Niente da fare per Mehdi Shakr Khoda. Il ragazzo di 19 anni, fuggito dall’Iran perché omosessuale e di fede cristiana, non ha ottenuto l’asilo politico in Svezia. Ma se torna nel suo Paese, rischia la morte. Ora le autorità non possono più aiutarlo, tanto che ha dovuto firmare un documento con il quale si impegna a lasciare la Svezia entro 3 settimane. Se non dovesse adempiere a questo impegno, sarebbe comunque deportato.
Il caso era finito anche sul tavolo della Commissione Europea, che però non si è ancora espressa sulla questione. A febbraio di quest’anno, due deputati dem, Pina Picierno e Daniele Viotti, avevano presentato la storia di Mehdi alla Commissione, citando anche due articoli che avrebbero permesso al ragazzo di rimanere in Svezia. Senza però ottenere risultati, al momento. La storia era comunque diventata presto virale, ma secondo la Svezia, il ragazzo non è in pericolo di vita. Quindi, deve lasciare il Paese.
Mehdi: “In Iran non mi farebbero delle domande, ma un’esecuzione”
Mehdi e il suo ragazzo sono ora veramente preoccupati.
Se verrò deportato e in Iran scoprissero che sono cristiano o gay, non mi farebbero delle domande, ma un’esecuzione.
Questo ha spiegato a Gay Star News. In Iran, lo condannerebbero direttamente a morte, senza troppi interrogatori e processi. La sua religione e la sua omosessualità sarebbero prove convincenti per mandarlo al patibolo.
Il suo avvocato è ancora al lavoro e spera di vincere il ricorso in appello, e finora le ha provate davvero tutte. Aveva pensato a un matrimonio, ma la legge prevede che in Svezia la domanda sia fatta almeno 21 giorni prima dell’espatrio, e questo non è più possibile. L’ultima carta da giocare sarebbe appunto il ricorso, che dovrebbe consentire a Mehdi di rimanere in Svezia, anche se sarebbe senza documenti e senza tutele.
La storia di Mehdi in Svezia
Mehdi è arrivato in Svezia nel 2017, dopo che le sue due sorelle (di cui una trans) avevano fatto lo stesso pochi anni prima. Entrambe le ragazze avevano ottenuto l’asilo politico, e avevano iniziato una nuova vita. Mehdi, invece, al primo colloquio con l’Ufficio Immigrazione non aveva detto di essere omosessuale, perché l’avvocato che lo seguiva era lo stesso della sorella, la quale non sapeva che fosse gay. Il ragazzo temeva che il legale avrebbe rivelato il suo orientamento alla sorella e quindi alla famiglia, rimasta in Iran. Il visto era stato rifiutato.
Al secondo tentativo, Mehdi ha anche dichiarato di essere gay, ma senza successo. Anche le testimonianze del suo ragazzo Carlo (italiano che ora vive in Svezia) e di molti amici non è servita. Per l’Ufficio Immigrazione stava mentendo.
Ed ora, ha tempo fino al 31 luglio per andarsene. Lasciando la vita che si era creato in questi ultimi 2 anni.
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