NON BASTA UN FIOCCHETTO ROSSO

Aids. La lotta per la prevenzione si limita a qualche banchetto informativo e un po' di condom? Perché non si trova una strategia? Le colpe dell'associazionismo, quelle del governo.

NON BASTA UN FIOCCHETTO ROSSO - controverso rr mano - Gay.it
4 min. di lettura

Cos’è rimasto della lotta per la prevenzione dell’Aids?
Ben poco. Qualche festa il primo dicembre in cui ci si veste di rosso piuttosto che di blu (senza “ovviamente” badare al fatto che in alcune di queste feste le droghe – notoriamente nemiche giurate di qualsiasi approccio lucido al sesso sicuro – sono consumate a montagne), e qualche cestino di preservativi omaggio che appare su ogni banchetto del movimento gay. Tutto qui.
In Italia non siamo nemmeno riusciti ad imporre che ogni, e dico ogni, locale gay in cui si fa sesso distribuisca preservativi ad ogni, e ripeto ogni, cliente. Molti gestori lo fanno già, di solito per sensibilità personale, ma l’Arcigay, lungi dal riuscire a fare pressione sui locali che attentano alla nostra salute in questo modo, non è mai riuscita (nonostante ne discuta ormai da anni) neppure ad imporre a saune e cruising bar affiliati di mettere a disposizione cestini da cui servirsi a bisogno.
All’estero lo fanno. In Italia invece i padroni dei locali protestano di non farlo per non “urtare la sensibilità dei clienti, che potrebbero offendersi”. Che delicati: pensano alla nostra salute mentale.
E così sparagnano… sulla nostra salute fisica.
La colpa non è, sia chiaro, del solo Arcigay. Ci sarebbe molto da dire sulle associazioni di lotta all’Aids che, fondate quasi tutte da gay (io stesso nel 1985 sono stato socio fondatore di una di esse, l’Asa di Milano) hanno poi quasi tutte abbandonato la realtà gay rivolgendosi al campo, meno imbarazzante con politici e Chiesa, dei tossicodipendenti.
Se quanto fanno e dicono tali associazioni è oggi irrilevante per il mondo gay, ciò si deve anche al fatto che ciò che fa e dice il mondo gay è, da troppi anni, irrilevante per loro.
La loro responsabilità non è piccola… ma non ne dirò altro, perché “non si spara sulla Croce Rossa”.
Intanto da qualche anno le malattie veneree che si trasmettono attraverso il sesso non sicuro sono in aumento, fra i gay.
Il fenomeno è mondiale, ma in Italia, dove il sesso sicuro non ha mai fatto molta presa, e dove non ci siamo mai allontanati abbastanza dall’orlo del precipizio, ogni passo indietro in quella direzione è più pericoloso che altrove.
Intanto il governo ha tagliato da due anni qualunque campagna di prevenzione diretta alla popolazione gay. A dire il vero non è che neppure sotto il precedente governo di centrosinistra tali campagne servissero a molto: servivano giusto a ingozzare agenzie pubblicitarie “amiche degli amici” per campagne-fantasma che poi nessuno ha mai visto, soprattutto in Tv. Ma il rimedio a tale scandalo non era sopprimere la prevenzione rivolta ai gay; era iniziare a farla davvero. Non mi si dica che a questo governo mancano Tv per trasmettere gli spot!
Intanto i medici cattolici hanno iniziato una campagna contro la prevenzione, affermando che è “scientificamente dimostrato” che il preservativo non serve a nulla, e che la sola soluzione è, guarda caso… la castità!
Che non è mai servita a salvare l’umanità dalle gravidanze indesiderate… figuriamoci dal resto.
Si tratta di una vera campagna di disinformazione (nel senso originale, sovietico, del termine: informazioni false volte a seminare confusione nel campo avverso).
Intanto il barebacking (cioè il sesso penetrativo fatto deliberatamente senza preservativo) si sta diffondendo senza che squilli l’allarme.
E parlo di allarme, perché la diffusione del barebacking costituisce una gravissima sconfitta politica e culturale per la comunità gay. Perché il barebacking si basa su una filosofia che pone il piacere – senza limiti, senza cautele – prima di ogni altra cosa. Prima della propria salute, ma anche e soprattutto prima della salute della persona con cui si fa sesso.
Il barebacking è il trionfo dell’ideologia che vede nel piacere egoistico il valore assoluto, e che crepino (letteralmente) gli altri!
È un’ideologia perfettamente compatibile con l’egoismo del liberalismo oggi trionfante, ma non con il rispetto della vita umana e soprattutto con l’aspirazione a una comunità gay capace di solidarietà oltre l’egoismo.
Il sacrificio di centinaia di migliaia di vite per opera del virus dell’Aids una cosa almeno ce l’aveva fatta capire. Che il modo di fare sesso prevalente prima della crisi non era sostenibile a lungo senza pagare un pesante pegno.
Occorreva quindi cambiare modo di praticare sesso – cosa che abbiamo fatto.
L’Aids è stata solo la più veloce fra le epidemie che si erano messe in coda presso la comunità gay. Ricordo per esempio di aver letto verso il 1980 annunci sulle riviste gay per mettere in guardia contro l’epatite (malattia che in Italia causa più morti dell’Aids), che stava assumendo fra i gay proporzioni pre-epidemiche.
Inoltre una serie di altri agenti pateogeni (dai nomi improbabili come shigella, giardia, salmonella, ameba…) era già endemica in alcune comunità gay degli Usa, in attesa di spiccare il volo.
L’Aids nel 1981 fu più rapido, e “rubò la scena” a tutti i concorrenti… dopodiché il sesso sicuro interruppe la diffusione di tutti gli agenti patogeni che si trasmettono con la penetrazione, e per qualche tempo crollarono perfino i “banalissimi” casi di sifilide.
Oggi però vorrei tanto sapere, per esempio, quanti siano i nuovi casi di epatite C che si registrano nella comunità glbt italiana. Chi ci fa caso?
Forse i diretti interessati.
Che però sono soli.
Perché l’egoismo come ideale supremo porta a questo: si gode senza minimamente pensare agli altri, ma poi si soffre senza che gli altri pensino minimamente a te…
E dico “si soffre”. Perché se in Italia di Aids oggi si muore infinitamente meno che un tempo (anche se si continua a morire, non facciamoci illusioni), se vivere con l’Aids oggi non è più l’incubo di vent’anni fa, è pericolosa l’idea, oggi prevalente, secondo cui una volta infetti basta prendere la pillolina e tutto va a posto…
I medicinali antivirali colpiscono infatti il virus con la stessa “accuratezza” con cui un lanciafiamme elimina gli afidi dal vostro giardino. Tant’è vero che in passato l’Azt spesso faceva più danni agli esseri umani che ai virus.
Oggi i nuovi medicinali hanno maggiore selettività e minore tossicità; diciamo quindi, per riprendere la metafora, che equivalgono a una fiamma ossidrica. Se la fiamma è abbastanza appuntita, se si è abbastanza veloci, si può mirare a uccidere gli afidi senza bruciare troppo le foglie. Resta il fatto che il “trattamento” non lascerà di sicuro il vostro giardino più pimpante di quanto fosse prima…
Insomma, gli effetti non desiderati degli antiretrovirali sono tanti e tali che potrei scrivere un articolo solo su questo solo tema.
Quindi se potete fare a meno di usarli, continuate così. È un consiglio che vi darà chiunque dipenda da essi per vivere.
Concludendo: no, non basta andare a ballare strafatti di coca o di crystal il primo dicembre, vestiti di rosso, per parlare di “prevenzione”…
Specie se quella sera ci si diletta in barebacking in tutte le pose plastiche immaginabili.
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di Giovanni Dall’Orto

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