Qualche giorno fa è comparsa su Change.org una petizione da parte di fans di Lady Gaga particolarmente divertente:
“Madonna e Mariah Carey, che sono etero, hanno sfruttato la comunità gay per anni: specialmente Madonna non ha fatto nulla di concreto, a differenza di Lady Gaga che con con la sua Born This Way Foundation ha aiutato milioni di giovani omosessuali cacciati dalle famiglie. Invitiamo Madonna e Mariah a donare il 10% del loro denaro alla fondazione di Gaga“.
Probabilmente chi è nato negli Anni 90 ed è oggi un fan di Gaga non sa che cosa è stata Madonna per la comunità LGBTQI negli anni Ottanta, Novanta e Duemila.
Abbiamo pensato di rinfrescare la memoria a quelli di noi che quegli anni li hanno vissuti e raccontarla a chi non c’era.
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Erano gli anni 80 e la comunità LGBTQI aveva un solo problema: sopravvivere.
Non scherzo. Era il periodo in cui si moriva di AIDS (proprio ieri l’anniversario della scoperta nel 1981) a venti, trenta, quarant’anni, in mezzo non solo a calvari di dolore ma soprattutto alla vergogna e alla riprovazione sociale. Non c’era nessun tipo di solidarietà. Le stesse istituzioni politiche facevano fatica a stanziare fondi per l’assistenza ai malati di AIDS, in quanto significava aiutare una minoranza disgustosa per la società. “Sei frocio? Puoi anche morire” era la linea di pensiero dell’amministrazione Reagan a Washington, della Thatcher a Londra. Per capire cosa era quel periodo guardare Philadelphia, il cult con Tom Hanks che descrive benissimo quella realtà.
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Entrò nella scena una giovane cantante, Madonna. Nel giro di pochi anni passò dall’anonimato alla fama internazionale. Tutto quello che lei faceva o diceva o mostrava veniva raccontato a miliardi di persone attraverso i media. E lei cosa fece? cominciò a sbattere in faccia alla gente comune l’esistenza dell’omosessualità e il fatto che la società mainstream era così intrisa di cultura gay da non rendersene neanche conto. I gay non erano più fantasmi. Erano corpi visibili che ballavano e facevano sesso nei video, che trasudavano sensualità e lasciavano turbati milioni di spettatori, uomini e donne, gay o etero.
E mentre lei assisteva impotente alla morte del suo miglior amico Martin Burgoyne, ne cantava la sofferenza nel brano “In This Life”, dall’album Erotica.
E così cominciarono decine, centinaia di interviste e di concerti dove Madonna mostrava alle persone le mille facce del loro razzismo e del loro odio verso gay e lesbiche. Ci ha costruito una carriera? Sì, certamente. Ma la visibilità che oggi sembra scontata a milioni di ragazzi gay e lesbiche, anche attraverso le piattaforme di condivisione social, non lo era certo in quegli anni.
La cantante raccontava in un’intervista di dieci anni fa: “Io ero una ragazza del Michigan, capisci? Vivevo in un mondo che era completamente indifferente al razzismo e all’omofobia. Il mio insegnante di ballo, Christopher Flynn, fu l’unica persona con cui ebbi un legame negli anni della mia adolescenza. E solo dopo molti anni scoprii che era gay, quando morì di AIDS. E fu lui ad incoraggiarmi ad andare a New York proprio negli anni in cui iniziò l’epidemia e nessuno sapeva cos’era. E così improvvisamente tutti questi splendidi ragazzi che facevano parte della mia vita, ragazzi che amavo, cominciavano a morire senza un perché. E allo stesso tempo osservavo il mondo guardare con terrore e odio alla comunità gay”.
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E così cominciarono i concerti per le raccolte fondi a favore della lotta all’AIDS, come quello storico del 1987 al Madison Square Garden per amfAR, l’associazione americana che all’epoca si occupava della ricerca di una cura. E furono in molti a seguire il suo esempio in quegli anni: Elton John assieme a Dionne Warwick, Stevie Wonder e Gladys Knight scrisse la bellissima “That’s What Friends Are For”.
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Poi arrivarono gli Anni 90, con il video di “Justify My Love” girato da Jean-Baptiste Mondino che divenne uno dei suoi più famosi di sempre. Un clip che sembrava urlare: “Come è possibile che siate perfettamente a vostro agio nel far vedere ai vostri bambini corpi straziati, armi che sparano, la sofferenza della morte violenta e siate così terrorizzati dalla sessualità e dal desiderio?”. Ma fu col documentario “Truth Or Dare” che venne descritta direttamente la comunità gay devastata dall’AIDS (recentemente i protagonisti del doc sono tornati sulla scena per raccontare la loro vita oggi). Per chi era un adolescente LGBTQI in quegli anni fu una rivelazione. Il film era un reportage non solo della vita di Madonna ma dei suoi ballerini, che rappresentavano tutto quello che i gay di quel periodo volevano essere: belli, simpatici, sicuri di loro stessi e maledettamente sexy. Ma era anche la descrizione dei Gay Pride di New York nati per rivendicare il diritto ad esistere. Era il racconto gioioso della vita delle transgender e delle drag queen, sempre con l’ombra dannata delle migliaia di morti per l’AIDS: come quella di Keith Haring, il cui nome era ancora sconosciuto al pubblico mainstream. O come quella di Gabriel Tupin, uno dei ballerini che morì poco dopo la fine delle riprese a 26 anni.
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Ma fu con “Sex” del 92 che Madonna raggiunse il suo obiettivo. Un libro che le permise di dire alla tv svedese che i gay avevano ogni capacità genitoriale e quindi ogni diritto di adottare. Un libro che sdoganò il sesso lesbico non come giochetto a uso e consumo dei maschi etero ma come legittima espressione di milioni di donne. Un percorso che idealmente arriva al 2003, dove la ritroviamo a baciare Britney Spears sul palco degli MTV Video Music Awards. Nello stesso periodo, Madonna continua a portare avanti il messaggio contro la stigmatizzazione delle persone con HIV/AIDS.
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La propaganda a favore delle diversità varca i confini dell’omosessualità e dell’America, andando a toccare argomenti scomodi non solo in Occidente, ma anche e soprattutto nei paesi dell’Est, dove l’omofobia e l’intolleranza non mancano. Eccola nel 2008 in Romania a parlare di accettazione delle persone rom, sommersa dai fischi della gente:
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Infine in Russia, dove viene cacciata da Putin in persona per aver portato il suo messaggio anti-omofobico in un Paese che reprime duramente l’omosessualità.
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Il suo è, da sempre, un impegno concreto nei confronti dell’accettazione della diversità, con un margine di rischio che coinvolge a volte anche la propria incolumità.
Che i Little Monsters quindi non dicano che a Madonna non importa della nostra comunità.
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