La Sirenetta, la recensione. Il live-action che si credeva impossibile è realtà

Dal 24 maggio al cinema, il classico animato DIsney ha preso vita diventando musical subacqueo, tra sogno e realtà.

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Halle Bailey as Ariel in Disney's live-action THE LITTLE MERMAID. Photo courtesy of Disney. © 2023 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.
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Senza La Sirenetta di Ron Clements e John Musker, uscito al cinema nel 1989, non ci sarebbe probabilmente mai stato alcun Rinascimento Disney, dopo due decenni estremamente difficili per la celebre animazione di casa. Dietro la brillante e geniale mente di Howard Ashman, genio nonché omosessuale dichiarato morto di aids nel 1991, paroliere anche di La Bella e la Bestia e Aladdin, il musical di Broadway sbarcò sul grande schermo sotto forma animata, ridando così linfa vitale ai classici Disney, in questi ultimi 15 anni sempre più riadattati in forma live-action per il grande e piccolo schermo.

Dopo 7 anni d’attesa, e ben due di post-produzione, La Sirenetta di Rob Marshall ha finalmente preso forma, rendendo possibile ciò che sembrava onestamente impossibile, ovvero un musical subacqueo, per buona parte ambientato nel cuore dell’Oceano, tra sirene e tritoni, pesci e granchi parlanti, con le splendide spiagge della Sardegna a dare plasticamente forma al regno degli umani.

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(L-R): Jonah Hauer-King as Prince Eric and Halle Bailey as Ariel in Disney’s live-action THE LITTLE MERMAID. Photo courtesy of Disney. © 2023 Disney Enterprises, Inc. All Rights Reserved.

I poco più di 80 minuti del film originale sono qui diventati 130 (tanti, troppi), perché Lin-Manuel Miranda e Alan Menken, autori della colonna sonora che hanno messo mano anche agli storici testi delle canzoni originali, hanno aggiunto ben 3 brani inediti, mentre lo sceneggiatore David Magee ha dato maggiore risalto a determinate dinamiche tra Ariel ed Eric, tra quest’ultimo e sua madre, tra Tritone e Ursula, che scopriamo fratello e sorella, realtà nel primo cartoon originale mai esplicitata. Ariel, bellissima e ribelle sirena in cerca di avventura, desidera scoprire di più sul mondo al di là del mare, e mentre esplora la superficie si innamora dell’affascinante Eric. Se nel lungometraggio animato la sirenetta arrivava a stringere un patto con la malvagia strega del mare solo e soltanto per raggiungere il suo principe, in questo adattamento Eric è una piacevole aggiunta al desiderio di libertà della giovane, che culla il desiderio di conoscere, di emanciparsi, di apprendere, di non avere confini né limiti.

Halle Bailey, fino ad oggi più o meno sconosciuta, è un’Ariel perfetta, dolce e coraggiosa, riuscita così ad annientare anni di agghiaccianti polemiche per quel colore di pelle che aveva suscitato isterismi razzisti da parte di chi voleva una Sirenetta bianca, come nel cartoon di fine anni ‘80. L’altrettanto sconosciuto Jonah Hauer-King è un principe Eric tanto impavido e gentile quanto espressivamente monocorde, con Noma Dumezweni negli abiti di sua madre, la saggia regina Selina, Art Malik in quelli del consigliere di corte Sir Grimsby e Javier Bardem maestoso Re Tritone preoccupato da questa giovane figlia così inquieta. Sublime, perché impeccabile dinanzi al confronto con l’iconica Ursula animata, Melissa McCarthy, splendida drag in CG magnificamente perfida, cattivissima, accecata dall’invidia e dall’odio nei confronti di suo fratello Tritone che ha avuto l’ardire di bandirla da corte.

Cancellate due canzoni dal lungometraggio animato originale, ovvero “Daughters of Triton”, cantata dalle sorelle di Ariel, e “Les Poissons”, intonata dal cuoco francese di Eric, Chef Louis, totalmente rimosso da questo adattamento, La Sirenetta impressiona sul fronte tecnologico. Il lavoro fatto con la CG è enorme, perché per 3/4 di film onnipresente, dovendo lavorare su tutto. Fondali marini, corpi di sirene, sirenetti e tritoni, barba e capelli che fluttuano sott’acqua. Costato oltre 200 milioni di dollari, il film di Rob Marshall è stata una sfida produttiva e registica, con una scena su tutte ad eccellere nella sua realizzazione.

L’iconico momento di “In fondo al Mar”, quando il granchio Sebastian dà vita ad un musical con l’intera fauna marina. Mahmood, suo doppiatore italiano, stupisce per capacità espressiva, per trasformazione vocale, cantando splendidamente anche “Baciala”, a pieni polmoni e in questo caso senza esagerare con eccessivi cambi di tono, premiando la rischiosa e discussa scelta Disney di affidarsi ad un cantante mai visto in cabina di doppiaggio per un ruolo tanto amato e tanto presente. Mahmood ha anche una parte cantata inedita, quando rappeggia insieme al gabbiano Scuttle con il 3° e ultimo brano scritto appositamente da Menken e Miranda, “The Scuttlebutt”, strampalato e dimenticabile. Le altre due canzoni nuove di zecca coinvolgono Eric, che si concede un assolo sulle note della bella “Wild Unchartered Waters” in cui canta tutto il proprio amore per la misteriosa donna che l’ha salvato dalle acque dell’oceano, e Ariel, che appena diventata umana canta tutto il proprio stupore con “For the First Time”, in un mondo degli umani che sembra uscito da uno spin-off Disney di Bridgerton.

Con la canzone di Ursula il regista si concede gli unici veri momenti ‘horror’ della pellicola, presentandoci un giardino di spaventose creature marine che vivono tra scheletri di sirene, mentre il conflittuale rapporto padre-figlia si dipana rapidamente, tra senso di protezione e voglia di evasione. Tra le righe Marshall dipinge anche i lineamenti di un’utopica società moderna, in grado di abbattere secoli di pregiudizi, cedendo alla convivenza tra umani e creature del mare. Un’inclusività che guarda al razzismo endemico e all’odio nei confronti di chi viene considerato ‘diverso’ da noi, e per questo nemico da abbattere, lasciare ai margini, discriminare.

L’Ariel di Halle Bailey è una ragazza che non ha bisogno della voce e del proprio magico canto per farsi ascoltare, amare e capire, testarda, indipendente e sicura di sé, che incanta dinanzi ad un brano che da 35 anni è parte del firmamento animato Disney. “Part of Your World”, in italiano cantata da Yana_C. A doppiare Ursula, invece, Simona Patitucci, che nel 1989 diede voce proprio alla Sirenetta nel classico d’animazione. 35 anni dopo è diventata la sua arcinemica, ritrovando faticosamente le sfumature all’epoca rese celebri da Sonia Scotti, oggi 77enne.

Nel complesso, Rob Marshall ha dato forma al live-action Disney molto probabilmente più ambizioso e complicato tra tutti quelli fino ad oggi realizzati, rimanendo fedele all’iconico materiale originale, qui semplicemente aggiornato, ampliato e arricchito, un po’ come e quanto accaduto nel 2017 con La Bella e la Bestia di Bill Condon. Per i fan della memorabile Ariel animata, un sogno d’infanzia diventato realtà.

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