“Brucerei un figlio gay”: Giovanni De Paoli assolto perché il fatto non sussiste

La sentenza definitiva.

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La notizia dell’assoluzione di Giovanni De Paoli, ex consigliere regionale leghista, dall’accusa di diffamazione con l’aggravante di incitamento all’odio, ci lascia indignati e sgomenti, ma sicuramente non sorpresi.

La sentenza, secondo la quale “il fatto non sussiste”, è destinata a generare un’ondata di polemiche e proteste, eppure il reato effettivamente non c’è: senza una legge contro i linguaggi d’odio contro la comunità LGBTQIA+, questi atteggiamenti non sono punibili per legge.

Il caso

La frase che ha scatenato la bufera, Se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno, è stata attribuita a De Paoli nel febbraio 2016, nei corridoi del palazzo dell’Assemblea legislativa della Liguria. De Paoli venne denunciato da Aleksandra Matikj del “Comitato per gli Immigrati e contro ogni forma di discriminazione” ma anche dall’Associazione AGedO, Associazione Genitori di Omosessuali”,  con l’intervento di Michele Potè per Avvocatura per i Diritti LGBT+.

Con riferimento al procedimento a mio carico presso la procura di Genova per presunta diffamazione – aveva dichiarato De Paoli – sono a ribadire di non avere pronunciato quanto a me attribuito e sono profondamente dispiaciuto per il malinteso venutosi a creare. Resto fiducioso che venga fatta chiarezza e aspetto con grande rispetto e serenità il corso della giustizia”.

Nonostante il politico abbia sempre negato di averla pronunciata, l’accusa ha insistito nella sua posizione e ha deciso di portare il caso in tribunale. Tuttavia, come ci si aspettava, il risultato non è stato quello sperato.

Giustizia che finalmente è arrivata – ha commentato oggi De Paoli – sono felice di essere stato assolto rispetto a un’interpretazione del tutto errata delle mie parole. Ringrazio chi mi ha sempre difeso dalle accuse e ha avuto fiducia in me”.

Immediatamente a seguito della sentenza, la controparte si è espressa in merito con rammarico. Tuttavia, non si tratta di una resa: si andrà in appello.

Non conoscendo le motivazioni di questa prima sentenza, al momento preferiamo non pronunciarci in merito. Aspettiamo 90 giorni per poterci appellare anche perché davanti al fatto che la frase incriminata con l’accusa di diffamazione e con l’aggravante di incitamento all’odio razziale verso gli Omosessuali dal Pubblico Ministero che oggi ha chiesto quattro mesi di reclusione, essendo che diversi testimoni hanno confermato di aver sentito De Paoli pronunciarsi in quel modo, onestamente ci lascia perplessi” – commenta la denunciante Aleksandra Matikj del “Comitato per gli Immigrati e contro ogni forma di discriminazione” – “Si tratta del primo caso giudiziario in Italia contro l’omofobia, ed oggi la nostra massima Solidarietà va a tutte le famiglie che erano presenti quel giorno presso la Regione Liguria ma anche a tutte le altre di tutto il Paese che oggi avrebbero dovuto invece a nostro avviso farsi valere tramite una Sentenza che le tutelasse: i genitori ed i figli

Ecco perché c’è bisogno del DDL Zan

Se l’omofobia è una forma di discriminazione e di odio che, come tale, non dovrebbe essere tollerata né giustificata in alcun modo, la nostra struttura legislativa non la contempla come reato in sè. Eppure linguaggio che viene utilizzato nei confronti della comunità LGBTQ+ ha un impatto profondo sulle nostre vite.

Come sottolineato dal giudice, però, la sentenza si basa su motivazioni precise e tecniche, legate alla questione della diffamazione e dell’incitamento all’odio, e non sulla valutazione morale della frase in sé.

In altre parole, la sentenza non significa che la frase di De Paoli sia stata considerata accettabile o giustificabile, ma semplicemente che non è stata considerata un reato dal punto di vista legale. Il che ci riporta, per l’ennesima volta, a parlare di DDL Zan.

Siamo amareggiati che in un Paese come l’Italia sembra si possano lasciare impunite le frasi come quelle dove migliaia di persone, soltanto perché gay assistono anche quotidianamente, nelle scuole, sui posti di lavoro, nella società alle esternazioni simili ma una frase del genere da un Consigliere regionale è inaccettabile. Per ora, appunto, preferiamo non esprimerci al momento. Aspettiamo le motivazioni del giudice anche per vedere se nel caso esistesse in Italia una Legge a difesa chi vittima di omobilesbotransfobia, la sentenza sarebbe stata oggi diversa”, conclude Aleksandra Matikj.

È oggi più che mai necessario continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione dei reati d’odio verso le comunità vulnerabili, e dell’importanza di combattere ogni forma di discriminazione.

La lotta contro l’omofobia non riguarda solo la comunità LGBTQ+, ma l’intera società. Qualsiasi tipo di discriminazione e d’odio non possono essere giustificati o tollerati in alcun modo, e ogni individuo – ma soprattutto lo Stato –  ha la responsabilità di promuovere la tolleranza e il rispetto per le diversità.

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skz1979 26.3.23 - 1:54

Io sono a favore dll zan anche in italia. Per esempio anche a scuola insegnante non puo' dire che essere gay,trans "e colpa di satana,sono malati",anche insegnate e genitori dei bulli che ridono e dicono "meriti di essere bullizzato perchè non sei normale,devi pregare cosi guarisci". in italia in futuro verrà approvata ddl zan senza modifiche come vuole il vaticano???

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