Bologna Pride, esclusi i poliziotti LGBTQ+ dal corteo, è giusto?

Il Pride deve includere tuttə? Ma il Rivolta Pride di Bologna è un Pride qualsiasi? La comunità LGBTQ+ deve essere unita e compatta? O vanno rispettate le pluralità? Come sempre Bologna ci regala domande.

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Sono attese 50.000 persone al Rivolta Pride di Bologna. “Molto più di Zan” sarà il motto, a sottolineare l’insoddisfazione della comunità queer bolognese rispetto al contenuto del Ddl Zan. Il Bologna Pride si svolgerà sabato 25 Giugno. Si tratta di uno dei Pride più partecipati e amati d’Italia, è organizzato da una rete di collettivi, associazioni, persone LGBTQIAP+ e transfemminist* che fanno parte della rete “Stati Genderali”, in passato già molto duri con Alessandro Zan (e Ivan Scalfarotto).

A poche ore dall’inizio della parata di sabato, scoppia la polemica intorno alla presenza di membri delle forze dell’ordine LGBTQ al corteo, che sarebbero stati esclusi, con motivazioni politiche. Polis Aperta, l’associazione LGBTQ di lavoratori di forze di polizia e forze armate, ha reso noto di non essere stata inclusa al corteo del Pride.

In un comunicato, l’associazione LGBTQ+ ha espresso rammarico per le parole utilizzate dagli organizzatori del Rivolta Pride: “Ci è stato chiesto di non presentarci con i loghi e lo striscione dell’associazione, ma di partecipare in modo anonimo, quasi dovessimo nascondere chi siamo – spiega Polis Aperta – Non è la prima volta che una tale discriminazione viene in atto: al Pride di Bologna 2020 la stessa sorte toccò dall’Associazione Plus – Persone LGBT+ Sieropositive.

Ci teniamo a sgomberare il campo da qualsiasi fraintendimento – ribatte il Rivolta Pride, che si dice nato da un percorso assembleare “dal basso che coinvolge decine di associazioni, singole e realtà LGBTQIAP+, nato in occasione della mobilitazione #moltopiudizan. Abbiamo scelto di chiamarci Rivolta in connessione con la notte del 28 giugno 1969 allo Stonewall Inn, quando un gruppo di trans e frocie si rivoltarono contro l’ennesima retata della polizia di New York ai danni della comunità queer che animava il quartiere Greenwich, dando vita al primo Pride della storia. Quello spirito è quello che anima ancora il Rivolta Pride, la volontà di ribellarsi a tutti i sistemi di potere, portata avanti dalle fasce più marginalizzate della società: le persone trans, le travestite, le persone nere e latine, le sex worker, le phroci3, le lesbiche, le persone senza documenti, le soggettività che maggiormente subivano e subiscono ancora oggi la repressione violenta della legge.”

Nel manifesto del Rivolta Pride ci sono elementi di elaborazione politica del femminismo anticarcerario – prosegue il comunicato del Rivolta Pride – contro le misure punitive come antidoto alla violenza patriarcale, il riconoscimento del lavoro sessuale come lavoro, la critica al razzismo istituzionale che criminalizza l’esistenza delle persone migranti. Queste soggettività non sono tutelate dalla legge né dalle forze dell’ordine, come ci raccontano i numerosi casi di femminicidi e violenze sessuali, violenze nelle carceri e nei centri d’accoglienza, che spesso non vengono riconosciuti anche in seguito a denunce. Gli ultimi dati dell’OSCAD – Gay.it ve ne ha parlato qui -> , l’osservatorio della Polizia e dei Carabinieri per la sicurezza contro gli atti discriminatori, ci restituiscono una fotografia della realtà che non corrisponde a quello che viviamo quotidianamente: nell’anno 2020 l’osservatorio nazionale riporta solo un caso di omicidio legato a orientamento sessuale e identità di genere, quando invece la rete TGEU (Transgender Europe) denuncia in quell’anno almeno 4 trans*cidi. A dir poco sottostimati sono anche i casi di violenze sessuali, incitamento all’odio e aggressione, per un totale di appena 61 casi. Il Rivolta Pride vuole essere anche lo spazio di rivendicazione di queste soggettività, che devono sentirsi libere di marciare in uno spazio sicuro. Come realtà del Rivolta Pride, organizzato attraverso un percorso di confronto assembleare dal basso, riconosciamo che l’omolesbobitransafobia è presente in tutti i luoghi di lavoro, anche all’interno della polizia e delle forze dell’ordine. Anzi, spesso è proprio in questi settori che le discriminazioni trovano spazio, incentivate da un ambiente, quello delle caserme, intriso di machismo e maschilismo.

Polis Aperta non ci sta “Attraverso i social sono state scritte parole pesanti come pietre, che ancora prima di colpire l’associazione in sé, feriscono le persone che ne fanno parte – scrive l’associazione LGBTQ di lavoratori di forze di polizia e forze armate – Persone, che pur avendo scelto un lavoro, dove non sempre la comunità Lgbtqi+ è stata accolta a braccia aperte, hanno deciso di metterci la faccia. Di uscire allo scoperto, sfidando ogni convenzione per abbattere diffidenza e pregiudizi. Fin dalla nascita, l’associazione si è impegnata per il riconoscimento dei diritti civili, dalla legge Cirinnà al ddl Zan, per il riconoscimento degli alias alle persone in transizione e dell’omogenitorialità. Perché siamo consapevoli che solo tutelando le molteplici identità individuali della società si garantisce la difesa di quella democrazia che abbiamo deciso di rappresentare indossando una divisa. Pride è l’orgoglio di aspirare a una società dove tuttə sono ugualə davanti alla legge. Le polemiche sterili non ci interessano, impieghiamo il nostro tempo per costruire ponti, non muri. Le pratiche escludenti non ci appartengono, così come non ci appartiene il dileggio, la discriminazione, il pregiudizio che trasuda da certi toni. Questo odio non ci appartiene.

Ma il Rivolta Pride di Bologna ci tiene a precisare che “la nostra non è una presa di posizione contro Polis Aperta, ma di critica aperta alle forze dell’ordine come istituzione, e come luogo di riproduzione di violenza sessista, omolesbobitransfobica, abilista e razzista. Riteniamo necessario aprire una riflessione seria sul tema della polizia e delle forze armate e delle discriminazioni vissute dalla nostra comunità. Gli spazi sicuri li fanno le frocie che li attraversano, tramite l’autorganizzazione, la cura reciproca e la costruzione di safer space e di immaginari liberati dalla violenza eteropatriarcale.

 

Il Pride deve includere tuttə? Ma quello di Bologna è un Pride qualsiasi? La comunità LGBTQ+ deve essere unita e compatta? O vanno rispettate le pluralità? E se è legittima la posizione del Rivolta Pride, non è altrettanto legittima quella dei poliziotti LGBTQ+? Dove sfileranno i poliziotti? È giusto che Bologna non abbia, oltre al Rivolta Pride, anche un Pride più mainstream? Queste e altre sono le domande che quell’avanguardia che è la comunità queer bolognese, siano Stati Genderali o poliziotti, ha la forza e il merito di portare all’attenzione di tutta la comunità italiana. Ce n’è un gran bisogno.

 

Qualche giorno fa anche a Milano si è tenuto un corteo assimilabile allo spirito del Rivolta Pride: per le strade della città meneghina ha sfilato “La marciona”. Gay.it c’era e ve l’ha raccontata qui >

 

Per informazioni su Rivolta Pride – Il canale IG di Stati Genderali
Per informazioni su Polis Aperta

foto di copertina tratte dai canali social di Rivolta Pride e Polis Aperta

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