Prisma 2 è fuori e ne abbiamo parlato con il suo kingmaker Ludovico Bessegato, regista, co-sceneggiatore e produttore della seconda stagione di una serie che ci aveva già stregati con la prima, trionfante ai Nastri d’Argento.
Prisma 2 mette a fuoco il reale dei suoi personaggi, e trasforma l’età fluida dell’adolescenza in una lente di osservazione per il superamento del binarismo inteso come gabbia normativa. Una gabbia che si sbriciola quando adolescenza ed età adulta entrano in frizione. Si registra anche una lezione impartita da Bessegato e da tutto il team creativo e produttivo ai dinosauri che brontolano contro la presunta dittatura del politically correct. A chi agita lo spauracchio della morte dell’arte e o quello della censura alla libertà d’espressione, Prisma 2 dice chiaramente che si può condurre una narrazione incalzante, coraggiosa, empatica e avvolgente, senza rinunciare a licenze, incursioni, libertà espressive, zone d’ombra e sublimazioni, e lo si può fare mantenendosi nel totale rispetto della rappresentazione di vite, persone, e di vecchie e nuove peculiarità. Ma c’è di più. La sensazione è che l’attenzione maniacale per la rappresentazione rispettosa delle storie, sia qui occasione di nuove sfide narrative, che hanno indicato strade inedite e inaspettate meraviglie. Il ché ci sembra suggerire che la buona scrittura non può che migliorare sé stessa, se posta davanti a nuove sfide.
E infatti. Godiamo di un sincero amore verso i personaggi e di un approccio ambiziosamente cinematografico. Questa seconda stagione restituisce quella sensazione che si ha davanti a un grande romanzo, in grado di penetrare un mondo, meglio di quanto possa fare un’intera collezione di saggistica. (Qui le nostre riflessioni su questa seconda stagione e sui suoi personaggi > “per abbracciare il caos“)
Prodotto da Cross Production per Amazon Studios (ora in streaming su Prime), co-sceneggiato da Francesca Scialanca, Prisma 2 è, come scrive lo stesso regista nelle note, un coming out collettivo sull’impossibilità di essere una cosa sola. Ne abbiamo parlato proprio con Ludovico Bessegato.
Prisma 2 intervista a Ludovico Bessegato – (attenzione contiene spoiler)
Partiamo dal finale di Prisma 2. Nuovamente sospeso e anche politico. La storia si attorciglia, e ci regala pure un’amara fotografia del nostro paese: i ragazzi provano ad autodeterminarsi, ma il degrado criminogeno li ingoia in una spirale di cui non vediamo il fondo, e pensiamo anche al peggio. Perché dici nelle interviste che non fai politica con i tuoi lavori?
Aspetta. Io sono sempre stato schierato, militante del PD, e non ho paura a dirlo. Ma da autore non sono interessato ad entrare nel merito dell’attualità politica. I prodotti culturali funzionano quando ognuno può vederci qualcosa.
Come per esempio quella balena, immobile, ingombrante come qualcosa di superfluo eppure necessario. Cos’è per te quella balena?
Per me è una sublimazione. Essere adolescenti e diventare adulti significa cercare di rompere gli schemi, andare fuori dai confini per l’alto mare aperto. Dove c’è l’ignoto. E l’ignoto può essere allo stesso tempo affascinante e mostruoso.
E cosa mi dici di questa coloritura criminale che assedia il finale e ci lascia sull’orlo di un nuovo, tremendo precipizio?
Abbiamo cercato di portare l’adolescenza laddove non si scherza più. A me sembra che uno dei tratti del contemporaneo sia che i ragazzi, oggi, con la disintermediazione dei social media, entrino in contatto da subito con grandi responsabilità. Il confronto con il mondo reale può essere molto crudele, doloroso e anche strabiliante. Quel mare aperto può essere in tempesta o meraviglioso. O anche tutt’e due.
La relazione tra Andrea (Mattia Carrano) e Daniele (Lorenzo Zurzolo) prende man mano forma, ma lasciami chiederti questo: avete avuto varie opzioni sul tavolo, c’è stata qualche indecisione su dove potesse portare questa attrazione?
Che tra i due ci potesse essere un approfondimento era già abbastanza chiaro. Nel momento stesso in cui Daniele accetta di andare sul pullman, per noi è evidente che sta dando spazio a qualcosa che non ha ancora messo a fuoco, ma che evidentemente esiste in lui. Dunque sapevamo che i due avrebbero approfondito, non sapevamo però in che modo e non sapevamo dove sarebbe andata a finire questa relazione.
La scena di amore/sesso tra Andrea e Daniele mi è parsa molto poco gay e molto una scena tra un corpo maschile e un corpo femminile: è una mia lettura forzata o l’avete cercata così?
Ci siamo chiesti come sarebbe stato il loro primo momento intimo. Quello che io penso di sapere di questi due personaggi è che nessuno dei due si riconosce come gay. Daniele è attratto dalla parte femminile di Andrea. E questo per me è un punto. Per lui la difficoltà è accettare che quel corpo femminile non sia come se l’era immaginato. E quasi sempre i momenti di avvicinamento tra i due corrispondono a momenti nei quali Andrea ha una forma più compatibile con l’idea di femminile che ha Daniele. Penso al bacio in vetreria, penso all’accappatoio bianco nella scena a cui fai riferimento, nella quale vengono messe in risalto le sue gambe.
E Daniele cerca di capire cosa significhi essere attratto da un ragazzo fluido attraverso internet.
Sì, Daniele non chiede “come faccio a capire se sono gay“, ma cerca di capire qualcosa di sé in relazione al fatto che è attratto da una persona fluida. Credo anche che la costruzione di una sessualità gay si sviluppi con il tempo, non penso che la prima volta di due ragazzi che fanno sesso, corrisponda immediatamente a qualcosa che tipicamente possiamo ricondurre alla sessualità gay.
Una fluidità che è sempre esistita, che finalmente trova rappresentazione.
In fondo Daniele e Andrea non sono una coppia gay. Sono una cosa nuova. Prisma vuole indagare questi nuovi schemi, laddove i vecchi schemi non funzionano più. Per Daniele in questa fase è ancora importante riconoscere la propria maschilità e la parte femminile del corpo di Andrea. Sarebbe stato difficile per lui approcciarsi al corpo di Andrea in un modo diverso.
Si introduce una tematica che per qualcuno potrebbe risultare controversa: l’innamoramento tra Nina, sedicenne, e Akemi (Elisa Qiu Tian Scenti), tredicenne. Hai avuto qualche resistenza tua, o esterna, su questo argomento?
A me piace come narratore cercare le zone inesplorate dell’etica e del comportamento umano. E trovo noioso raccontare questioni su cui abbiamo già tutti un giudizio strutturato. Prisma è una serie sui confini, sulle sfumature, su cose che non hanno ancora una risposta per chi invece vorrebbe esprimere un giudizio. Per venire a Nina, lei era già molto consapevole e solida rispetto alla propria omosessualità. Il tema dell’età è ancora un tabù su cui abbiamo riflettuto molto poco. Da parte di Amazon Studios c’è stata una grande apertura. Abbiamo cercato l’equilibrio sull’età.
Cioè?
Se fosse stata la storia tra una tredicenne e una quattordicenne, ci sarebbe stato poco da raccontare. Tra una sedicenne e una undicenne… chiunque avrebbe detto “questa cosa non funziona“. L’equilibrio 13-16 ci è sembrato quello più capace di creare difficoltà di giudizio. Tre anni sono pochi, ma 13 anni è un’età strana, ci sono persone molto mature e persone molto immature.
Non c’è manipolazione.
No, Akemi è una tredicenne molto intelligente, consapevole e matura e molto attiva. Nina si è trovata nella condizione di accettare, senza essere lei la parte attiva. E poi lasciami dire questo.
Sentiamo.
Se Nina fosse stata un ragazzo, non ci sarebbe stato nulla da dire. Questa storia manda in crisi, perché si parla di due donne. È quello che cerco nel mio lavoro: tutti noi sappiamo dire cosa è giusto, cosa è sbagliato, cosa è omofobia ecc. Quando però dobbiamo esprimere giudizi su comportamenti mascherati, non siamo più così capaci. E dunque sulla storia di Nina e Akemi gli altri calano un giudizio omofobico senza accorgersene. Se abbiamo un ragazzo e una ragazza di 16 e 13 anni, tutto ok. Se abbiamo una ragazza di 16 con un’altra ragazza di 13 anni, scatta subito il sospetto di plagio o manipolazione. Perché resiste l’idea che ci sia una norma e che chi esca da quella norma, lo faccia perché plagiata.
E c’è chi non si scandalizza affatto e pensa piuttosto che la reazione della famiglia di Akemi sia esagerata.
Infatti, ed è questo che mi interessa. Non ci sono reazioni in una sola direzione.
Nina (Caterina Forza) è un personaggio straordinario.
Ne sono molto felice. Uno dei miei obiettivi in questa seconda stagione era dare a Nina una vita affettiva e una sua storia, per uscire da quel ruolo di amica/consulente e avere una sua forza.
Carola (Chiara Bordi) si ritrova in qualche modo influencer vezzeggiata dai media per via della sua disabilità: ne esce una critica per nulla velata al performativismo da social network e a un certo modo di monetizzare il proprio status di vittima. Sei polemico su questo?
No figurati, posso mettere tutto in discussione, ma non polemizzo con nessuno. Anche l’agenzia di tiktoker e influencer, che sarebbe stato molto facile raccontare in modo snob, ho cercato di portarla in scena come un luogo di persone affettuose, che si divertono. A proposito di quello che dici tu, abbiamo cercato di far riflettere. Come tutte le cose, non c’è una risposta sola. Nella società di oggi il fatto di essere vittima di revenge porn non è necessariamente foriera solo di gogna mediatica. Esiste un giornalismo attento a cogliere le storie delle vittime e delle marginalità. Certo, siamo di nuovo in un territorio che mette in crisi, e a me questo piace. Siamo in quell’epoca in cui c’è chi critica un attivista disabile perché ha fatto una copertina glamour. È così: oggi esiste una difficoltà nel raccontare corpi non conformi, perché potrebbero non essere mai abbastanza non conformi per rispettare tutti. E questo è nuovamente un fatto che manda in crisi. È complicato. Stiamo compiendo passi in avanti sulla rappresentazione, ma siamo pur sempre ancora nella società dell’immagine e dei profitti. Queste due cose entrano spesso in contraddizione. Ho cercato di sottolineare questo. Anche Prisma che racconta storie di marginalità deve rispondere a canoni estetici, non posso far finta che non sia così. È una contraddizione che riguarda tutti noi e io non voglio certo far finta che non riguardi anche me.
C’è un personaggio che vi ha chiesto più indipendenza? Un personaggio che non siete riusciti completamente a controllare?
Posso raccontarti del personaggio di Jacopo. È un personaggio che nasce dall’incontro con una persona vera, Andrea Giammarino. Avevo letto la sua storia su Repubblica. Aveva effettivamente protestato nel suo liceo per la questione della carriera alias (qui la storia vera di Andrea Giammarino ndr). Allora l’ho incontrato e mi sono fatto raccontare tutto da lui. A quel punto non l’abbiamo soltanto preso a recitare, ma a interpretare – diciamo – sé stesso. Il personaggio di Jacopo è ispirato a lui, compresa la storia di transizione che ha compiuto nella sua vita. Andrea ha effettuato l’intervento di mastectomia pochi mesi dopo aver girato la scena dell’intervento di mastectomia in Prisma 2. Mi sono permesso di rappresentare questa cosa, sapendo che la persona che avrebbe recitato in quel ruolo stava per vivere lo stesso momento su sé stesso.
Beh, non mi pare ti sia sfuggita di mano. Hai cercato un grande controllo, o per meglio dire hai delegato il controllo della storia alla storia stessa (grande!). Però scusami, il personaggio non t’è sfuggito di mano affatto.
E no. c’è dell’altro. Nella nostra testa all’inizio Jacopo avrebbe dovuto in qualche modo rappresentare per Andrea un’alternativa sentimentale a Daniele. Quando Daniele era lontanissimo da lui, pensavamo che Andrea potesse metterlo in discussione con un ragazzo così interessante, risolto, emancipato, che rendeva le cose più semplici. Avevamo iniziato a scrivere il personaggio di Jacopo così.
E invece poi diventano amici.
Sì, la relazione tra Jacopo e Andrea è andata da tutt’altra parte e abbiamo dovuto assecondarla.
C’è il tema dei contraccolpi. Quando compiamo azioni più che legittime, come per esempio un coming out, occorre prestare attenzione verso le persone che ci sono intorno. Spesso nella narrazione questa cura la si nota per i personaggi comprimari.
Mi piace prendermi cura di loro. Non dovrebbero mai esserci quelli che in gergo chiamiamo personaggi funzione, che non hanno personalità. Io mi affeziono a tutti i personaggi. Questo mi aiuta a trattarli bene. Prendiamo il buon Luciano, il manager (Marco Conidi ndr). Volevo uscire dalla narrazione del laido truffatore e basta. In fondo Luciano è uno che si impegna, non ha i soldi, ma fa di tutto, si indebita per restituire i soldi ai ragazzi. E alla fine lui diventa il buono e i ragazzi passano per stronzi.
E anche questa è fluidità. C’è poi la madre di Andrea (Autilia Ranieri).
Lei non è la solita mamma che grida al figlio “io ti caccio di casa“, ha una sua dignità, una sua opinione fortemente antagonista all’affermazione di Andrea, una posizione che io non condivido. Ma rispetto il modo con cui la rivendica.
Il superamento del binarismo non è solo questione di genere. Oltre luci e ombre di ogni personaggio, c’è il racconto di una certa labilità di confine tra giusto e sbagliato. E anche tra legale e illegale.
Nelle nostre intenzioni, fin dalla prima stagione, volevamo raccontare la fluidità in senso esteso. Poi la prima stagione è stata in qualche modo percepita come serie queer. Mentre per noi la fluidità ha certamente a che fare con l’identità di genere, ma si declina in mille altri modi. Per esempio, pensando alla prima stagione, Daniele aveva un conflitto tra fare il musicista e fare il nuotatore. Quella era la versione Daniele della fluidità. Carola si chiedeva se fosse tr0i4 oppure no. Marco se non fosse troppo cucciolo di panda. Forse in questa seconda stagione è tutto più a fuoco. La fluidità di genere è soltanto uno dei tanti fenomeni con cui vogliamo osservare il crollo dei confini.
PRISMA 2 CAST TECNICO
Regia di Ludovico Bessegato
Soggetto Ludovico Bessegato in collaborazione con Francesca Scialanca
Sceneggiatura Ludovico Bessegato e Francesca Scialanca
Prodotto da Rosario e Maddalena Rinaldo (APA)
Line Producer Marco Mastrogiacomo
Direttore della fotografia Benjamin Maier
Scenografia Vito Giuseppe Zito, Carlo Aloisio
Costumi Lisangela Sabatella
Casting Chiara Agnello
Musiche Ginevra Nervi
Montaggio Federico Palmerini (ep. 1 -7) Giorgia Currà (ep. 8)
Missaggio del suono Guido Spizzico
Unit Production Manager Claudio Lucchese
Aiuto regia 1st AD Leonardo Santini
Responsabile post-produzione Monia Calzola
World Sales Beta Film
PRISMA 2 CAST ARTISTICO
Andrea – Mattia Carrano
Marco – Mattia Carrano
Daniele – Lorenzo Zurzolo
Nina – Caterina Forza
Carola – Chiara Bordi
Vittorio – LXX Blood
Ilo – Matteo Scattaretico
Jun – Asia Patrignani
Zelia – Flavia Del Prete
Luciano il manager – Marco Conidi
Micol – Elena Falvella Capodaglio
Raffa – Nico Guerzoni
Susi – Ludovica Rubino
Marika – Francesca Anna Bellucci
Padre gemelli – Andrea Giannini
Madre gemelli – Autilia Ranieri
Akemi – Elisa Qiu Tian Scenti
Jacopo – Andrea Giammarino
Madre Carola – Georgia Lepore
Sami – Zakaria Hamza
Boncio – Riccardo Afan de Rivera Costaguti
Lucio – Tramontozzi Pietro Sparvoli
Camilla – Elisabetta Anella
Sebastiano – Cristiano De Vitis
Veronica – Shaen Barletta
Zio Don Michele – Francesco Pompilio
Preside – Filippo Valle
Gerardo – Martinus Tocchi
Marcello Leo Rivosecchi
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