Nell’intervista rilasciata a Gay.it venerdì scorso, Lenny Emson, leader e portavoce del Kiev Pride era stata chiara: servono armi e risorse (donazioni al Kiev Pride). “Alzatevi in piedi, fatevi sentire – aveva implorato Lenny via skype al nostro Simone Alliva – chiedete al Parlamento, al Governo, al vostro Presidente della Repubblica di fare qualcosa. Chiedete aiuto politico, prima, ma anche militare.”
Secondo il Daily Beast, i membri della comunità LGBTQ+ ucraina si preparavano da settimane all’invasione russa, tramite esercitazioni e addestramento. Il Beast riporta la storia di Veronika Limina, che vive a Leopoli, nella parte occidentale del paese, e che ha gestito nelle ultime settimane un campo nel quale si insegnavano combattimento di base e istruzioni paramediche di primo intervento a volontari LGBTQ+. La comunità LGBTQ+ ucraina dunque si prepara a fronteggiare l’invasore russo e l’eventualità di una sua permanenza sul territorio.
Del resto, soltanto qualche giorno prima dell’invasione del 24 Febbraio, fonti americane avevano rivelato il piano di Putin e dell’esercito russo: arrestare e uccidere attivisti LGBT ucraini non appena la Russia avesse preso il controllo del paese.
Il 10 Febbraio su Gay.it avevamo fatto il punto della situazione sulle condizioni della popolazione LGBTQ+ in Russia e sulle preoccupanti notizie filtrate negli ultimi mesi, dalla legge che vieta la “propaganda LGBTQ” alla promessa di Putin di combattere strenuamente contro qualsiasi possibilità di istituire il matrimonio egualitario, e ancora l’epurazione anti-gay in Cecenia, l’affermazione dello stesso Putin che ha definito la fluidità di genere “un crimine contro l’umanità”, fino alla messa in stato di illegalità di alcuni gruppi di attivismo LGBTQ+. Notizie che avevamo posto all’attenzione dei nostri lettori italiani, vista la preoccupante escalation delle frizioni Russia-Ucraina, poi sfociate nell’invasione e nella guerra scoccate il 24 Febbraio, ma che erano da tempo ben chiare alla popolazione LGBTQ+ ucraina la quale, secondo il Daily Beast, nelle ultime settimane si è preparata e finanche addestrata a difendersi dall’aggressore russo.
“Sono arrabbiata” ha tuonato in un impeto di orgoglio Veronika Limina al Beast che, prima di organizzare i campi di difesa per le persone LGBTQ+, ha lavorato per una ONG che in Ucraina promuove la parità dei diritti delle persone LGBT nell’esercito, “Uccideremo Putin” ha aggiunto “e la comunità gay dell’Ucraina resisterà all’occupazione russa anche se la discriminazione dovesse perpetuarsi qui a casa nostra e, del resto, l’alternativa è insopportabile”.
Andrii Kravchuk, impiegato del Centro LGBT Nash Svit di Kiev, ha chiarito che la popolazione LGBT ucraina è ben consapevole dell’impatto della Russia omofoba di Putin sulla vita delle persone LGBT in Ucraina. “O difenderemo il nostro paese portandolo nel mondo libero – quando scrivo l’Ucraina ha chiesto immediata adesione all’Unione Europea, che però ha negato questa possibilità nell’immediato ndr – o non ci sarà una vita libera per noi, non in Ucraina”.
Dunque per le persone LGBTQ+ ucraine si tratta non solo di sopravvivere alle bombe. Si tratta di difendere il proprio diritto a essere sé stessi e vivere pienamente la propria individualità dentro il tessuto sociale della democrazia ucraina. Un sistema che Putin vuole scardinare, per conformarlo al regime illiberale russo. Così, anziché far avanzare i diritti civili anche in Russia, è la Russia che tramite un’azione di guerra assoggetta la democrazia ucraina alla dittatura di Putin. Tutto ciò è insopportabile per gli attivisti LGBTQ+ ucraini. E forse dovrebbe esserlo anche per noi?
Secondo il racconto che Kravchuk ha fatto al Daily Beast, molti attivisti LGBT+ ucraini si sono uniti alle forze di resistenza e stanno svolgendo corsi di assistenza e primo intervento paramedico. “Le persone LGBT+ che hanno prestato servizio nell’esercito e i volontari militari LGBT sono pronto a tornare al loro servizio, siamo al fianco di tutti gli altri ucraini al fianco della nazione”.
Così, mentre nelle piazze d’Occidente sventolano bandiere della pace, dall’Ucraina giunge chiaro e forte un messaggio disperato, la richiesta di aiuti militari, la disperazione di chi, come le persone LGBTQ+, sentono di essere sull’orlo del baratro, nel burrone dove tutto torna indietro. “C’è chi vuole scappare e chi si è unito all’esercito per combattere – aveva confidato Lenny Emson a Gay.it venerdì scorso – il nemico non può passare: se tutto precipita, noi saremo le prime vittime”.
L’intervista di Gay.it a Lenny Emson, portavoce del Kiev Pride >
Photo cover: Olena Maksymenko
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