Un anno fa Marta Sarais – in arte Louis Vacth – ci invitava ad esplorare un nuovo sguardo: l’arte dei drag king è per lei non solo una performance, ma anche un veicolo per conoscere meglio sé stessa, conciliarsi con più lati della propria espressione di genere, e possibilmente superarne gli stereotipi.
Al suo fianco c’è ancora Matt Curò, alter ego di Marta Di Stasi, conosciuta presso il kollettivo drag king di Milano e con cui condivide tutt’oggi il palco. C’è solo un problema: i drag king in Italia non si vedono. Non perché non ce ne siano o non piacciano, ma perché la cultura drag nel nostro paese, in particolare nel panorama mainstream, dà ampia priorità alle queen e relega ai margini qualunque altra sfumatura Ma l’arte drag è più stratificata di così.
“In questo anno e mezzo di carriera abbiamo fatto fatica a trovare spazi per esibirci. E anche quando venivamo invitate gli unici drag king eravamo noi due spiega Marta. “Pensavamo che il problema fosse del singolo, ma in realtà c’è molto altro” continua Di Stasi “Mancano gli spazi e se ce ne sono spesso gli organizzatori delle serate non ti rispondono, oppure propongono di lavorare insieme e poi non si fanno più sentire. Non è un problema del singolo, ma proprio culturale”.
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Per questo oggi Marta & Marta portano avanti il progetto BOOK DRAG KINGS mappatura nazionale ispirata all’hastag fatto partire dal drag king americano Landon Cider, che chiama all’appello tutti i drag king and things presenti nel nostro paese. Un’iniziativa che sta attirando più attenzione del previsto, con oltre 200 ricondivisioni anche da nomi rinomati sul territorio internazionale, dalla Franca agli Stati Uniti. Un successo inaspettato per entrambe, ma che manda un messaggio forte e chiaro:i drag king ci sono e il pubblico vuole vederli.
La domanda è dove e come?
“Quando ci chiedono: dove ti possiamo rivedere? Noi rispondiamo: boh, forse tra due anni, un mese, o quando. Seguici e magari lo saprai, perché noi ancora non lo sappiamo” risponde Di Stasi, notando che negli altri paesi lo scenario è completamente diverso: “Due mesi fa abbiamo fatto un’intervista con una ragazza parigina che sta scrivendo un libro proprio sull’arte drag king. Ci diceva che a Parigi ci sono almeno 3 spettacoli a settimana, e sono specifici per i king. Stesso vale anche per Londra, Amsterdam, e Berlino. Quando le abbiamo detto che in Italia non sapresti individuare una serata simile, è rimasta sconvolta”.
Matt Curò e Louis Vacth hanno due storie completamente diverse: il primo nasce molti anni fa quando Di Stasi stava esplorando la propria identità di genere e cercava tutorial su come disegnarsi la barba. Al tempo trovò soltanto video di cosplayer o personaggi maschili del 1800, ma nel giro di tre anni Matt è diventato il porno baffo più invidiato di Milano Sud, definito ‘un po’ goffo, un po’ piacione, ma che fa ridere tuttə’. Preferisce considerarlo un alter-ego piuttosto che un personaggio: “Mi ha aiutato tanto nell’esplorazione e la conoscenza di me” racconta Di Stasi a gay.it “Vengo da un contesto dove ti fanno credere che se ti piacciono le donne sei un uomo. Con quella scuola di pensiero alle spalle, avevo necessità di trovare uno sfogo: facendo uscire Matt ho riconosciuto anche Marta nella sua femminilità pur essendo diversa dal modello canonico che ci presenta la società. È una parte di me costantemente ogni giorno”.
Louis si distingue per il baffo blu arricciato alla francese e incarna lo stereotipo del maschio sardo “basso e testardo”. Utilizza il suo non binarismo per giocare e ribaltare gli aspetti più sgradevoli della mascolinità, e come dice Marta, non smette mai di cambiare. Ribadisce: “Louis ha dato tanto a Marta, e Marta ha dato tanto a Louis“.
Mi spiegano che il problema della scarsa visibilità è che le persone non solo non conoscono i drag king, ma non contemplano neanche la possibilità di ‘diventarlo’ proprio per i pochi esempi lì fuori: “È un arte poco mainstream, ma fuori dal palco c’è sempre qualcuno interessato: un po’ perché non capisce, un po’ perché curioso, un po’ perché vuole iniziare “spiega Di Stasi “Tempo fa una persona ci ha chiesto info dopo un’esibizione a Milano, e ora è un performer drag king che si è esibito recentemente al Castello Sforzesco insieme a Marta”.
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Marta & Marta dichiarano che Italia gli spazi che le hanno fatte sentire più a loro agio sono stati il Cassero LGBTQIA+ ,le serate di DRAMA Milano, dove c’è anche il loro zio acquisito Nat (con cui tengono un tutorial di make-up per drag king sul loro profilo) e Don’t Tell Mama, unico locale milanese dove hanno potuto organizzare una serata solo a tema king. Ma l’inclusività non basta: la sensazione è sempre quella di essere delle ‘quote rosa’ dell’arte drag che non riescono mai ad essere protagoniste come la controparte ‘queen’. Per questo Book Drag Kings è così importante: è un reminder che le sfumature dell’arte drag sono tante e trasversali, ma soprattutto oltrepassano ogni binarismo: “L’arte drag serve anche a questo: a smantellare gli stereotipi di genere e proporre più strade da percorrere. Convincersi che ci siano solo due opzioni è sbagliato, e penso che nessuna drag queen sia d’accordo su questo”. Questo vale anche per le persone afab (Assigned Female At Birth, femmina assegnata alla nascita) spiega Sarais, citando il drag king The Rusty Bat. “Se una persona afab sale sul palco e ti regge il palco, non puoi dire di no. E se dici di no allora mi dimostri che non hai gusto. O che ti interessa di cose che non ti dovrebbero interessare, perché se sono in drag della mia identità non ti dovrebbe interessare.”
Trovare dei punti di riferimento per giovani drag king in Italia non è facile ma se siete interessatə Marta Sarais e Di Stasi invitano a non farsi scoraggiare dal’ansia di prestazione, e contattarle per aiuti o consigli: che sia cominciare da un cliché e destrutturarlo o sperimentare con il make up, o ispirarsi ad un personaggio esistente, sottolineano che con l’arte drag puoi fare tutto quello che vuoi. “Non ci sono regole: ogni cosa che ti passa per la testa è possibile, anche disegnarti un terzo occhio è lecito” conclude Sarais “L’importante è sperimentare, e avere il coraggio di salire sul palco dicendo: ho qualcosa da raccontare e ve la racconto come voglio”.
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