Nel suo ultimo singolo Mamma scusa dà un bacio a Freddie (Mercury) e uno alla Madonna (no, non la Ciccone). Due mondi lontani, ma che per qualche tempo hanno coabitato in lei. Stiamo parlando di Guernika, giovane cantautrice dal piglio rock che ha catturato l’attenzione dell’etichetta discografica Supernova e nientepopodimeno che di Loredana Bertè, Presidente Onorario della label.
Dopo aver partecipato con successo a un evento del Milano Pride proprio sullo stesso palco della Bertè, sabato 27 luglio l’artista è stata ospite di LesWeek al Mamamia di Torre del Lago. Gay.it l’ha intercettata tra un impegno e l’altro per farsi raccontare la storia dietro il nuovo brano, fatta di notti in bianco, amori sbagliati e il bisogno di gridare al mondo di amare le donne.
https://www.tiktok.com/@sonoguernika/video/7393669968740584736
Chi è Guernika sulla carta d’identità?
Sono Francesca (Sarasso, ndr) ho 29 anni e vengo da Vercelli. Da un paio d’anni vivo a Roma, mi sono innamorata di questa città, ho abbandonato la realtà di provincia perché avevo bisogno di avere orizzonti più ampi soprattutto per la musica.
Com’è stato crescere a Vercelli? C’erano stereotipi con cui ti sei dovuta scontrare?
Certamente quando ero più piccina eravamo in pochi a fare musica, quindi le passioni altrui erano diverse dalle mie. Poi in merito alla mia persona, come racconto nel singolo, fare coming out una decina d’anni fa in una realtà piccola non è stato semplice. Oggi, sentendo storie di persone più giovani che conosco e che sono rimaste a Vercelli, mi rendo conto che qualche passettino in avanti è stato fatto e di quanta normalità stia arrivando alle vecchie generazioni rispetto a questo tema. Quando l’ho fatto, eravamo io e altri 3, e non ti dico come ci chiamavano…
I passi in avanti non sono mai abbastanza se pensiamo a quel che è accaduto di recente a Roma.
Ho visto il video sul web come tutti, non sono riuscita a guardarlo fino alla fine. La violenza mi fa senso. Mi ha davvero impressionata.
Neanche a farlo apposta oggi indossi una canotta con la scritta “Homophobia is gay”.
Penso che l’odio sia l’altra faccia della medaglia di qualcosa di irrisolto. Quando si arriva a odiare è perché manca un tassello del puzzle, quindi sì, homofobia is gay, assolutamente.
Tu quando hai fatto coming out?
A 18 anni, forse sono stata indotta da mia madre che l’ha capito da un banalissimo abbraccio che ho dato a un’amica che in realtà era la mia fidanzatina. Quando l’ho salutata, mia mamma mi ha detto: “Ora lo so”, e devo dire che mi sono sentita molto leggera, perché a quell’età ero convinta di dover tenere solo per me questa mia parte. Avevo il terrore di rimanere sola, senza famiglia e senza amici, invece non ci sono rimasta nemmeno un istante.
Quali sono le cose per cui chiedi perdono in Mamma scusa?
Nel brano mi scuso per molte cose, per il rock and roll dei 20 anni, ma non per la mia omosessualità. È una canzone vera, dentro ci sono io e tanti riferimenti alla mia crescita. Parlo di un bacio a Freddie Mercury e alla Madonna, perché sono cresciuta a pane e Queen ma pane inteso anche come ostia in Chiesa, che ho frequentato tutte le domeniche fino ai 17-18 anni.
Ora il rapporto con la spiritualità com’è?
Non c’è più. Non prego e non ci penso, vivo il presente cercando di rispettare il prossimo, insegnamento che qualsiasi religione dà e che credo sia infinitamente giusto, però non mi domando più che cosa ci sia dopo.
Canti: “Sono uomo, sono donna”.
Volevo mettere nero su bianco la lotta interiore rispetto all’accettazione del mio lato femminile, forse quello più facile da accogliere, e di una fortissima energia maschile che mi ha accompagnata dall’infanzia e mi ha sempre fatta sentire poco conforme ai canoni di femminilità che mi venivano proposti. Non mi sentivo come le altre ragazzine, capivo che c’era qualcosa di diverso, una durezza nel modo di esprimermi e di muovermi che non corrispondeva a quello che la società si aspetta da una donna. Questo mi terrorizzava, sentivo di essere un pesce fuor d’acqua.
Molte persone, ai di là del proprio orientamento sessuale, faticano ad accettare di avere dentro di sé una parte maschile e femminile, secondo te perché?
Il concetto di androginia non è ancora qualcosa di accettato da tutti. Basti pensare alle forme patriarcali che ci sono e a quanto un uomo tendenzialmente faccia fatica ad accettare la propria femminilità, che viene sempre associata alla sensibilità, alla fragilità, comunque a qualcosa di negativo. Dall’altra parte invece noi donne veniamo indirizzate verso canoni di bellezza irraggiungibili, e figuriamoci quando una non ha piacere di uniformarsi al modo di vestire, di atteggiarsi, e a quello che la società in generale si aspetta da noi.
Non sarà per questa lotta interiore che hai deciso di chiamarti Guernika?
In realtà mi ha battezzata così la mia manager, Francesca Losappio, perché mi ha detto una cosa nella quale mi sono ritrovata: “Sembri una sull’orlo di fare la guerra a tutti. Ti devi chiamare Guernika”. Tempo prima avevo studiato con una vocal coach che un giorno mi chiese segno zodiacale e ascendente. Risposi: “Ariete ascendente Gemelli” e mi disse una frase che mi colpì molto: “Ora ho capito molte cose di te, sei in guerra col corpo ma anche con la mente”. Trovo che sia riuscita a descrivermi in un istante nonostante sapesse poco di me.
È vero che YouTube per un periodo ha censurato il tuo videoclip?
Censurato no, però tendeva a bloccarlo perché l’algoritmo riconosce come esplicito il bacio tra due donne. So anche che non c’è una persona fisica dietro queste cose, semplicemente un algoritmo decodifica delle immagini e tende a censurarle ma sai cosa ti dico? Quel che dispiace è che poi sul web vediamo immagini di guerra, morti, animali macellati, c’è tanta violenza. Non credo che il mio videoclip fosse particolarmente volgare, per un bacetto tra due ragazze…
Parlando del brano hai detto: “Le corse disperate verso amori sbagliati pur di sentirsi vivi”: in amore sei tutta istinto e zero ragione? Hai fatto pure tu un po’ di cazzate?
Prendiamoci uno spritz e ti racconto tutto (ride, ndr). Non so dirti se io sia più istinto o ragione, perché sono sola da un po’ proprio per non rifare cazzate. Ho sempre avuto la brutta tendenza di associare la passionalità alla sofferenza: sicuramente è indice di qualcosa di mio di irrisolto, quindi quello di cui parlo nel pezzo è l’adrenalina che sentiamo in corpo nel momento in cui ci buttiamo a capofitto in una situazione che sappiamo già a priori essere totalmente sbagliata per noi. In passato non sono riuscita a sottrarmici, spero in futuro di saper fare di meglio e poter raccontare storie d’amore più felici di quelle che ci saranno nel disco.
Che cosa puoi anticipare a tal proposito?
“Mamma scusa” è l’apripista del mio EP che uscirà nei prossimi mesi. Lo stile rimarrà molto contaminato. Quello che mi piace del pop è che dà la libertà di poterlo contaminare con mondi anche apparentemente lontani. “Mamma scusa” è un pezzo synthwave con rimandi anni ’80 che sono fondamentali tra i miei ascolti. Ci sarà questo filone ma forse in alcuni pezzi si sentirà più rock, in altri qualcosa di più acustico. L’EP lascerà intravedere molti aspetti di me.
Come ti sei avvicinata alla musica e quando hai capito di voler fare di questa passione un mestiere?
Da bambina. Mio padre ha sempre suonato il pianoforte molto bene e ho questo ricordo di lui in casa con tanti amici intorno a guardarlo e cantare con lui. I suoi occhi brillavano di felicità in quei momenti e ho pensato: “Devo provare la stessa emozione perché quello è l’uomo più felice del mondo”. Da lì a poco ho chiesto ai miei genitori di poter studiare pianoforte e non ho mai più smesso.
Chi sono i tuoi punti di riferimento musicalmente parlando?
Uno su tutti per me è il re del pop e del cantautorato italiano, Cesare Cremonini. Ho divorato i suoi dischi sin dai tempi dei Lùnapop. Tra i suoi lavori da solista quello che mi è rimasto più nel cuore è “Il primo bacio sulla luna”, credo sia un capolavoro eterno. Contiene “Le sei e ventisei” che è la mia canzone preferita, riesce a commuovermi ogni volta a distanza di anni per parole e arrangiamento. C’è tanta semplicità e complessità nei suoi dischi. Per me lui è inarrivabile, è il mio idolo.
Anche per come ha messo quella storia in musica.
Sì, soprattutto se pensi che è scritta da un uomo. La delicatezza con cui parla di una prostituta, la dolcezza, il tatto e il rispetto con cui lo fa. Forse è anche quello a commuovere, sai? E non è da tutti. Ecco, Cremonini credo sia una persona che in musica riesce a far sentire tutta la propria femminilità.
Tornando a te, c’è stato uno spartiacque nel tuo percorso artistico?
Non c’è un prima e un dopo. Ci sono state tante fasi ma sono ben collegate tra loro, sono stata l’una l’evoluzione naturale dell’altra. La musica che faccio è cambiata moltissimo negli anni, però è cambiata senza che io potessi accorgermene.
Importante però sarà stato l’incontro con Supernova.
Certo, quello è avvenuto in maniera casuale e fortunata. Mi piace perché il team mi dà l’opportunità di essere totalmente me stessa musicalmente parlando, ho piena fiducia da parte loro per quanto riguarda la parte creativa, e non è una cosa scontata quando si parla di etichette discografiche.
Loredana Bertè è Presidente Onorario dell’etichetta: hai avuto modo di avere uno scambio con lei?
Sì ho suonato prima di lei al Pride di Milano, un’emozione e una responsabilità incredibile, ero a 3 metri da terra, quel giorno volavo! È un riferimento per intere generazioni di artisti perché ha fatto la storia della musica italiana quindi sono doppiamente grata per questa opportunità.
Ha ascoltato il tuo materiale? Le è piaciuto?
Sì sì lei ascolta tutto, e sono arrivati feedback positivi.
Quale messaggio vuoi che arrivi con la tua musica?
Secondo me l’obiettivo della musica è la condivisione. I messaggi che ricevo in questo momento per “Mamma scusa” mi fanno sentire grata perché sento che la mia storia è quella di tanti e di tante, è come ritrovarsi a tavola tutti insieme ad ascoltare le storie degli altri: ci fa sentire meno soli ed è solo così che si cresce.
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