Uno degli obiettivi principali dei nazisti fu la creazione di una “nuova” Germania capace di incarnare la Volksgemeinschaft, cioè la comunità spirituale del Volk (popolo) tedesco. Tale progetto si sarebbe potuto realizzare solo attraverso l’educazione fisica, ideologica e politica di tutte le persone “ariane.” Inoltre, per raggiungere tale obiettivo, era necessario che gli “eletti” si moltiplicassero, mentre coloro che non facevano parte del Volk, o rischiavano di inquinarne la “purezza”, dovevano essere eliminati.
Il 1° novembre 2005, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito il giorno dedicato alla memoria delle vittime dell’Olocausto. Si decise che il 27 gennaio di ogni anno, anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, sarebbe stato dedicato al ricordo di tutte le persone perseguitate dal regime nazista e dai suoi alleati e collaboratori. L’obiettivo dell’ONU era commemorare non solo i sei milioni di vittime ebraiche, ma anche tutte quelle persone oppresse e uccise a causa della loro presunta inferiorità razziale e biologica – Sinti e Rom, disabili, popolazioni slave, prigionieri di guerra sovietici e afro-tedeschi – e per motivi politico-ideologici – individui legati a partiti comunisti e socialisti, testimoni di Geova e omosessuali.
La sessualità delle persone ariane eterosessuali (e normodotate) veniva forzatamente incoraggiata – con incentivi finanziari ed assistenziali – e protetta – grazie a restrizioni sui contraccettivi e criminalizzazione dell’aborto. Gli elementi “migliori” della razza avevano il diritto-dovere di riprodursi per assicurare soldati e lavoratori al Terzo Reich e garantirne l’espansione geografica e demografica.
Se la sessualità di alcune persone era incentivata, la sessualità di altre era duramente repressa. Gli omosessuali, nemici del Volk e percepiti come negazione della virilità nazista, dovevano essere tenuti sotto controllo e incarcerati prima che “infettassero” altri individui, mentre persone ebree, Sinti, Roma, disabili e afro-tedesche (nate dalle relazioni tra donne tedesche e uomini delle truppe coloniali francesi a seguito della Grande Guerra) non dovevano riprodursi. In questo modo si cercava di garantire la scomparsa dell’“alieno” dal territorio germanico.
Il momento di svolta nella politica omofobica del regime nazista ebbe luogo nell’estate del 1934 quando, tra il 30 giugno e il 2 luglio, venne condotta un’operazione nota come “Notte dei lunghi coltelli.” Essa permise ad Hitler di consolidare il suo potere, assassinando collaboratori – ormai percepiti come strategicamente dannosi – e nemici. L’obiettivo principale di tale operazione erano alcune persone a comando della formazione paramilitare nota come Sturmabteilungen (Battaglione d’assalto, SA). Tra le vittime ci fu anche Ernst Röhm – comandante nazionale del Battaglione – amico di Hitler e noto omosessuale. Per completare l’operazione Hitler si affidò a membri fedeli delle SS, guidate da Heinrich Himmler, omofobo e assetato di potere. Circa 80 persone furono uccise nella prima fase dell’azione, ma alcuni omicidi continuarono anche nelle settimane successive. Diversi membri delle SA erano, così come Röhm, notoriamente omosessuali. Il loro orientamento, potenzialmente dannoso per l’immagine del regime, fu una delle ragioni per cui Hitler aveva ordinato il compimento di tale operazione.
A pochi mesi dalla proclamazione delle leggi di Norimberga, che avrebbero privato gli ebrei tedeschi della cittadinanza e avrebbero reso le relazioni sessuali tra ariani ed ebri illegali, il 28 maggio 1935 venne resa ancora più restrittiva la già esistente legislazione anti-omosessuale tedesca. Il Paragrafo 175, che criminalizzava sin dal 1871 i rapporti sessuali tra uomini e tra uomini e animali, venne inasprito.
I nazisti aggiornarono infatti la normativa vigente e introdussero il Paragrafo 175A. Quest’ultimo prevedeva delle disposizioni speciali contro la “seduzione dei minori” e stabiliva che atti omosessuali legati all’abuso di rapporti di dipendenza (insegnante/studente, capo/dipendente, ufficiale/soldato) fossero puniti con particolare durezza. Inoltre, se la legge prevedeva precedentemente la criminalizzazione dei soli rapporti sessuali, a partire dal 1935 il Paragrafo 175 aggiornato considerava punibili tutti gli atti di carattere sessuale e tutti i comportamenti interpretabili come potenziali forme di approccio sessuale. Il Paragrafo 175 e 175A continuarono a criminalizzare la sola omosessualità maschile.
Nella Germania nazista omosessualità e aborto venivano considerate come due facce della stessa medaglia. Nel 1936 i nazisti istituirono infatti un’unica agenzia destinata alla repressione di entrambi i fenomeni. L’Ufficio centrale del Reich per la lotta all’omosessualità e all’aborto era gestito dalle SS e aveva, tra le altre cose, lo scopo di raccogliere dati relativi a omosessuali, o presunti tali, che cadevano nelle maglie del regime. Alcuni omosessuali tedeschi vennero arrestati per violazione del Paragrafo 175, mentre altri vennero internati nei campi di concentramento già prima dello scoppio del conflitto.
Alla fine della Seconda guerra mondiale circa 100.000 uomini risultarono essere stati perseguitati per attività omosessuali nella Germania nazista. Circa 50.000 erano stati condannati, mandati nei campi di concentramento, sottoposti ad esperimenti “medici” e costretti a provare la propria “guarigione” attraverso rapporti sessuali con prostitute. Diverse centinaia subirono forme di castrazione.
Non possiamo dimenticare che anche molte lesbiche, pur non essendo state condannate o mandate nei campi di concentramento per violazione dei Paragrafi 175 e 175A, furono imprigionate in campi nazisti. Mentre gli omosessuali venivano indicati come tali grazie al triangolo rosa cucito sulle loro uniformi, le lesbiche indossavano come vagabondi, alcolizzati e prostitute, un triangolo nero, simbolo della loro “asocialità”. Esse, come gli omosessuali maschi, erano ritenute nemiche del Volk e pericolose per la società tedesca. Anche molte persone non conformi dal punto di vista del genere furono vittime della furia nazista, internate per violazione del Paragrafo 175 e 175A o perchè ritenute pericolosamente asociali.
Non esistono cifre chiare riguardo agli omosessuali morti durante il regime nazista, la stima oscilla tra 5.000 e 10.000. Essi vennero uccisi nei campi di concentramento, morirono in prigioni e istituti psichiatrici o vennero persino usati in missioni suicide dell’esercito tedesco.
Durante la Seconda guerra mondiale la persecuzione delle attività omosessuali si intensificò nei territori occupati dai nazisti come ad esempio Belgio, Polonia, aree ceche e slovacche. In Francia, dove l’omosessualità era stata decriminalizzata sin dal 1791, il regime di Vichy – alleato dei nazisti – rese criminale ogni atto sessuale tra un adulto e un giovane di età inferiore ai 21 anni. Tale limite di età, non previsto in caso di rapporti eterosessuali, venne rimosso solo nel 1982.
Dopo la fine della guerra molti omosessuali sopravvissuti ai campi di sterminio vennero imprigionati per violazione del Paragrafo 175 e175A. Vennero fatti prigionieri dopo essere stati internati. La Germania Ovest continuò a criminalizzare gli atti omosessuali, in base alle provvisioni legislative naziste del 1935, fino al 1969. La Germania Est applicò invece, fino al 1968, la versione pre-nazista della legge. Nella Germania unita l’omosessualità venne completamente decriminalizzata ed equiparata all’eterosessualità – garantendo la stessa età del consenso – nel 1994.
Solo recentemente la Germania ha graziato tutti gli omosessuali condannati dai nazisti (2002), condonato le condanne inflitte dopo il 1945 (2016) e riconosciuto forme di compensazione a uomini vittime del Paragrafo 175 (2021).
La continuazione della persecuzione anti-omosessuale dopo la fine della Seconda guerra mondiale impedì a molte persone di raccontare le loro storie e ricordare. Gli omosessuali passarono dalla persecuzione nazista alla persecuzione postbellica. Per molti dimenticare e rimanere in silenzio divenne l’unico modo per sopravvivere. Centinaia e centinaia di storie furono così, irrimediabilmente, perdute. Il Giorno della Memoria è un’occasione per rompere il silenzio, per riflettere e per spingerci a dare voce, in qualche modo, a chi purtroppo non ha avuto la possibilità di raccontarsi.
Gay.it è anche su Whatsapp. Clicca qui per unirti alla community ed essere sempre aggiornato.