Circa la metà del popolo russo è ancora oggi al fianco di Vladimir Putin, tanto da giustificare ed appoggiare la sua invasione all’Ucraina. Tutto questo è figlio di due decenni di oligarchia e spudorata propaganda, con gli organi di stampa costretti a mantenere una posizione filo-governativa, pena la chiusura, se non addirittura l’arresto.
Una “realtà parallela” da Mosca che Marco Imarisio ha provato a raccontare dalle pagine del Corriere della Sera. Perché in Russia gli insegnanti sono chiamati a raccontare agli alunni tutt’altra verità, parlando loro di “speciale operazione di pace” in Ucraina, mentre la conduttrice del più importante telegiornale governativo ha asserito, ammiccando alla telecamere: “Come possiamo non vincere, con gli ucraini che schierano battaglioni formati da soldati gay?“. Terminologia utilizzata chiaramente a mò di insulto, in un Paese in cui la “propaganda gay” è vietata per legge, come se un soldato omosessuale fosse meno efficace di un soldato eterosessuale.
Eppure per anni c’è stato chi ha voluto dipingere Vladimir Putin come uno statista, un politico ‘geniale’, vedi i nostri Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, nascondendo la testa sotto la sabbia dinanzi agli omicidi politici, al continuo svilimento della democrazia, alla limitazione dei diritti, alle persecuzioni nei confronti delle persone LGBTQ. La stessa Europa ha a lungo fatto buon viso a cattivo gioco, perché bisognosa del gas russo e dei rubli che negli ultimi decenni sono piovuti sul vecchio Continente.
Poi improvvisamente, dinanzi ai carri armati e ai missili che stanno mettendo a ferro e fuoco un Paese sovrano, con la comunità LGBTQ ucraina in prima linea in difesa della propria Terra, l’Occidente si è finalmente reso conto della pericolosità di un uomo, un dittatore che da due decenni guida a proprio piacimento 150 milioni di abitanti, inondandoli di fake news, censura e odio a buon mercato. Persino dagli schermi del principale tg nazionale. Fingiamo stupore, ma Vladimir Putin è sempre stato questo.
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