Una voce fuori dal coro. Dopo gli insulti transfobici di Matteo Salvini, Daniela Santanché, Eugenia Roccella, Ignazio La Russa e le parole di Giorgia Meloni, Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e vicepresidente della Camera, ha espresso pubblicamente il proprio sostegno nei confronti di Imane Khelif, atleta algerina da una settimana al centro di una gigantesca fake news che ha coinvolto stampa, social e politica.
Indegnamente accusata di essere “un uomo trans”, Imane Khelif si giocherà domani il pass per la finale olimpica, con una medaglia comunque già in cassaforte. Difesa dal CIO, dalle associazioni intersex e dalla Società Italiana di Endocrinologia, Khelif ha chiesto rispetto e uno stop al bullismo che l’ha travolta, tanto da farla scoppiare in lacrime dopo la vittoria sull’atleta ungherese che poche ore prima della sfida l’aveva definita un “mostro”.
“Imane Khelif non è Frankenstein, si deve rispetto a una donna e a un’atleta. Piuttosto quanto successo alle Olimpiadi deve farci riflettere e intervenire nel mondo dello sport che è rimasto indietro”, ha sottolineato Giorgio Mulè a LaRepubblica, aggiungendo. “Non si può politicizzare o buttare in politica una questione così delicata. C’è un problema di fondo, si deve rispetto alle persone. L’atleta algerina non è Frankenstein, non è uno scherzo della natura, casomai è la natura che ha scherzato con lei. La corsa a schierarsi è sbagliata. Giorgia Meloni non ha detto nulla di scorretto. In questa circostanza è venuta fuori l’ignoranza, si è confuso il transgender con l’intersessualità e nessuno di noi ha dimestichezza con l’intersessualità. Khelif non è ricorsa a sotterfugi, non si è presa gioco delle regole, è vittima della natura e non è colpa sua se ha tassi di testosterone più alti”.
Meloni definì “impari” la sfida tra Khelif e la nostra atleta Angela Carini, ritiratasi dopo neanche 50 secondi di match, come se Imane fosse insuperabile. Peccato che l’algerina sia stata sconfitta da nove donne, in passato, con un match su 4 da lei perso. Ma Mulè difende la premier. “Se qualcuno vuole attribuire a Meloni un gesto patriarcale, sbaglia. La sua è stata una reazione di cuore, che sarebbe stata sporcata se ci fosse stato un giudizio sull’algerina. Ma la premier non ha dato un giudizio etico e morale”. Diverso, invece, il ragionamento nei confronti dell’europarlamentare leghista Roberto Vannacci, che ha parlato di “un mondo sottosopra da raddrizzare”.
“Vannacci ha detto che la pugile algerina ha più cromosomi di un uomo. E quindi? Va lapidata? Khelif non ha barato, è una che sta nelle regole e ha un cromosoma che non è dipeso dal voler falsare le regole del gioco. La corsa a schierarsi con l’italiana ha mille ragioni sportive e forse questa storia può convincere tutti a ragionare sul mondo dello sport, che è in ritardo. Bisogna governare gli eventi e i cambiamenti”.
E qui Mulè ha fatto la sua proposta. “Piuttosto che intervenire con provvedimenti tampone, bisognerebbe riflettere attorno all’acronimo Lgbtqia+, di cui molti non conoscono il significato. Bisogna fare ordine per il riconoscimento dei diritti, di ogni genere. Non parliamo di maternità surrogata, parliamo appunto di diritti. Possiamo ragionare su una commissione o su un gruppo di esperti nominato dal Parlamento, qualsiasi cosa purché non siano leggi divisive. Propongo una sorta di codice dei diritti che dia il riconoscimento a chiunque vive una sessualità diversa o per natura è costretto a guardarsi dai pregiudizi”.
Quello di Mulè non è l’unico intervento di Forza Italia a sostegno di Imane Khelif. Prima di lui c’era stato il tweet di Tullio Ferrante, deputato nonché sottosegretario di Stato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel governo Meloni, che il 1 agosto ha cinguettato: “Imane Khelif è una donna con livelli alti di testosterone, non un transessuale ne’ tantomeno un uomo come pur ho sentito dire. Possiamo ragionare sull’equità dei criteri di accesso alle gare femminili delle Olimpiadi, ma basta con falsità e strumentalizzazioni politiche”.
Non una parola, invece, da Antonio Tajani, vicepremier, ministro degli esteri nonché timoniere del partito.
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