Sabato a Roma la Marcia dei diritti: l’intervista agli organizzatori

Partenza alle ore 14 da Piazza del Colosseo. Ecco le ragioni della manifestazione.

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Sabato a Roma, con partenza alle ore 14 da Piazza del Colosseo, la “Marcia dei diritti“, una iniziativa organizzata da alcune associazioni romane e nazionali che via via ha raccolto adesioni significative ed importanti. Gay.it ha intervistato alcuni dei promotori: Andrea Maccarrone, Rosario Coco, Gaetano di Sabato e Tiziana Luise.

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Sabato si svolgerà la vostra marcia. Chi sono i soggetti organizzatori al momento?

E’ una marcia che non sentiamo solo “nostra”, ma di tutta la cittadinanza libera e laica. L’idea è nata dall’iniziativa di associazioni, attiviste e attivisti del coordinamento Roma Pride, e da altre realtà che si sono aggregate (Anddos-Gaynet Roma, Associazione Lista Lesbica Italiana, Gaycs, I Mondi Diversi No Profit, Roma Rainbow Choir, Scosse, UAAR Roma), che dallo scorso 3 settembre hanno iniziato a riunirsi ritenendo fosse giunto il momento di riprendere l’iniziativa politica e di ritornare protagonisti nella battaglia per un Paese laico e democratico che riconosca la piena eguaglianza dei diritti delle persone lgbti e delle nostre famiglie. Siamo molto soddisfatte che questa esigenza sia stata condivisa poi da decine di associazioni, gruppi, singole e singole che da diverse parti d’Italia hanno deciso di dare la loro adesione e che sabato verranno a Roma a manifestare questo grande senso di unità, capace di restituirci forza, così come dalle analoghe iniziative che si svolgeranno sabato a Vicenza e a Civitanova Marche che si sono gemellate con la marcia. Attorno alla manifestazione si è creata un’inedita rete di collaborazione che include anche i movimenti studenteschi, associazioni laiche e contro il razzismo che puntiamo a rafforzare e ad ampliare. La lista completa delle associazioni, delle promotrici e dei promotori e di tutte le adesioni potete leggerla sul nostro sito web.

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Con che particolari modalità si svolgerà? Ci potete anticipare qualcosa?

Saranno modalità dal forte impatto visivo ed emotivo che hanno l’obiettivo di rendere palpabile e immediatamente visibile il nostro messaggio, la nostra rabbia, la nostra determinazione. La marcia sarà scandita da sei tappe tematiche nelle quali, attraverso letture, interventi qualificati, performance e cori, saranno approfonditi i nuclei centrali delle nostre rivendicazioni, uno per ogni colore della nostra bandiera arcobaleno: laicità, matrimonio e convivenze, omo-lesbofobia e violenza di genere, transfobia, istruzione, salute. Fondamentale è stato anche il percorso di avvicinamento alla piazza del 12 che ha visto una prima assemblea pubblica, tenutasi il 26 novembre presso Esc Atelier nel quartiere romano di San Lorenzo, e una seconda assemblea che si terrà oggi alle 18:00 al circolo Angelo Mai di Roma.

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Quali obiettivi vi proponete?

La Marcia dei diritti nasce dalla determinazione a riprenderci la voce nel dibattitto pubblico sui nostri diritti che finora sembra averci cancellato. Se leggiamo i giornali o guardiamo le tv ci sembra di assistere a un grande gioco sulla nostra pelle che si gioca al di sopra delle nostre teste, ignorando la nostra realtà le nostre vite, le nostre famiglie, le nostre richieste. Un gioco di posizionamenti politici e ideologici in cui possiamo sentire il contrapporsi dei partiti e dei politici (per lo più omofobi) dei preti e dei movimenti catto-integralisti, omofobi, e di personaggi dello spettacolo magari sensibili e impegnati nostre tematiche, ma di certo non espressione della nostra realtà. Per rendere chiare le nostre richieste specifiche abbiamo lanciato un manifesto/appello “Diritti in Ostaggio –Mettiamoci in Marcia per Liberarli”.

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Che valutazione date dell’operato del Governo Renzi sui diritti civili ed, in particolare, che opinione avete del ddl Cirinnà?

Se guardiamo all’operato e ai fatti concreti messi in campo dal Governo Renzi siamo molto critici. Il Governo, infatti, non solo non ha portato a casa nessun risultato, ma ha fatto segnare notevoli passi indietro persino rispetto ai suoi predecessori. Nessun Ministro per le Pari Opportunità, cancellazione della Strategia LGBT voluta dal Governo Monti, con una pesante battuta d’arresto soprattutto rispetto agli interventi contro il bullismo nelle scuole. Per non parlare della circolare del Ministro degli Interni Angelino Alfano che ha cancellato le trascrizioni de matrimoni omosessuali celebrati all’estero, e, da ultimo, la cancellazione di fatto dell’esperienza dell’UNAR (Ufficio contro le discriminazioni razziali presso la Presidenza del Consiglio) sul terreno del contrasto della discriminazione omofobica e transfobica. Neppure il Governo Berlusconi era arrivato a tanto!

A questi fatti fanno da contrappeso (per ora solo mediatico) le promesse e gli annunci del Premier Renzi sulle Unioni Civili sul modello tedesco (in poche parole unioni solo per le coppie omosessuali e con diritti simili ma non equiparati al matrimonio), che sono vittime di continui rinvii e di un dibattito politico troppo spesso dai toni incivili e offensivi. Il Ddl sulle Unioni Civili è il frutto di un punto di mediazione tutto politico e non è ciò che chiediamo noi, e la maggioranza delle associazioni lgbt italiane, che è la piena uguaglianza con il matrimonio per tutte e tutti. Mentre, infatti, il ddl prova ad affrontare il nodo del riconoscimento delle coppie formate da persone dello stesso sesso, rappresenta un’impostazione già vecchia (in Germania è stata approvata oltre 15 anni fa) e crea un istituto separato e con meno diritti rispetto al matrimonio. Il primo effetto negativo di questa scelta la subiamo già adesso, prima dell’approvazione, con un dibattito allucinante che prova a sottrarre ulteriormente diritti a mettere paletti, creare contrapposizioni e divisioni all’interno della stessa comunità lgbti (rischio a cui non dobbiamo cedere) per esempio tra le coppie con o senza figli, tra quelle gay e quelle lesbiche e così via.

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La stepchild adoption, sui cui sta convergendo la propaganda cattointegralista, è secondo voi irrinunciabile? E perché?

Sì, è irrinunciabile ed è anche il minimo. Stepchild adoption significa “adozione del figlio o della figlia del partener”. Si tratta di migliaia di bambine e bambini reali che già vivono all’interno di famiglie con due mamme e due papà e che non vedono tutelate e riconosciute le loro famiglie e i loro diritti. Sarebbe davvero paradossale che proprio loro, i più deboli, siano lasciati indietro, vittime di una propaganda ideologica che pretende di tutelare proprio i bambini. Io sono abituato a pensare che contro le campagne strumentali di odio e disinformazione si reagisce con forza, senza cedimenti e che questo dovrebbe essere compito di un movimento e di una comunità che non vuole lasciare indietro nessuno. Si tratterebbe per altro di un arretramento concreto, perché oggi i tribunali dei minori cominciano già a riconoscere l’adozione dei figli dei partner dello stesso sesso e mi sembra incredibile che l’approvazione di una legge che dovrebbe dare diritti abbia l’effetto collaterale di privare e limitare diritti che ci si sta conquistando sul campo al costo di dure e complesse battaglie giudiziarie.

Nel merito, il confronto sulla GPA, legata alla stepchild è del tutto privo di fondamento, è anche molto pericoloso, venato com’è dalla presunzione di superiorità etica di chi pretende di decidere per altri, e per altre, cancellando decenni di dibattitto sull’autodeterminazione e sulla laicità. I tempi e i toni poi sono chiaramente omofobi: perché, infatti, questo confronto su una pratica esistente da decenni e per lo più utilizzata (nell’ombra) dalle coppie eterosessuali si scatena proprio oggi che si discute di unioni omosessuali? Perché nessuno mette in discussione l’adozione del figlio del partener per le coppie etero mentre si pone il problema per le coppie omosessuali? Ci spiace davvero che voci ascoltate nel movimento lgbti siano caduti in questa trappola.

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Perché a Roma? C’è secondo voi una particolare necessità di rimarcare il tema della laicità nella Capitale?

A Roma c’è il Parlamento e noi chiediamo leggi e politiche. La piazza della Capitale diventa quindi fondamentale per dare forza alle nostre battaglie e per creare un’interlocuzione forte e non subalterna con la politica. Siamo anche in una città il cui Sindaco eletto dal popolo è stato di fatto dimesso da una incredibile dichiarazione del papa, sacrificato sull’altare “dell’emergenza” per l’imminente Giubileo (e forse per poter meglio gestire i relativi secolarissimi fondi). Soprattutto crediamo che riaffermare il principio di laicità sia il presupposto per tutte le nostre battaglie e anche per la qualità della democrazia, antidoto a tutti gli integralismi. Laicità significa anche rispetto per chi crede, per quella religiosità distante dal potere o dal fondamentalismo, che non ha bisogno di imporre agli altri uno stile div vita.

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