Sono trascorsi cinque giorni da una delle cerimonie d’apertura delle Olimpiadi più discusse di sempre e, ancora una volta, al centro delle polemiche c’è la comunità LGBTQIA+.
La vera intenzione degli organizzatori era invece celebrare Dioniso, dio greco del vino e del teatro, attraverso un’esibizione che sottolineasse l’assurdità della violenza tra esseri umani.
D’altro canto, quale miglior auspicio per dare avvio a un’Olimpiade da record in termini di partecipazione di atlet* LGBTQIA+? Quest’anno sono infatti 191, in aumento rispetto ai 186 di Tokyo 2020 e agli 11 di Atene 2004, come riportato da uno studio di Outsport. Un incremento, seppur modesto rispetto alla crescita degli anni precedenti, testimone un trend positivo di visibilità e inclusione nel contesto delicatissimo dello sport agonistico. Altro aspetto non trascurabile di queste Olimpiadi è infatti la partecipazione di ben due atleti apertamente non binary, l* calciator* Quinn e l* mezzofondist* Hiltz, sebbene in categorie femminili.
La maggior parte degli atleti che ha fatto coming out rimane comunque costituita da donne, con un rapporto di 9 a 1 rispetto agli uomini.
Questa è però anche l’Olimpiade della parità di genere. Fu proprio a Parigi, nel 1900, che le donne parteciparono per la prima volta, seppure in numero ridotto e spesso relegate a sport considerati “meno faticosi”. Finalmente oggi possiamo parlare di una partecipazione davvero equilibrata, seppur sempre nella sfera cisgender.
La strada verso una totale inclusività è infatti ancora lunga. Quest’anno, la presenza di atlete trans è stata completamente annullata dalle nuove regole restrittive adottate da molte federazioni sportive. Dopo la storica partecipazione di Laurel Hubbard nel 2020, l’edizione di quest’anno riscontra una vera e propria regressione: escludendo chi non ha iniziato la transizione prima della pubertà, in molt*, dall’oggi al domani, si sono trovate tagliate fuori dalle competizioni.
Sebbene il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) abbia infatti tentato di promuovere l’inclusione attraverso nuove linee guida, le federazioni hanno scelto di adottare – seguendo la corrente del movimento ultraconservatore globale – regole basate su studi scientifici controversi che non tengono conto delle peculiarità individuali. Ad essere colpite non sono infatti stat* solo l* atlet* trans come la nuotatrice Lia Thomas: anche altre, come l’azzurra Valentina Petrillo – che gareggerà nell’atletica paralimpica come atleta ipovedente – sono state escluse a causa dei criteri esageratamente restrittivi.
Mentre quindi la comunità LGBTQIA+ festeggia numeri da record – che fino a 10 anni fa poteva solo sognare – è importante ricordare che la battaglia non è ancora vinta: non esiste infatti un movimento LGB senza la sua inalienabile componente TQIA+.
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