Secondo giorno di un G7 fortemente calmierato nei temi dalla presenza storica del Papa, che per la prima volta partecipa al vertice dei big seven – in svolgimento da ieri e fino a domani a Borgo Egnazia, in Puglia.
Il grande feeling tra la premier italiana di estrema destra Giorgia Meloni ed il pontefice non è sfuggito agli osservatori, così come non è passata inosservata la fragilità delle conclusioni preliminari del vertice per quanto riguarda la tutela dei diritti umani e civili di donne e minoranze.
È di ieri la polemica per l’assenza di riferimenti all’interruzione volontaria di gravidanza nei documenti del summit. Un’ennesima miccia di tensione tra Meloni e il presidente francese, Macron, che in un intervento ha ribadito come la Francia abbia recentemente inserito l’aborto tra i diritti costituzionali, accusando l’Italia di peccare di sensibilità in questo senso, e provocando la reazione stizzita della premier.
Oggi, tuttavia, emerge un altro tema cruciale escluso dalla conversazione: i diritti LGBTQIA+. Alcuni ritengono l’omissione sia ancora una volta attribuibile alla presenza del pontefice.
“Se questa notizia dovesse essere confermata e la dichiarazione finale del G7 non includesse alcun riferimento, sarebbe molto preoccupante – commenta Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay – Anche perché se ne era parlato al G7 di Hiroshima dell’anno scorso, quindi sarebbe un chiaro passo indietro. Sicuramente sarebbe una bruttissima figura per il nostro paese. Spero che gli altri Paesi membri si oppongano al tentativo del nostro Governo di alterare valori comuni ormai consolidati e condivisi tra i Paesi alleati. Anche se la presidenza italiana, in qualità di paese ospitante, potrebbe influenzare il coordinamento delle conclusioni finali, posso infatti solo immaginare cosa pensino gli altri capi di Stato su questo tema. L’Italia rischierebbe non solo di apparire come paese ultraconservatore e minare la propria credibilità, ma addirittura desideroso di far fare passi indietro all’intera alleanza del G7.“.
Una differenza abissale infatti tra il vertice di quest’anno e quello del 2023 ad Hiroshima, in cui i diritti umani – compresi quelli LGBTQIA+ – assunsero un ruolo centrale. La promessa di “realizzare una società in cui la diversità, i diritti umani e la dignità siano rispettati, promossi e protetti e in cui tutte le persone possano godere di una vita vivace e libera dalla violenza e dalla discriminazione, indipendentemente dall’identità o dall’espressione di genere o dall’orientamento sessuale” verrebbe quindi lasciata a metà, in un periodo storico dove l’impegno in questo senso dovrebbe invece essere raddoppiato.
Neanche più le belle parole quindi, davanti a una diffusione a macchia d’olio dell’omobitransfobia istituzionale anche nel sicurissimo occidente, tra le leggi anti-trans e l’ascesa del suprematismo bianco negli Stati Uniti e l’innegabile deterioramento dei diritti LGBTQIA+ anche nel blocco occidentale europeo, che in questo momento sperimenta una preoccupante ascesa dei movimenti di estrema destra. Situazione in cui una risposta forte e determinata come risoluzione di un evento importante quale il G7 potrebbe fare la differenza nella percezione del tema da parte della società civile.
I diritti LGBTQIA+ diventano invece, ancora una volta terreno negoziabile, e addirittura elemento di disturbo da non nominare in presenza di chi potrebbe essere urtato dalla tematica – la stessa persona che, negli scorsi giorni, non ha esitato a reiterare l’utilizzo di termini denigratori per rivolgersi alle identità non conformi. Ma la comunità LGBTQIA+ non ha nessuna intenzione di restare a guardare.
“L’anno scorso, in occasione del G7 in Giappone, le principali organizzazioni LGBT dei paesi del G7, una per paese, hanno costituito un gruppo chiamato P7, cioè Pride 7, con Arcigay a rappresentare l’Italia – continua Piazzoni – Il gruppo è infatti composto dalle sette principali associazioni dei sette paesi del G7. Lo scopo del P7 è ottenere il riconoscimento come gruppo di rappresentanza di interessi presso il vertice. Esistono già diversi gruppi accreditati che si occupano di vari temi, dall’ambiente ai diritti civili, e possono essere auditi o presentare documenti che vengono esaminati e discussi con l’apparato del G7 nei vari paesi ospitanti.
Attualmente, stiamo cercando di ottenere l’accreditamento formale cosa che, però, ancora non abbiamo“.
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