47 anni a luglio, Claudio Santamaria, vincitore di un David di Donatello e di un Nastro d’Argento grazie a film come Lo chiamavano Jeeg Robot e Romanzo criminale, si è espresso a favore della legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo dalle pagine de LaRepubblica.
L’attore romano, esploso sul grande schermo grazie a Gabriele Muccino e attesissimo in sala con Freaks Out di Gabriele Mainetti, ha ribadito l’importanza di artisti e influencer nel portare avanti battaglie sociali, andando anche contro la sonnacchiosa e ipocrita politica nazionale.
Mi avvilisce che ancora in Italia si debba parlare di queste cose. Sono un razzista al contrario. Ghettizzerei chi fa della diversità un modo per sfogare le proprie frustazioni. Queste persone andrebbero rieducate. Parlavamo della responsabilità degli influencer, ma il ruolo dei politici è importante in questo senso: devo avere estrema sensibilità e larghe vedute. Per fortuna gli influencer, gli artisti, i cantanti, gli attori, possono dire la loro, e, attraverso ciò che dicono, accendere la famosa luce di cui parlavamo prima. Se uno picchia due ragazzi che si baciano ha la luce spenta, nessuno ha mai acceso la luce in quella persona.
Nelle ultime settimane lo show business nazionale si è finalmente svegliato, dinanzi al DDL Zan tenuto in ostaggio dalla Lega in commissione giustizia al senato. Decine e decine di personaggi famosi, tra cinema, tv, musica, teatro e sport, si sono esposti, esprimendo il proprio sostegno alla legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo. Una mobilitazione necessaria affinché i riflettori sul DDL non si spengano, almeno fino a quando non verrà ufficialmente calendarizzato in commissione al Senato. Martedì, con l’annunciato ufficio di presidenza, potrebbe essere l’agognato giorno del via libera.