Nel bel mezzo degli attacchi al paese ucraino, un gruppo di soldati russi è stato intrappolato da degli attivisti LGBTQIA+. I soldati avevano trovato riparo tra nelle cantine degli uffici di Kharkiv, al contempo rifugio anche dell’associazione queer, che è riuscita a picchiare e catturare la squadra armata.
A capo del gruppo c’è Viktor Pylypenko, attivista e veterano LGBTQIA+, che dopo aver combattuto nella Rivoluzione Ucraina del 2014, ha messo su un’organizzazione a supporto delle persone queer in territorio ucraino.
“Questa è la nostra guerra, come ucraini, ma noi stiamo combattendo anche in quanto LGBTQIA+” ha riferito Pylypenko alla rivista The Israel Hayom: “Ci stiamo confrontando con un nemico tirannico e omofobico”.
Già prima degli attacchi dell’ultima settimana, stando al Foreign Policy Putin avrebbe in piano una “kill list” includendo tutti gli attivisti LGBTQIA+ ucraini e chiunque si sarebbe opposto alla politica del paese. Ma la comunità LGBTQIA+ ha cominciato a prepararsi già da settimane all’invasione russa: Veronika Limina, attivista per la promozione dei diritti delle persone queer nel sistema militare, ha gestito un campo finalizzato all’addestramento di volontari LGTBQIA+ e prepararli a combattere.
“Uccideremo Putin” ha dichiarato Limina “e la comunità gay dell’Ucraina resisterà all’occupazione russa anche se la discriminazione dovesse perpetuarsi qui a casa nostra e, del resto, l’alternativa è insopportabile”.
Ancor prima degli attacchi russi, la situazione per la comunità LGBTQIA+ era tutt’altro che rosea: nel paese il matrimonio gay è ancora illegale, così come l’adozione da coppie dello stesso sesso, mentre la transessualità è ancora catalogata come malattia mentale.
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