Un nuovo caso di bullismo omofobico arriva da Salve, in provincia di Lecce, e più precisamente in una scuola media del comune pugliese. La vittima è un ragazzo di 12 anni, che chiameremo Marco. Come riporta il Corriere Salentino, i bulli avevano riservato al ragazzo un perfido trattamento: scritte sui muri con tanto di nome e cognome. Lui era “il gay”, la sua ragazza era “una copertura” e “la cicciona”.
Marco ha sopportato per quanto ha potuto, poi sono iniziati i sintomi psicosomatici: vomito, agitazione, depressione, malessere generale. In ospedale, i medici ne sono convinti: dietro questi sintomi c’è un disagio sociale. E infatti, basta andare su Instagram per trovare la pagina che i bulli omofobi hanno creato solo per prendere in giro Marco, riportando le foto delle scritte fatte sui muri della scuola indirizzate a lui e alla ragazza.
La madre di Marco, che non poteva più sopportare le precarie condizioni di salute del figlio di fronte al bulliso omofobico, ha chiesto aiuto ai Servizi Sociali del Comune di Salve. Gli operatori sono intervenuto immediatamente:
Quando siamo venuti a conoscenza della vicenda dalla dirigente e dalla vice dirigente scolastica, ci siamo messi a completa disposizione della madre che è venuta già due volte da noi. Abbiamo fornito la collaborazione di un assistente sociale e dei colleghi dell’ASL territoriale. Nel frattempo le scritte sono state rimosse.
Scuola e servizi si sono mossi rapidamente, dopo la segnalazione della donna, che poi ha deciso di denunciare il fatto ai Carabinieri. Anche i militari della zona di Capo di Leuca si sono attivati subito, avviando un’indagine assieme alla compagnia di Tricase, sotto la coordinazione della Procura della Repubblica dei minori di Lecce. Al momento, sono alla ricerca di telecamere e testimoni per scoprire i responsabili, sicuramente compagni di scuola (se non di classe) di Marco.
Dietro il bullismo omofobico c’è “un’emergenza educativa”
E ancora una volta, torna l’importanza di un’educazione al rispetto e all’inclusione. Lo ripete anche Arcigay Salento, nella persona di Pippi Todisco:
Indipendentemente dell’orientamento sessuale del ragazzo, quello che salta subito all’occhio è l’emergenza educativa su questi temi di cui necessitano i nostri ragazzi e ragazze, già a partire dalle scuole primarie e secondarie di primo grado dove hanno origine la maggior parte di questi episodi che poi si protraggono nel tempo.
È necessario che ci sia una Istituzionalizzazione di momenti formativi tesi al riconoscimento, all’accettazione e alla valorizzazione delle differenze presenti nella società per prevenire gli episodi di violenza e discriminazione di stampo omobitransfobico.
Ma il ddl Zan non serve
Todisco cita anche il ddl Zan, che definisce il minimo sindacale per la tutela delle minoranza dagli atti di discriminazione e violenza:
Occorre da parte di tutti, Istituzioni, famiglie e agenzie educative uno sforzo per cambiare e progredire verso una società più aperta e inclusiva, dove le differenze date dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, o dal colore della pelle non siano più motivo di scherno e violenza ma di arricchimento reciproco.
L’art. 7 del ddl Zan è il minimo sindacale che si possa fare, almeno una volta all’anno.
Oltre a condannare le violenze e le discriminazioni, il ddl Zan prevede anche di parlare del fenomeno del bullismo nelle scuole, in modo da sensibilizzare i più giovani e prevenire così episodi come quello che ha causato tata sofferenza a Marco. L’articolo 7 del ddl Zan citato da Todisco in particolare istituisce la Giornata mondiale contro l’omotransfobia (il 17 maggio) con attività culturali e istituzionale, a partire appunto dalle scuole.
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