Sebastiano Secci a Gay.it: l’intervista tra Roma e Global Pride, Mario Mieli e legge contro l’OmoBiTransfobia

In diretta IG con il presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli abbiamo affrontato l'attualità LGBT ai tempi del Covid-19.

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24 ore dopo l’annuncio del rinvio del Roma Pride 2020 causa Coronavirus, abbiamo intervistato in diretta IG alle ore 15:00 Sebastiano Secci, presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli. Un Roma Pride per il momento solo rinviato, e non cancellato come accaduto oggi a Torino. Perché?

Ci siamo voluti lasciare delle porte aperte, vogliamo vedere come evolve la situazione, quali saranno le prescrizioni delle autorità sanitarie. Il Roma Pride è una manifestazione complessa anche nella sua organizzazione, sono necessari dei tempi tecnici per realizzarla. Ci piaceva l’idea di lasciarci una porta aperta. Oltre l’autunno non potremmo andare, cerchiamo di capire come si mettono le cose. Tanto in questo momento non si può avere alcun controllo della situazione. Anche l’EuroPride di Salonicco e il Los Angeles Pride sono stati rinviati, e non cancellati. Ora faremo delle riflessioni, studieremo eventuali modalità di partecipazione diverse, ci piaceva l’idea che un Roma Pride 2020 ci potesse comunque essere.

Nel dubbio, il 27 giugno si terrà il primo storico Global Pride, manifestazione on line organizzata dai grandi network internazionali dei Pride, EPOA e Interpride, di cui fa parte anche il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli. Cosa dobbiamo aspettarci?

Stiamo organizzando il tutto con i grandi network internazionali. Stiamo cercando di capire come organizzarlo, abbiamo ancora due mesi e mezzo davanti, quello è un weekend speciale, è il weekend della notte di Stonewall, nel 1969. Sono i 51 anni, un anno fa eravamo tutti a New York per il mezzo secolo e quest’anno non c’è neanche la possibilità di vedersi, toccarsi. Il Pride è occupare uno spazio pubblico, fisico, attraverso le strade della nostra città, uno spazio politico e di comunicazione. Stiamo cercando di trovare delle situazioni che possano far sentire le persone comunque vicine.

Prima che esplodesse la pandemia da Coronavirus, per il 30 marzo scorso  era stata calendarizzata alla Camera dei Deputati la prima discussione della tanto attesa legge contro l’omobitransfobia. Come ripartire, ad emergenza conclusa?

Non basta una legge contro l’omobitransfobia e chiamarla tale perché lo sia appieno. La norma penale può essere più o meno importante ma l’omobitransfobia si combatte attraverso tutta una serie di azioni positive. Siamo ancora in una fase embrionale, si era aperto uno spiraglio importante grazie anche al lavoro fatto da una parte politica del parlamento, ma siamo alla fase in cui si cerca la percorribilità di quel percorso. Assieme a tante altre realtà LGBT siamo entrati in contatto con quella che è la classe politica che sta guidando questo percorso, abbiamo la responsabilità politica di questa legge, son percorsi da fare con senso di responsabilità. È una partita da giocare con molta attenzione, non possiamo permetterci di farci andare bene qualsiasi legge.

Lo scotto del 2016 con le Unioni Civili, che videro lo stralcio della stepchild adoption, è ancora troppo fresco, a poche ore dalla sentenza della Cassazione che ha ribadito come un bimbo nato in Italia  non può essere riconosciuto da due mamme. Possibile che la politica italiana non si renda conto dell’importanza di una legge che coinvolge centinaia e centinaia di bambini?

Queste famiglie esistono, basti pensare alle Famiglie Arcobaleno, che c’entrano l’obiettivo dal punto di vista politico sulle famiglie omogenitoriali. Noi stiamo entrando in una fase politica molto particolare. Una delle mie preoccupazioni, oltre quella economica e sociale, è la tenuta democratica, che le nostre battaglie vengano affogate nel benaltrismo, con il ‘c’è altro da fare’, basta guardare a quanto accaduto in Ungheria con Orbàn. E anche in Italia, fino a pochi mesi fa, c’era chi gridava ai pieni poteri. Mi spaventa la tenuta del sistema, le nostre battaglie future dovranno assumere uno spirito anche diverso.

Se il Roma Pride 2020 non dovesse farsi, la sindaca Virginia Raggi avrà completato il suo mandato da primo cittadino senza mai avervi partecipato. Un’assenza mai del tutto realmente giustificata: “La nostra è una battaglia di visibilità, metterci la faccia, i corpi, è importante. Noi lo facciamo da 50 anni e dalla politica pretendiamo lo stesso, non il semplice bollino del patrocinio lasciato in ufficio. Pretendiamo che anche i politici ci mettano la faccia, partecipare al pride significa fare delle promesse specifiche alla comunità, per i politici è un punto di partenza, non di arrivo. Un anno fa ci dissero che la sindaca era all’estero, ma era in Vaticano per la messa del Papa. Il Vaticano è formalmente estero, ma  le date del Pride in comune le conoscono con mesi e mesi di anticipo“.

 

Dovesse ricandidarsi e vincere le elezioni, Virginia Raggi potrebbe arrivare al 2025, anno in cui Roma ambisce ad ospitare nuovamente il World Pride del Giubileo, 25 anni dopo la prima storica volta.

Verso ottobre/novembre del 2021 saremo a Guadalajara in Messico per l’incontro con InterPride, e in quella sede si voterà per decidere dove fare il World Pride del 2025. Un po’ come le Olimpiadi. Noi ci siamo candidati nell’estate del 2017, stiamo lavorando al dossier con tutte le difficoltà che il Covid-19 ci ha presentato in queste ultime settimane.

Nell’attesa, quando l’emergenza da Covid-19 sarà archiviata, al cinema uscirà Gli Anni Amari di Andrea Adriatico, biopic su Mario Mieli, “tra i padri del nostro movimento“, sottolinea giustamente Sebastiano, che presiede il Circolo che dal 1983 porta il suo nome. “Una figura come la sua è  importante perchè é difficile capire dove sei e dove stai andando se non sai da dove sei partito. Son passati quasi 40 anni dalla sua morte, ma è importante perché è dal suo pensiero che abbiamo posto le fondamenta per le nostre attuali rivendicazioni. Il nostro pensiero, la nostra azione è l’evoluzione di quella base lì. Ecco perché è fondamentale parlarne“.

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