Questa domenica Drusilla Foer è stata ospite a Verissimo.
Durante l’intervista con Toffanin, Drusilla parla dell’esperienza a Sanremo, di quando incontrò Totò, di sua nonna che le ha insegnato a non provare vergogna. Ha parlato anche di Harvé Foer, marito defunto per cui manifesta ancora un grande affetto: “Se mi corteggiano con insistenza, con garbo, può darsi che mi scappa un occhiolino” dichiara parlando della sua vita sentimentale, per poi concludere: “Ma qualunque grande amore merita rispetto. Io sarò per sempre Madame Foer“.
Toffanin ha l’occhio lucido, e difatti la scena è commovente.
È un’intervista garbata, gentile, e soprattutto surreale.
Drusilla Foer crea uno scenario possibile e al contempo espressamente fittizio: per qualche minuto un programma (paradossalmente) di nome “Verissimo” sceglie di smuoverci le corde con un racconto di finzione, di portare un po’ di meta-teatro in studio e mettere su una dichiarata messa in scena alle quattro del pomeriggio, che come tutti i migliori spettacoli e le grandi prove attoriali, arriva dritta al cuore dello spettatore.
Messa in scena dichiarata, ma forse non abbastanza.
Perché nelle quarantotto ore successive ogni testata giornalistica ha riportato lo spettacolo come una vera e propria notizia: il matrimonio con Harvé Foer, la nobildonna che ricorda il marito defunto, un amore così potente che il tempo non può scalfire.
Chiariamo subito che il problema non è di Drusilla Foer.
Fuoriclasse di una bravura mostruosa, Foer (o Gianluca Gori, come preferite voi) sta semplicemente facendo il suo lavoro: ci sta portando il suo personaggio, dal palco del teatro con il suo tour Eleganzissima a quello dell’Ariston, fino agli studi di una trasmissione televisiva (si parla di un possibile programma su Rai 1).
Come le migliori performance, è scritta da Dio e interpretata magistralmente, ma resta un personaggio scritto.
Non è nemmeno davvero colpa di Toffanin, che consapevolmente o meno, ha scelto di sospendere la realtà per venticinque minuti di programma e renderlo una sorta di teatro interattivo, dove non sappiamo più cos’è vero e cosa non lo è, ma attori e pubblico scelgono volutamente di lasciarsi andare al potere della finzione e ricavarci fuori delle emozione sincere.
Ci emoziona, ma come dice molto bene Diego Passoni su Instagram: “È come se andasse Julia Roberts facendosi chiamare Anna Scott e raccontasse di quella volta in cui si è innamorata del libraio a Notting Hill”.
Ed è anche divertente stare al gioco: io per primo ho scritto un articolo sulle 10 cose da sapere su Drusilla Foer, giocando con la sua vita come fosse reale. Insieme a Drusilla scegliamo di salire – metaforicamente e non – sopra il palco e raccontare uno (splendido) personaggio di fantasia. Ma quand’è che si supera la linea sottile e si chiude il sipario?
Nulla togliere al potere della finzione, ma il problema è distaccarsi dalla performance e riportarla come un racconto di vita vera.
Su un giornale più che mai, è bene non superare troppo questa linea sottile, e per onestà intellettuale e ancor più verso chi legge, celebrarla per quello che è: una bellissima maschera.
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