Levante all’Arena di Verona è Opera futura e noi c’eravamo
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Seppur diamo ormai per assodata la conoscenza della sigla LGBTQIA+, visti i suoi numerosi utilizzi da parte dei vari media, sono ancora molte le persone che non ne conoscono bene il significato e vorrebbero approfondire sull’origine dell’acronimo e sulle sue evoluzioni nel tempo.
In questa esposizione completa (che aggiorneremo costantemente in futuro) potrai trovare, inoltre, risorse utili ed ulteriori approfondimenti su tutto ciò che ruota intorno al termine LGBTQIA+ come, ad esempio, a proposito delle ricorrenze dedicate all’orgoglio LGBTQIA+, alla lotta alle discriminazioni e al riconoscimento dei diritti civili delle persone che in una (o più) di queste lettere si identificano.
LGBTQIA+ è un acronimo, ovvero un nome formato con le iniziali di altre parole, che in questo caso sono le seguenti:
Esistono delle varianti a questa sigla, da quella più riduttiva LGBTQ+ a quelle ancora più inclusive come LGBTQIAPK+ o LGBTQQIA+ che, prima del simbolo più (+), introducono altre lettere. Per esempio, le lettere P e K stanno per pansessualità e sessualità kink. Mentre la seconda Q, che troviamo in una delle ultime varianti della sigla, sta per “questioning”, ovvero quel processo che porta all’esplorazione e alla scoperta del proprio orientamento sessuale e/o della propria identità di genere: ad esempio, le persone gender questioning sono quelle persone che stanno cercando di capire come descrivere ed etichettare la propria identità di genere, ma che hanno dei buoni motivi di pensare di essere “transgender” e “non binary” (Qui per il significato di non binary e per le differenze con genderfluid e trans*).
Prima della rivoluzione sessuale degli anni Sessanta, i termini usati per rivolgersi alle persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender erano più che altro dispregiativi. Anche il termine “omosessuale”, che fece per la prima volta la sua comparsa in un saggio del 1869 del letterato Karl-Maria Kerbeny era giudicato negativo, in quanto per la medicina di quei tempi indicava una patologia.
Fu all’interno dei primi collettivi di persone omosessuali e lesbiche, nati tra il 1960 ed il 1970, che le persone iniziarono a prediligere il termine gay e lo stesso fecero le donne, autonominandosi lesbiche, un termine che precedentemente era utilizzato in senso dispregiativo, ma che fu da loro ripreso e riabilitato. In egual modo, dagli anni Ottanta, le persone bisessuali reclamavano la loro visibilità.
Proprio negli anni Ottanta si iniziò ad utilizzare la formula GLB, che divenne poi LGB, così da rappresentare le lotte contigue delle persone lesbiche, gay e bisessuali.
Per l’inclusione delle persone transgender/transessuali nella sigla ci volle più tempo.
I primi usi del termine “transgender” si ebbero intorno agli anni Sessanta e furono resi popolari da attiviste trans* come Virginia Prince. Ma fu soltanto dagli anni Novanta che la lettera T venne inclusa nell’acronimo.
A partire dal 1996 a LGBT venne aggiunta la lettera Q di “queer”, un termine che nel Novecento ebbe una connotazione fortemente negativa. Fu poi rivendicato e adottato non soltanto dalla comunità, ma anche da diversi studi filosofici (nota è la “Teoria Queer”, una teoria critica sul sesso e sul genere emersa all’inizio degli anni Novanta).
Oggi il termine queer, che ha perso molto della sua valenza politica “radicale” e “ribelle” viene utilizzato perlopiù da coloro che non si riconoscono nelle tradizionali definizioni usate per gli orientamenti sessuali e per le identità di genere (come gay, lesbica, bisessuale, ecc.).
A partire dagli anni Duemila sono state aggiunte altre lettere, come la I di intersessuale, la A di asessuale e la P di pansessuale.
Vediamo qui di seguito come, tuttavia, la continua aggiunta di lettere, così come l’utilizzo dell’acronimo LGBTQIA+ stesso, siano oggetto di dibattiti e controversie da parte non soltanto di chi nutre paura per la diffusione di un’inesistente ideologia, ma anche di persone interne alla comunità che non accolgono il suo utilizzo, arrivando così a comprometterne gli obiettivi originali.
Come abbiamo scritto, l’utilizzo di questi acronimi non è esente da critiche, esterne e interne alla comunità che attraverso di esse si vuole rappresentare.
L’autore Lorenzo Bernini, nel suo saggio “LGBTQIA+” (presente in “Enciclopedia Italiana”, X Appendice, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2020) afferma che la società eteronormativa vede nell’uso di queste sigle una “pericolosa ideologia volta alla cancellazione delle identità maschili e femminili… LGBT(QIA+) diventa allora il nome di questa fantasmatica ideologia o teoria, che viene indicata come “ideologia o teoria del gender”. Mentre, per quanto riguarda le critiche mosse da coloro che dovrebbero essere rappresentati da questo acronimo, un compendio come questo non potrebbe riassumerle tutte. Possiamo comunque qui di seguito fare qualche esempio, sempre prendendo a riferimento il saggio “LGBTQIA+” di Lorenzo Bernini.
Fin dagli anni Ottanta, non tutte le attiviste lesbiche condividono l’adesione ai movimenti omosessuali. Alcune di loro non condividono nemmeno l’inclusione “delle istanze trans”: sono piuttosto note le posizioni delle femministe transescludenti (TERF), composte da una buona percentuale di persone lesbiche.
Anche le persone intersessuali preferirebbero non essere associate ad altre minoranze sessuali.
Tra le persone gay ci sono anche coloro che muovono “obiezioni alla presenza di soggettività asessuali e demisessuali in movimenti che rivendicano la libertà sessuale”.
Altre persone sostengono che l’acronimo LGBTQIA+ continui a perpetuare lo stereotipo secondo cui le persone non eterosessuali o cisgender siano “diverse”.
Ciò che nasce, quindi, come un tentativo di rappresentazione di più soggettività crea sempre più divisioni e “tensioni dialettiche” che, del resto, “caratterizzano da sempre i movimenti delle minoranze sessuali”, sin da quando sono emerse come tali.
Nonostante i vari tentativi di affossare questo acronimo e le numerose divisioni interne alla comunità, i movimenti LGBTQIA+ sono riusciti, grazie alla lotta fianco a fianco di persone di orientamenti sessuali e/o identità di genere differenti, ad ottenere importanti vittorie nel corso degli ultimi 30 anni. In Italia, ad esempio, dal 2016 il Parlamento ha promulgato una legge che permette alle coppie dello stesso sesso di unirsi civilmente (Leggi qui lo Speciale sulle Unioni Civili). Nel 2020 e 2021 l’Irlanda del Nord, il Cile, la Svizzera e il Costa Rica si sono aggiunti alla crescente lista di paesi in cui le coppie dello stesso sesso possono sposarsi legalmente. Nel 2021 il Bhtuan ha decriminalizzato l’omosessualità.
Per celebrare il percorso storico di affermazione dei diritti civili e umani delle persone LGBTQIA+, è stato stato scelto come data il giorno 28 giugno, che trae origine storica dai “moti di Stonewall”, avvenuti nella notte del 28 giugno 1969 all’interno del pub Stonewall Inn, tra i luoghi di ritrovo più popolari per le persone LGBTQI di New York (clicca qui di seguito per scoprire cosa successe durante quella notte: “I moti di Stonewall”).
Solitamente in concomitanza di questa giornata si organizzano le più importanti parate dei Pride italiani e internazionali.
Eravamo in trenta, la prima volta. E la prima volta era dieci anni fa circa, in un piccolo club di Milano. Poi, pian piano siamo diventatə tantə.
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