariani, architetto e ingegnere civile, candidato sindaco di ‘Milano in Comune’, ultimo baluardo della sinistra radicale che ha raccolto l’eredità di Basilio Rizzo, sostenuto anche dalla ‘Civica AmbientaLista’. Il primo, Mauro Festa, fa fede al nome del suo partito e si candida in virtù di un’identità. Il secondo, Gabriele Mariani, si candida in nome della sinistra-sinistra, le questioni lgbt le circumnaviga concentrandosi più sui “come” intende cambiare la città, lasciando issate le bandiere arcobaleno che – va da sé – a Milano sventolano tranquillamente ovunque.
Tralasciando gli altri candidati a sindaco della città, il cui identikit personale e professionale è noto, vogliamo come sempre rivolgere lo sguardo sui candidati al consiglio comunale.

Nel Partito Democratico spicca il nome di Michele Albiani, sostenuto oltre che da Paolo Hutter anche da Alessandro Zan, padre della legge contro l’omotransfobia incagliata al Senato. Recentemente noto alle cronache per aver dato vita a una protesta contro l’ordinanza comunale che vieta l’asporto dopo le 22 nel quartiere di Porta Venezia, voluta dal suo stesso candidato sindaco Beppe Sala.

La sua è una candidatura che riparte dall’ascolto della comunità. La base del comitato elettorale è già una scelta di campo: proprio a Porta Venezia, il quartiere dove c’è via Lecco. Milanese doc, cresciuto in periferia. Da otto anni nel Partito Democratico, sei di questi come Responsabile Diritti della città metropolitana, Albiani dentro la politica si muove bene e ottiene risultati. Dalle mosse più simboliche come l’adesione del PD ai Pride nazionali a quelle più concrete, tipiche di un amministratore comunale: la panchina arcobaleno vandalizzata che viene riparata, gli incontri e la raccolta di istanze dei commercianti di via Lecco. Non si definisce un semplice candidato-attivista lgbt. Va oltre. “Direi intersezionale: diritti, trasporti, ambiente, vita notturna e rapporto tra associazioni e istituzioni” è il programma che elenca a Gay.it. Ci racconta la visione della città, in maniera semplice: “Per gli under 35 c’è una chiara emergenza abitativa. A Milano affittare una casa costa troppo. C’è poi la mobilità, si parla di Milano come la città a 15 minuti ma le periferie restano ai margini” E ancora la vita notturna, i patti di buon vicinato tra locali della notte e residenti e la questione della salute mentale e sessuale.

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Al fianco di Albiani, troviamo Monica Romano, classe 1979, attivista transgender con 20 anni di militanza alle spalle, nella sua visione della città troviamo: “Un progetto pilota per andare a prevenire le discriminazioni nel lavoro che a tutt’oggi subisce la comunità Lgbtq, ma non solo, ovviamente. Ci sono anche le donne, le minoranze etniche, le persone con disabilità, le odiose discriminazioni legate all’età” dichiara a Repubblica: “Il Comune potrebbe portare la diversity inclusion andando a interfacciarsi con le aziende”. Potrebbe essere la prima transgender in consiglio comunale. Ma potrebbe non essere l’unica. Antonia Monopoli, candidata come consigliera comunale di Milano e capolista del Municipio 2 per la lista “La Milano Radicale con Sala”: “Essere capolista del Municipio 2 mi spinge ancora di più a partire dalle periferie, i luoghi principali dove io ho svolto la mia missione in questi anni”.

Mauro Orso non ha il gusto del dibattito astratto, non ne ha nemmeno il vocabolario. “Sono una persona concreta” ripete più volte. E bisogna credergli. Da imprenditore digitale ha un curriculum invidiabile e si capisce bene perché sia stato inserito nella Lista Civica Sala. È una persona di grande intuito: durante la pandemia ha ideato “Gli Psicologi online”, la piattaforma online, che offre gratuitamente a tutti i cittadini italiani un servizio di consulenza psicologica. Originario di Benevento, ma milanese di adozione, dice di candidarsi per restituire un debito alla città che lo ha formato e che gli ha offerto un futuro professionale. Non è un politico e non ne ha la vocazione. Sembra però molto determinato anche a regalare le idee purché si realizzino: dalla lotta al cyber bullismo omotransfobico (e non solo) nelle scuole agli psicologi di quartiere. Su tutte l’idea di trasformare Milano nella Silicon Valley italiana, l’El Dorado di ogni startupper dove un progetto può diventare realtà, occupazione, economia: “Penso a creare un portale dove poter ottenere informazioni e credito per avviare una società. L’ascensore in Italia è bloccato e spesso se sei solo non hai possibilità di realizzarti o comunque è molto difficile”.

Tra gli altri candidati troviamo Leonardo Davide Meda, con Europa Verde Milano, Fabio Galesi candidato del Pd al Municipio 8, Gabriele Farinelli capolista Volt in comune, Giulia Pelucchi candidata Presidente del Municipio 8 del Pd, Elena Castellani nella lista Milano Unita-La sinistra per Sala, Davide Bassani, candidato Pd municipio 2, Daniel Munari, candidato PD al municipio 6, Sergio Bordignon candidato PD per il Municipio 9 di Milano e Mattia Abdu candidato presidente con il PD al Municipio 1,  Marco Mazzei candidato per il Consiglio comunale nella lista del sindaco Beppe Sala.

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Beppe Sala potrebbe vincere direttamente al primo turno. Non è difficile fare un gol a porta vuota del resto. L’unico ad avere qualche possibilità di portare al ballottaggio Sala -e perdere subito dopo- potrebbe essere il candidato del centro-destra Luca Bernardo. Ma serpeggia l’idea tra gli elettori di destra di votare, sì per la sua lista, ma poi non mettere la croce su Bernardo, bensì su Sala. A voler essere urticanti bisogna sottolineare che per la prima volta Silvio Berlusconi non ha commissionato nemmeno un sondaggio su Milano all’analista Alessandra Ghisleri.

La sorpresa di queste elezioni- con un finale senza pathos- sono proprio i profili dei suoi candidati. Giovani, dotati di una visione intersezionale, nati dentro la crisi e quindi incapaci di vedere il mondo attraverso la lente di ciò che c’era prima e non c’è adesso, del si-stava-meglio-si-stava-peggio. Sui santini elettorali si presentano persone che dentro il peggio ci sono nate, non hanno mai avuto un orizzonte di opportunità che non fosse una scatola chiusa: per classe, per orientamento sessuale, per identità di genere. Persone che reinventandosi hanno costruito da zero un lavoro, una strada, un futuro. Da qui usciranno moltissime promesse e tantissime patacche.

Lo speciale elezioni de L’Ortica su Gay.It termina qui (Leggi TorinoLeggi Roma) In queste settimane moltissime persone mi hanno scritto dicendo che non sanno, non hanno idea, non capiscono perché dovrebbero alzarsi una mattina e andare a votare queste famose amministrative. Camilleri una volta disse: “Nel momento in cui abbandoniamo il nostro posto volontariamente facciamo una diserzione. Fuggendo, lo spazio che lasciamo viene occupato proprio da quello da cui stiamo scappando”. Lo scopo di questo viaggio nelle città era semplice: raccontare chi ascolta o almeno finge di ascoltare. La comprensione è sempre un ottimo punto di partenza. E poi al voto, senza illusioni. Al voto bisogna andare anche senza certezze né speranze: il peggior errore, diceva Emerson, è quello di soggiacere alla paura di commetterne.

 

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