Indonesia
L’Indonesia è un Paese a maggioranza musulmana e alcune sue regioni seguono le leggi della Shari’a. Non c’è in vigore una vera e propria legge che criminalizzi i rapporti omosessuali, ma finora questo non sembra aver fermato le istituzioni e la popolazione ad invocare l’articolo 281 del Codice Penale che regola il reato di offese contro la decenza. Usato per condannare le persone transgender e i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso, il reato si affianca a una legge del 2008 contro la pornografia, anche questa usata come persecuzione per le persone queer.
Negli ultimi anni, soprattutto durante la pandemia – quando l’attivismo si è dovuto spostare online –, gli attacchi alla comunità LGBTQ+ si sono intensificati. L’influenza dell’Islam e l’implemento della legge anti-pornografia hanno portato a 38 siti a tema LGBT, o con URL che ne contenesse il nome, bloccati e censurati.
I siti bloccati sono i più vari: piattaforme per la comunità, come Transgender Map, o per gli incontri, come Grindr; sono bloccate anche le pagine web delle organizzazioni di attivisti, una su tutte la ILGA, The International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans And Intersex Association.
Il regime di censura instaurato dal governo indonesiano ha spinto gli attivisti e i membri della comunità a difendersi, utilizzando strumenti che mascherano il proprio indirizzo IP per accedere a questi siti oppure spostandosi sui social media.