Il 20 marzo del 2021 Jean Pierre Moreno veniva preso a pugni da uno sconosciuto all’interno della stazione Valle Aurelia di Roma, solo e soltanto perché aveva ‘osato’ baciare il proprio compagno mentre aspettavano la metropolitana. Il video dell’aggressione, girato da un amico della coppia, fece il giro del mondo, ribadendo la necessità di una legge contro l’omotransfobia.
Ebbene a poco più di un anno da quei cazzotti si è svolta ieri la prima udienza del ‘caso Moreno’. Il giudice ha accolto la ricostruzione del giovane, che si è costituito come parte civile, mentre l’aggressore non si è presentato. Ma se l’aggressore è stato ufficialmente accusato di lesioni personali, il giudice ha negato l’aggravante per futili motivi.
“Il rammarico e che non potrà mai esserci un giusto processo per quanto accaduto, perché il mio aggressore è accusato solamente di lesioni personali”, ha commentato amareggiato Moreno.
“La Legge Zan avrebbe probabilmente consentito una maggiore rapidità nelle procedure e la possibilità per polizia e magistrati di trattare questo caso con gli strumenti corretti, individuando il reale movente omofobico della aggressione”, ha commentato Martina Colomasi, socia di Rete Lenford e avvocata della parte civile Jean Pierre Moreno. “Purtroppo siamo di fronte ad un crimine d’odio che almeno allo stato viene affrontato come una aggressione di carattere personale non aggravata nemmeno dai futili motivi. Restiamo comunque in attesa degli sviluppi e di un’eventuale e più grave riqualificazione del reato”.
“Il punto politico – ha sottolineato il Segretario di Gaynet Rosario Coco – resta invariato: a un anno da un’aggressione assurda che ha fatto il giro del mondo in Italia non è ancora possibile denunciare un crimine omotransfobico. Restiamo gli unici insieme a Bulgaria, Polonia, Rep. Ceca e Lituania e non avere una legge del genere e la principale responsabilità di questa situazione e degli stessi partiti che fino a pochi mesi fa elogiavano Putin senza vergogna. Gli oppositori di Zan hanno sempre detto che c’era già l’aggravante, quella dei futili motivi. Non è vero per almeno due motivi, perché si tratta di un’aggravante generica e perché, come in questo caso, il PM non l’ha ritenuta esistente”.
Il processo è stato aggiornato al settembre prossimo. Dinanzi ad un Senato della Repubblica che a breve ritroverà il DDL Zan tra le proprie aule, a sei mesi dallo stop imposto tra gli indecenti applausi dei senatori di centro destra, l’urgenza di una legge contro i crimini d’odio torna prepotentemente d’attualità, perché cade il castello ‘difensivo’ di chi quella legge non l’ha mai voluta.
Il fatto che manchi una normativa specifica che preveda la fattispecie dell’istigazione all’odio e alla violenza nei confronti delle persone LGBT, delle donne e delle persone disabili, porta il giudice a poter utilizzare motivi futili abietti piuttosto che altre norme. Ma come evidenziato ancora una volta con il caso Moreno, il giudice “può” utilizzarle, non “deve” utilizzarle. Se ci fosse una legge che introducesse questi reati, il giudice dovrebbe applicarla dando un nome a questi reati.
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