Jonathan Bazzi
37enne scrittore di Rozzano, arrivato in finale al Premio Strega grazie al folgorante esordio letterario “Febbre”, Jonathan Bazzi ha fatto coming out come ragazzo sieropositivo proprio dalle pagine di Gay.it. All’epoca nostro redattore, Jonathan scrisse un pezzo autobiografico il 1 dicembre del 2016, Giornata mondiale contro l’AIDS, dal titolo “Ho l’HIV e per proteggermi vi racconterò tutto”.
“Vivo questa confessione come un dovere. Faccio parte di questa comunità terrena e celeste, di vivi e di morti. Illuminare le zone oscure dello stigma e del pregiudizio è un atto dovuto verso chi non ha potuto nascondersi. Verso chi è stato tradito davvero dal corpo. Verso chi ancora, oggi, muore. Di paura. O di vergogna”.
Anche in Febbre Jonathan parla di HIV, della scoperta, della paura, dello stigma da abbattere.
Un giorno qualsiasi di gennaio gli viene la febbre e non va più via, una febbretta, costante, spossante, che lo ghiaccia quando esce, lo fa sudare di notte quasi nelle vene avesse acqua invece che sangue. Aspetta un mese, due, cerca di capire, fa analisi, ha pronta grazie alla rete un’infinità di autodiagnosi, pensa di avere una malattia incurabile, mortale, pensa di essere all’ultimo stadio. La sua paranoia continua fino al giorno in cui non arriva il test dell’HIV e la realtà si rivela: Jonathan è sieropositivo, non sta morendo, quasi è sollevato. A partire dal d-day che ha cambiato la sua vita con una diagnosi definitiva, l’autore ci ha accompagnato indietro nel tempo, all’origine della sua storia, nella periferia in cui è cresciuto, Rozzano – o Rozzangeles –, dai cui confini nessuno esce mai, nessuno studia, al massimo si fanno figli, si spaccia, si fa qualche furto e nel peggiore dei casi si muore. Figlio di genitori ragazzini che presto si separano, allevato da due coppie di nonni, cerca la sua personale via di salvezza e di riscatto, dalla predestinazione della periferia, dalla balbuzie, da tutte le cose sbagliate che incarna (colto, emotivo, omosessuale, ironico) e che lo rendono diverso.