Preoccupante regressione dei diritti umani, tra cui quelli LGBTQIA+, a livello globale: il desolante report di Amnesty International

Il vero "mondo al contrario": tra conflitti armati, crisi climatica e ascesa dei movimenti di estrema destra, crescono le violazioni dei diritti umani anche in Europa e Stati Uniti.

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Ben prima che Amnesty International rilasciasse il suo ultimo report sullo stato dei diritti umani a livello globale, era evidente che il mondo stesse andando incontro a una profonda regressione in questo senso. I dati non hanno fatto altro che confermarlo.

Un’inquietante retromarcia, tra conflitti armati, crisi climatica e l’ascesa dei movimenti di estrema destra, denota un’escalation di instabilità in molti dei 155 paesi analizzati, con una conseguente minaccia ai diritti umani fondamentali.

A pagare il prezzo più alto, come sempre, le fasce più vulnerabili della popolazione.

Donne e comunità LGBTQIA+ risultano, in generale, le popolazioni più soggette a violazioni dei diritti umani nelle quattro principali aree critiche del rapporto, che si concentra sul trattamento dei civili, spesso considerati sacrificabili in contesti di conflitto armato; l’escalation di reazioni violente contro i movimenti per l’uguaglianza di genere; gli effetti particolarmente gravi di crisi economiche, cambiamenti climatici e degrado ambientale sulle comunità più emarginate; e le sfide poste dalle tecnologie emergenti e consolidate, tra cui l’intelligenza artificiale generativa.

In aumento l’omobitransfobia istituzionale e i crimini d’odio contro la comunità LGBTQIA+

Fortunatamente, non tutti i rilevamenti mostrano tendenze negative in ambito di diritti LGBTQIA+. Nel corso del 2023, abbiamo infatti assistito ad importanti avanzamenti politici e legislativi in questo senso.

Uno degli esempi più recenti è quello dalla Lettonia, dove le autorità hanno finalmente riconosciuto le unioni civili, ampliando i diritti legali delle coppie dello stesso sesso. Analogamente, a Taiwan il diritto al matrimonio è stato esteso alle coppie transnazionali dello stesso sesso, che potranno anche adottare. La Dominica ha inoltre finalmente decriminalizzato l’omosessualità. 

Nonostante la tendenza generale nel continente sia desolante, anche la Namibia, in Africa, ha scelto di stare dalla parte giusta della storia stabilendo che i coniugi stranieri, uniti da matrimoni omosessuali contratti all’estero, possono ora regolarizzare il proprio status come immigrati regolari.

In Europa, nazioni come la Finlandia, la Germania e la Spagna hanno inoltre implementato politiche che facilitano l’autodeterminazione delle persone trans e non binarie, garantendo una maggiore equità e supporto in tutte le procedure.

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Se in alcuni paesi i movimenti LGBTQIA+ hanno ottenuto sostanziali vittorie in termini di diritti, dall’altra parte l’aumento dei discorsi d’odio e dei crimini contro l’orientamento sessuale e l’identità di genere oscurano tuttavia lievi progressi compiuti negli scorsi mesi.

Sono infatti ancora 62 i paesi che in tutto il mondo criminalizzano la condotta sessuale tra persone dello stesso sessoalcuni, come l’Afghanistan, con la pena di morte. Molti di questi sono però in Africa, e fanno appello ad anacronistiche leggi coloniali.

La travolgente ondata repressiva nel continente ha tra i suoi primi fautori l’Uganda – che ha introdotto la pena di morte per “omosessualità aggravata” – e il Ghana, con la sua terribile legge anti-gay oggi ancora in attesa di approvazione definitiva.

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Tuttavia, non è solo il continente africano a preoccupare. Con la classificazione del fantomatico “movimento internazionale LGBTQIA+” come organizzazione estremista, anche la comunità queer russa sta andando incontro a un’escalation repressiva senza precedenti – tra arresti sommari e violenti raid negli spazi LGBTQIA+.

Proprio come la Russia, anche la Bulgaria ha abrogato il diritto di riconoscimento legale del genere per le persone transgender. Nel Regno Unito, il governo omobitransfobico di Rishi Sunak è impegnato nella propria personale crociata ideologica contro le identità non conformi, ed ha posto il veto anche sullo Scottish Gender Recognition Reform Act.

Dopo settimane di trepidante aspettativa, l’India ha bocciato la proposta per concedere il riconoscimento legale al matrimonio egualitario. Se il regolamento fosse passato, l’India sarebbe diventata la più grande democrazia al mondo a permetterlo.

In Italia, la spietata persecuzione istituzionale da parte del governo Meloni ha portato alla quasi totale cancellazione dei diritti delle famiglie omogenitoriali – con l’inquietante spettro della GPA come reato universale – e un peggioramento generale della qualità della vita delle persone LGBTQIA+ portato dal discorso d’odio nelle aule istituzionali.

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Ma la repressione delle identità LGBTQIA+ assume contorni ancora più disturbanti quando l’analisi si sposta sulle violenze e i crimini d’odio perpetrati verso le identità non conformi, in rapida ascesa a livello globale.

L’Italia, fortunatamente, non è ai primi posti in quest’ambito, ma è comunque opportuno segnalare un aumento delle discriminazioni e delle violenze verso le identità non conformi – conseguenza diretta della persecuzione istituzionale portata avanti dal governo ultraconservatore di Giorgia Meloni.

Guardando la situazione da un punto di vista globale, tuttavia, è anche peggio. Nel corso del 2023, innumerevoli attivisti e soggettività sono stati arrestati e incarcerati in base a disposizioni che criminalizzano le relazioni sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso in paesi tra cui Burundi, Egitto, Libia e Tunisia o per aver organizzato matrimoni o feste gay in Nigeria.

In Cina, un’importante organizzazione LGBTI è stata costretta a chiudere a causa delle pesanti campagne anti-LGBTQIA+ in corso da parte della dittatura di Xi Jinping.

In Guatemala almeno 34 persone sono state uccise a causa del loro orientamento sessuale o della loro identità di genere. In Libano, le stesse autorità hanno incitato alla violenza contro le persone LGBTQIA+. In Iraq, le autorità hanno ordinato ai media di sostituire il termine “omosessualità” con “devianza sessuale”.

Un mondo sempre meno a misura di donna

Non è però solo la comunità LGBTQIA+ ad incassare i colpi delle politiche regressive.  Anche i movimenti per l’uguaglianza di genere si scontrano oggi con un’ingiustificabile, ma diffusa ostilità.

A livello istituzionale, a partire dagli Stati Uniti, sono diversi i governi che hanno regredito in ambito di diritti riproduttivi e sessuali, fallendo nel contempo nel tutelare donne e ragazze dalla violenza di genere.

Le disparità appaiono sempre più incolmabili, anche alla luce dell’ascesa dei movimenti ultraconservatori che desiderano esercitare un controllo sempre più stringente sui corpi femminili.

ABORTO MANIFESTAZIONE

La situazione peggiore è in Afghnanistan, dove le autorità hanno estromesso bambine e ragazze dall’istruzione scolastica e dal lavoro nel settore pubblico. In Iran, l’emblematica rivoluzione scaturita dall’omicidio di Mahsa Amini nel tardo 2022 ha fatto conoscere al mondo gli orrori del regime totalitario iraniano verso le donne. In entrambi i paesi, qualsiasi manifestazione di dissenso è stata repressa col sangue.

All’opposto, in Francia, la discriminazione verso le donne mussulmane ha raggiunto livelli preoccupanti, con il divieto imposto su indumenti e accessori religiosi, come il velo, in contesti istituzionali e sportivi.

15 stati USA hanno ufficialmente implementato un ban totale all’interruzione volontaria di gravidanza, spingendo le fasce più povere della popolazione, tra cui donne afroamericane ed altre fasce razializzate, ad adottare pratiche illegali e pericolose.

In Polonia una donna è morta per complicanze portate da una gravidanza, dopo aver ricevuto il diniego all’interruzione volontaria di gravidanza.

Le piattaforme social come Facebook, Instagram e TikTok hanno oscurato qualsiasi contenuto informativo riguardante il diritto all’aborto nei paesi dove questo è illegale.

Attivisti, professionisti sanitari e movimenti femministi per il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza sono nel 2023 stati soggetti a stigma, minacce, violenze verbali e vere e proprie aggressioni, quando non sono stati direttamente criminalizzati dalle autorità.

Amnesty ha anche rivelato una sistematica inadeguatezza delle tutele contro la violenza di genere a livello globale, e come non siano stati fatti sufficienti sforzi per implementare politiche più stringenti per prevenire il fenomeno.

Repressione violenta, torture, soppressione del dissenso: l’Italia regredisce

Nell’ambito del suo report annuale, Amnesty International ha dedicato un’attenzione particolare anche alla situazione dei diritti umani in Italia, evidenziando una marcata regressione. L’analisi offre uno spaccato preoccupante, rivelando come l’Italia stia assistendo a un progressivo deterioramento delle libertà civili.

Ad allarmare maggiormente è l’attitudine delle forze di polizia, sempre più concentrate sul punire piuttosto che sul proteggere. Nuovi casi di tortura e condizioni carcerarie disumane hanno evidenziato questa tendenza.

A rischio anche la libertà di espressione e di protesta. Esempio emblematico è quello degli attivisti contro il cambiamento climatico, nel mirino del governo che vorrebbe introdurre pene più severe per le loro proteste pacifiche, insieme alle terribili immagini che mostrano lo sproporzionato uso della violenza da parte delle forze di polizia contro le proteste pacifiche degli studenti.

torino genitori non accettano l'omosessualità lui tenta il suicidio

Anche in Italia, la violenza di genere vede un triste incremento, con 97 donne uccise solo nel 2023 – 64 da parte del partner o dell’ex partner. In molte non fuggono dalle situazioni di violenza in cui si trovano perché – come evidenziato dal Consiglio Europeo – l’Italia non dispone di sufficienti strutture rifugio per chi denuncia.

Il nostro paese, inoltre, non si è ancora adeguato ai regolamenti contro la violenza sessuale e domestica sanciti dalla convenzione di Istambul.

Parlando di diritto all’aborto, persistono ancora le problematiche relative all’altissima percentuale di obiettori di coscienza che di fatto ostacola l’accesso alle procedure per tantissime donne e persone con utero specialmente nelle regioni del Sud, ma a livello endemico su tutto il territorio. Preoccupanti, secondo Amnesty, le proposte legislative di questo governo a “tutela del feto”.

Tra le minoranze più in difficoltà nel nostro paese, anche migranti e rifugiati. Solo nel 2023, quasi 2500 persone sono morte in mare, un drammatico incremento rispetto alle 1417 del 2022. Condizioni detentive inadeguate, la minaccia di essere rimpatriati in paesi a rischio e discriminazioni sistematiche sono solo alcune delle criticità a cui questa popolazione deve fare fronte.

Il nostro paese si allinea quindi tristemente ad un fenomeno globale che registra un aumento delle violazioni dei diritti umani, ricordandoci che le certezze sono elusive e che le battaglie per la giustizia sono ancora ben lungi dall’essere vinte.

 

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