x
Home / News / Sarah Hijazi, l’attivista ultima vittima dell’omotransfobia in Egitto

Sarah Hijazi, l’attivista ultima vittima dell’omotransfobia in Egitto

Sarah Hijazi non si era mai ripresa dalle torture e dagli stupri subiti in carcere, in Egitto. Alla fine si è tolta la vita.

sarah hijazi
2 min. di lettura

Attivista LGBT. Contro la disuguaglianza e la discriminazione. Transessuale. Tutto questo e molto altro era Sarah Hijazi che ieri, domenica 14 giugno, ha scelto la via del suicidio. Aveva solo 30 anni. Prima del gesto, aveva pubblicato un post e una foto di lei sorridente, in cui salutava e ringraziava gli amici che le sono stati vicini. Ma perdona anche chi le ha voluto male.

Ai miei fratelli e sorelle, ho provato a sopravvivere e ho fallito, perdonatemi. Ai miei amici, l’esperienza è dura e sono troppo debole per resistere, perdonatemi. Al mondo, sei stato davvero crudele! Ma io perdono.

Sarah Hijazi era un’attivista LGBT egiziana, che nel 2017 venne arrestata per aver sventolato una bandiera LGBT al Cairo durante il concerto di Machrou Laila, una band libanese. Sarah, MtF, è stata quindi portata in carcere assieme a un amico, responsabile anche lui di aver sventolato la stessa bandiera. Sarah venne inviata nella sezione maschile. Qui venne ripetutamente torturata e picchiata, come spesso accade agli attivista in Egitto.

Solo l’intervento di associazioni e Paesi a livello internazionale la salvarono da quell’inferno. Ma dopo la liberazione, era solo una persona contro natura, responsabile di atti immorali, come sventolare una bandiera arcobaleno. È stata ripudiata dalla società.

Si trasferì in Canada, dove ottenne asilo come rifugiata politica. Anche se a quasi 10.000 chilometri di distanza, Sarah Hijazi ha sempre continuato la sua battaglia contro le persecuzioni delle persone LGBT in Egitto.

Sarah Hijazi, l’ultima vittima dell’omofobia in Egitto

Ma il suo spirito era stato messo a dura prova. Non si era ripresa da quanto accaduto in prigione. E ha scelto di porre fine alla sua vita.

E’ tristemente noto come gli attivisti vengano trattati nelle prigioni egiziane, basti pensare al nostro Giulio Regeni e a Patrick Zaki, ancora oggi detenuto. Entrambi i due ragazzi sono stati picchiati e torturati ripetutamente. Sarah, in un carcere maschile, era stata doppiamente umiliata.

© Riproduzione Riservata
Entra nel nostro canale Telegram Entra nel nostro canale Google

Resta aggiornato. Seguici su:

Facebook Follow Twitter Follow Instagram Follow

Lascia un commento

Per inviare un commento !