Iran
Dopo la rivoluzione islamica del 1979, la giurisprudenza sciita in Iran è stata l’arma del governo per violare i diritti umani contro le persone LGBTQ+ nel Paese. L’omosessualità è illegale, così come i rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso, ed è punibile con la pena di morte. Il regime dell’ayatollah considera l’omosessualità e qualsiasi forma di identità di genere come una malattia da curare e le aggressioni alle persone queer sono all’ordine del giorno, motivo per cui la comunità è stata spinta a vivere clandestinamente.
Il governo iraniano non si limita a censurare siti LGBTQ+ (al tempo dello studio si parla di 75 URL bloccati), ma opera anche una consistente attività di spionaggio e sorveglianza sui cittadini e sulle loro attività online.
L’incredibile repressione operata sotto il codice criminale della Shari’a ha reso quasi impossibile l’organizzazione per difendere i propri diritti umani, così come è sempre più difficile rivolgersi a Stati esteri per chiedere aiuto (ricordate la nostra intervista all’attivista iraniana Masih Alinejad?).
Attualmente il governo sta lavorando alla creazione di una Rete e di un sistema di messaggistica nazionale, il che non avrà altro effetto che restringere ulteriormente le libertà online.