Esplorando un nuovo sguardo: cosa significa essere drag king?

Abbiamo intervistato Marta, in arte Louis, per parlare di drag king, espressione di genere, e la possibilità di riscoprirsi attraverso la performance.

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Louis Vatch
Louis Vatch
2 min. di lettura

Marta ha conosciuto l’arte drag quando ancora dava al liceo.

Cresciuta in un paese della Sardegna, da ragazzina frequentava gli unici due locali queer del paese e ogni sera assisteva agli spettacoli delle drag queen, sognando un giorno di poter farne parte anche lei.

Eppure Marta non si è mai sentita drag queen: “Ho sempre avuto qualche problema con la mia parte femminile” racconta a Gay.it, spiegando che comprendere la propria sessualità (oggi è apertamente lesbica) è andato di pari passo con la rimessa in discussione di alcuni stereotipi che non la rappresentavano più. “Ci ho messo un po’ a capire cosa volesse dire essere una donna che ama altre donne. Con gli anni ho capito come essere donna modo mio, pur senza rispettare quelle caratteristiche canoniche”.

Un giorno guardando il film Anne+ su Netfix vede per la prima volta un personaggio drag king e si accorge che esiste un’altra possibilità.

Louis Vacth e Matt Curò
Louis Vacth e Matt Curò

Frequentando il Kollettivo drag king di Milano, conosce un’altra Marta che come lei sta esplorando l’arte drag e al contempo, rimettendo in discussione la propria espressione di genere. Oggi sono rispettivamente Louis  Vacth & Matt Curò, due personaggi che prendendosi gioco degli esempi maschili più arcaici in circolazione, intrattengono il pubblico e trovano spazio per più lati di sé.

Se il rude e solitario Matt è considerato “il baffo siciliano più porno del Ticinese“, Louis è giovane androgino e francese, un piacione che ci prova con uomini e donne, ama sempre stare al centro dell’attenzione, ballare in pubblico, e farsi guardare da chiunque: “È tutto il contrario di me” spiega Marta, parlando del suo personaggio “Ma c’è comunque del mio in lui, è un’altra persona ma che mi porto sempre dentro”.

Attraverso Louis, Marta non ha solo fregato la timidezza, ma anche riconciliato una pace col proprio corpo che non credeva possibile quindici anni fa: “Mi piace essere una donna senza seno, ed è qualcosa di cui ho sofferto tantissimo da ragazzina”  spiega  “Oggi invece mi piaccio più così. Anche questo significa voler essere donna ma a modo mio”.

 

 

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Ma perché nel panorama mainstream di drag king non se ne parla ancora abbastanza? Un uomo travestito da donna attira più l’attenzione di una donna travestita da uomo? Per Marta è una questione culturale: “Ci sono stati momenti in cui durante alcuni spettacoli mi urlavano “brava”, nonostante in quel momento interpretassi un uomo. Nessuno si permette di dire ad una drag queen ‘bravo’. ” ci racconta Marta, dichiarando che al sua soddisfazione più grande sarebbe proprio smantellare questi retaggi negli occhi di guarda: “Vorrei lasciare qualcosa e divertire il pubblico, perché se ridono significa che il nostro lavoro è arrivato. Ma su un lato più interiore vorrei essere preso sul serio, avere un valore anche come uomo.”

Il cambio di focus non è solo sul palco, ma anche nello sguardo del pubblico. Con i loro spettacoli Marta e Marta ridono dei cliché più retrogradi della mascolinità e al contempo, invitano il pubblico ad una nuova prospettiva a cui non siamo così abituati: il risultato è esilarante e inaspettatamente empowering.

 

 

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johnwhite 22.5.23 - 6:08

Un uomo che imita una donna è di per se uno show involontario. La differenza culturale che non viene spiegata nell'articolo sta nello show di bodybuilding femminile, dove le signore vengono additate come maschi.

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