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Italia condannata: ha perseguitato Sonia, nata da coppia etero grazie alla GPA

Quattro anni di angherie burocratiche che culminano con una sentenza della Corte Europea.

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In Italia, pochi temi sono tanto carichi di complessità e controversia quanto quello della PMA, in particolare quando si parla di Gestazione per Altri. Specialmente in questo periodo.

Proprio di recente, una sentenza della Corte Europea per i Diritti Umani ha messo in luce l’intricata selva giuridica in cui genitori e figli si trovano a dover navigare, dando voce a una bambina che, fino a questo momento, è stata resa “invisibile” dalle istituzioni nel nostro paese.

Il caso di Sonia, la bambina che “non c’è”

Quella di Sonia è una storia al limite dell’inverosimile. Nata in Ucraina nel 2019 attraverso la Gestazione per Altri, si è vista negare il riconoscimento legale del rapporto di filiazione con il padre biologico da parte dello Stato italiano.

Cosa che l’ha resa, di fatto, un’apolide – un soggetto “senza patria”, letteralmente invisibile agli occhi delle istituzioni.

Venuta al mondo in una struttura estera specializzata, situata a Kiev, Sonia non gode della cittadinanza Ucraina, poiché i bambini come lei vengono registrati con i nomi dei genitori che l’hanno desiderata e messa al mondo, seppur non in maniera tradizionale.

Tuttavia, in Italia, sia gli uffici dell’anagrafe che i tribunali hanno rifiutato di attribuire la potestà genitoriale sia al padre biologico che alla madre intenzionale, in un accanimento burocratico spietato, che non risparmia le proprie angherie neanche a una bambina.

Nonostante figlia legittima di due cittadini italiani, quindi, la condizione di Sonia le ha potenzialmente negato l’accesso a diritti fondamentali come l’istruzione e le cure sanitarie. Diritti che forse, dopo quattro anni, le verranno garantiti, dopo un’esistenza cancellata in un labirinto burocratico e legale che l’ha privata della sua identità.

La sentenza della Corte Europea

Dopo anni di controversie e tira e molla, i genitori di Sonia hanno chiesto aiuto al di fuori dall’Italia, alla corte di Strasburgo. La CEDU ha quindi giudicato lo Stato Italiano colpevole di aver violato i diritti umani della bambina, segnatamente il diritto alla vita familiare e privata.

Il rifiuto delle autorità nazionali di riconoscere il padre biologico e la madre intenzionale come suoi genitori, da un lato, e il fatto che non avesse la cittadinanza, dall’altro, la ponevano in uno stato di grande incertezza giuridica. [Sonia] è stata tenuta fin dalla nascita in uno stato di prolungata incertezza sulla sua identità personale” si legge in un estratto della sentenza.

Inoltre, ha imposto alle autorità un risarcimento di 15.000 euro per danni morali e 9.536 euro per le spese legali sostenute dai genitori. Questo verdetto potrebbe aprire la porta a futuri casi, costringendo l’Italia a rivedere la sua normativa in materia di riconoscimento di filiazione in casi di Gestazione per Altri.

Implicazioni per la Comunità LGBTQIA+

Se da un lato la sentenza tratta principalmente del diritto di una bambina di avere un’identità, dall’altro apre una discussione più ampia sulla procreazione medicalmente assistita come opzione per coppie omosessuali e persone transgender che desiderano diventare genitori.

La GPA è spesso l’unico percorso possibile per le coppie che non possono avere figli naturalmente – in particolar modo per le coppie formate da uomini o persone AMAB omosessuali.

In Italia, dove la pratica è illegale, in molti sono costretti a cercare soluzioni al di fuori del Paese, esponendosi a rischi legali e mettendo i loro futuri figli in posizioni vulnerabili, simili a quella di Sonia.

L’Italia si trova ora in una posizione delicata. Da un lato, c’è la pressione da parte delle istituzioni europee per conformarsi ai principi dei diritti umani. Dall’altro, una resistenza culturale e legale alla PMA e, più in generale, ai diritti sociali.

Lo abbiamo visto con la recente approvazione alla camera di un DDL che punta a rendere la GPA “reato universale” anche se compiuta all’estero, e che aprirebbe la strada a una persecuzione istituzionale e indiscriminata sia per le coppie eterosessuali che LGBTQIA+.

Sono troppe oggi le storie di persecuzioni di famiglie arcobaleno che Gay.it ha seguito nei mesi recenti. Dall’esperienza di Giulia, Francesca e del piccolo Elia, che ha legalmente una sola mamma, a quella di Michi, Viola e Giulia, una famiglia cancellata dallo Stato dopo lo stop alle registrazioni.

La sentenza della Corte Europea mette invece in evidenza la necessità di un dialogo costruttivo che possa portare a una legislazione più inclusiva e rispettosa dei diritti umani.

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