Intervista a Fabrizio Petri, Inviato Speciale italiano per i diritti umani delle persone LGBTIQ+

Cosa fa l'Italia per le persone trans* ucraine? E per la depenalizzazione di omo e transessualità? La sua nomina è governativa? Il suo ufficio ha un budget? Il suo capo è Di Maio?

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Fabrizio Petri inviato speciale diritti LGBTQIA+ nel mondo Farnesina
Fabrizio Petri inviato speciale diritti LGBTQIA+ nel mondo Farnesina Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
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Figlio di un pilota dell’Aeronautica Militare, classe 1962, Fabrizio Petri ha alle spalle una carriera di diplomatico. Laurea in Giurisprudenza con tesi sul Diritto Internazionale, nel 1989 è primo segretario presso l’Ambasciata di Nuova Delhi. Un’esperienza che lo porterà ad amare l’India, paese con il quale continuerà a mantenere contatti. Dopo l’incarico a Nuova Delhi, è Consigliere Commerciale presso l’Ambasciata d’Italia a Parigi. Nel 2009 è Capo della Delegazione Italiana per la Presidenza del G8. Attualmente Ministro Plenipotenziario, è tra i fondatori ed è stato Presidente dell’Associazione Globe-MAE , che raggruppa dipendenti LGBTI della Farnesina. Fino al 9 Novembre 2021, quando viene ufficializzata la nomina di Petri in un ruolo nuovo e inedito.

Quel giorno in redazione fummo sorpresi dalla notizia: l’Italia aveva appena istituito una nuova figura diplomatica dedicata ai diritti delle persone LGBTQIA+ nel mondo. Così lo stesso 9 Novembre 2021 pubblicammo: “Luigi Di Maio nomina Fabrizio Petri inviato speciale diritti umani LGBTQ+ nel mondo“. Ruolo così motivato sul sito della Farnesina:

La Farnesina intende ribadire il proprio impegno per la tutela e la promozione dei diritti delle persone LGBTIQ+, già parte integrante della politica estera dell’Italia in materia di diritti umani, incentrata sulla salvaguardia della dignità umana e sul pieno godimento dei diritti politici, civili, economici, sociali e culturali, nonché sulla lotta a ogni forma di intolleranza e discriminazione. 

Nei mesi successivi ci siamo chiesti più volte quali fossero i motivi che hanno spinto Di Maio a istituire un ruolo di così illuminata lungimiranza internazionale nell’ambito dei diritti delle persone LGTQIA+ nel mondo. Un’azione diplomatica ispirata dalla linea atlantista ristabilita dal Presidente del Consiglio Draghi, dopo gli ambigui equilibrismi dei due governi di Giuseppe Conte?

Poi è arrivata la guerra Russia – Ucraina, che sui media ha catalizzato intorno alla forza brutale e totalizzante del conflitto qualsiasi notizia che abbia a che fare con gli “esteri”. Incluso l’impegno del ministro Luigi Di Maio, che è stato il primo ministro degli esteri italiano ad aver accorpato alla Farnesina le questioni di geopolitica a quelle degli affari delle nostre aziende in giro per il mondo.

 

Luigi Di Maio ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale
Luigi Di Maio Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – foto instagram

Alla Farnesina sono stati infatti trasferiti competenze, risorse e personale dal Ministero dello Sviluppo economico, in relazione a questioni di internazionalizzazione, accordi di libero scambio, promozione delle aziende italiane all’estero tramite l’Ice (qui cos’è l’Ice >) e difesa commerciale. In un mondo globalizzato in cui i commerci sono sempre più il tessuto connettivo delle relazioni tra popoli, il disegno di accorpamento voluto dal ministro Di Maio, unito all’attenzione che la Farnesina sta ponendo sulle questioni dei diritti umani nel mondo, lasciano intendere che – almeno sulla carta – l’Italia stia cambiando passo nel suo dinamismo diplomatico.

Ma passando dai grandi progetti sulla carta alle azioni concrete: qual è l’impegno di un inviato speciale per i diritti umani LGBTIQ+ nel mondo? Ne abbiamo parlato con il diretto interessato, Fabrizio Petri, da qualche mese inviato speciale diritti umani LGBTIQ+ della Farnesina.

Dopo una lunga chiacchiera telefonica con Petri, occorre precisare che – considerata la delicatezza di alcune tematiche – ho optato per uno scambio di domande e risposte via email. Perché il mio obiettivo era soprattutto portare ai lettori di Gay.it un approfondimento chiaro e preciso su un ruolo nuovo e inedito nella diplomazia italiana. Un ruolo dedicato alle persone LGBTQIA+ del mondo. Persone per cui l’Italia, in quanto paese dell’Occidente delle democrazie liberali, e al netto di alcune sue persistenti e preoccupanti retroguardie culturali e politiche che ogni giorno non mancano di balzare alla cronaca, può e deve fare molto.

 

Petri, lei ha assunto un ruolo nuovo, inedito: posso chiederle a posteriori perché, secondo lei, l’Italia, il Ministro Di Maio e l’attuale Governo hanno sentito questa esigenza proprio ora?

Nel corso degli ultimi anni, con l’Associazione dei dipendenti LGBTIQ+ del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Globe-MAE – di cui sono co-fondatore, e di cui sono stato a lungo Presidente – avevamo avviato un dialogo con il Ministero per favorire un ruolo internazionale più marcato del nostro paese su questi temi. Ed avevamo favorito importanti sviluppi, quali ad esempio l’ingresso dell’Italia nella Equal Rights Coalition. Con l’arrivo del Ministro Di Maio tale percorso è arrivato a maturazione, ed in un decisivo incontro di fine settembre 2021 egli si è impegnato a far fare un salto di qualità, in termini sia di visione che di risorse, all’azione globale dell’Italia sui temi LGBTIQ+. Mutuando l’esperienza degli Stati Uniti d’America, è stato pertanto deciso di creare la figura di Inviato Speciale per i Diritti Umani delle Persone LGBTIQ+, incarico che mi è poi stato affidato.

 

Dopo la nomina dello scorso novembre 2021, la sua prima visita è stata a Washington: ce la racconta?

Quando sono stato nominato eravamo solo tre Inviati Speciali. Quello degli Stati Uniti, istituito ai tempi della Presidenza Obama ed ora ricoperto da una esponente della società civile LGBTIQ+, Jessica Stern, nominata da Presidente Biden, quello britannico, Lord Nick Herbert, nominato dal Primo Ministro Johnson ed il sottoscritto. Poi, ed è uno sviluppo di poche settimane fa, anche l’Argentina si è dotata di una figura simile, nella persona della politica transgender Alba Rueda. Per tornare alla sua domanda, tutto il mio approccio si basa su un dialogo equilibrato tra Global Nord e Global Sud. Washington è stata la mia prima visita, a dicembre 2021, ad essa è seguita la visita in Argentina – altro Paese che gioca un ruolo pivotale su questi temi – nel gennaio 2022. La visita a Washington era motivata da tre ordini di ragioni. La prima era avviare un rapporto strutturato con la mia omologa statunitense, che può contare su circa un decennio di esperienza che il suo Paese ha fatto su questi temi sin dal lavoro del Primo Inviato Speciale Randy Berry. In secondo luogo l’Italia è da anni membro del Global Equality Fund, un fondo multilaterale gestito dal Dipartimento di Stato specializzato nel sostengo alle persone e comunità LGBTIQ+ nel mondo. È uno strumento particolarmente efficace che consente di intervenire anche in Paesi molto difficili. La terza ragione è che a Washington ha sede la Organizzazione degli Stati Americani (OSA), in cui l’Italia è osservatore. Sono stato ricevuto dal Segretario Generale dell’OSA, Luis Almagro – ex Ministro degli Esteri dell’Uruguay – ed abbiamo avviato una ottima collaborazione, che è particolarmente apprezzata da tutti gli Stati americani più attenti ai temi LGBTIQ+.

 

È presumibile che il suo sia un ruolo che cambia ad ogni governo, o si può considerare un ‘inviato speciale’ stabile?

In paesi come l’Italia gli incarichi di Inviati Speciali non hanno una scadenza predeterminata. La mia nomina, nata come dicevo da un input del Ministro Di Maio, è stata effettuata dal Segretario Generale della Farnesina, Ambasciatore Ettore Sequi. Vi è la completa consapevolezza dell’importanza di affrontare questo importante settore dei diritti umani con una nuova dinamica, incentrata sul ruolo dell’Inviato Speciale.

 

Lei ha un ufficio alla Farnesina? Dispone di un portafoglio economico che le dà libertà di azione? Come funziona il suo ufficio?

Accanto al ruolo di Inviato Speciale per i Diritti Umani delle Persone LGBTIQ+ ho mantenuto anche il mio incarico – che ricopro dal 2016 – di Presidente del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU). Fondamentale è proprio il legame dei diritti umani che unisce i due incarichi. Nello svolgere il mio ruolo di Inviato Speciale mi avvalgo della struttura e del budget del CIDU, opportunamente rafforzato per garantire anche l’assolvimento delle nuove funzioni. L’azione di sostegno che abbiamo avviato a favore delle comunità LGBTIQ+ nel mondo avviene invece attraverso i fondi sia della Cooperazione allo Sviluppo che di altre linee di finanziamento di cui dispone la Farnesina.

 

A chi riporta? Nel senso: qual è il suo “capo” diretto? Il Ministro degli Esteri?

Come ogni Inviato Speciale, le mie attività si inseriscono nel contesto del funzionamento di una struttura complessa come il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Le scelte di fondo sono fatte con il pieno consenso innanzitutto del Ministro e poi del Sottosegretario con delega per i Diritti Umani, Benedetto Della Vedova. Ma tutto avviene attraverso un dialogo costante con le strutture del Ministero. Vista l’ampiezza del mio mandato collaboro con tutte le Direzioni Generali, sia tematiche che geografiche, nonché con i vari Servizi del Farnesina.

 

Con quale rete internazionale si confronta? Chi sono i suoi interlocutori?

Come le dicevo, quando ho assunto l’incarico eravamo solo tre Inviati Speciali (Stati Uniti, Regno Unito ed Italia) ai quali recentemente si è aggiunta l’Argentina. Ho un rapporto molto stretto con i miei omologhi, con cui ci consultiamo regolarmente e scambiamo idee ed opinioni sui temi più delicati e di attualità. A livello globale esistono tre importanti meccanismi di coordinamento di paesi like-minded sui temi LGBTIQ+. Due li ho già citati, la Equal Rights Coalition e il Global Equality Fund, il terzo è il New York LGBTI Core Group, che svolge un’attività in seno alle Nazioni Unite a New York. Infine a Ginevra, dove lavora l’Esperto Indipendente del Consiglio Diritti Umani per l’Orientamento Sessuale e l’Identità di Genere, è stato creato un Gruppo di Paesi Amici dell’Esperto Indipendente di cui l’Italia fa parimenti parte. Con la mia nomina la presenza italiana in tutti questi organismi è naturalmente destinata a diventare ancor più pro-attiva e propositiva.

 

È stato di recente in Albania ad incoraggiare il locale “Piano d’Azione Nazionale LGBTIQ”:  ci racconta qualcosa?

L’Albania è un paese che sta facendo passi da gigante sui temi LGBTIQ+, recentemente, ad esempio, sono state messe al bando le cosiddette “terapie di conversione” ed è stato lanciato un ambizioso Piano d’Azione Nazionale LGBTIQ. Vista la sua collocazione geografica vi è da auspicare che possa svolgere un ruolo di ispirazione anche verso paesi limitrofi. In generale è importante che con paesi amici si sviluppi un dialogo sempre più intenso su questi temi. Ho incontrato anche la società civile LGBTIQ albanese – in ogni visita che faccio incontro in Ambasciata la società civile locale – e sono rimasto colpito dalla loro visione e forza.

 

Ci sono situazioni gravi per le persone LGBTQIA+ in molti paesi del mondo: assumendo l’incarico lei ha sottolineato l’importanza di combattere la penalizzazione dell’omo e della transessualità. Cosa fa l’Italia in tal senso e qual è la sua specifica attività in qualità di inviato speciale su questo tema? E qual è la sua prossima agenda, se possiamo conoscerla?

La mia agenda è modulata sul mio mandato, incentrato innanzitutto proprio sulla lotta alla criminalizzazione ed alle discriminazioni delle persone e comunità LGBTIQ+. Ancora settanta paesi criminalizzano i rapporti sessuali tra persone adulte consenzienti dello stesso sesso, e ben undici prevedono ancora la pena di morte (purtroppo tutt’ora applicata in alcuni di essi). Come ben sappiamo, inoltre, le persone transgender sono tra le più esposte a rischi e violenze, molto complessa è anche la situazione delle persone intersex e, più in generale, – cosa ulteriormente aggravatasi con la pandemia – in molte parti del mondo le persone e comunità LGBTIQ+ sono oggetto di discriminazioni, marginalizzazioni e violenze diffuse. Per incidere su questi temi, per favorire i necessari cambiamenti, oltre che agire su base bilaterale è fondamentale cementare alleanze e creare rapporti di fiducia con quei Paesi più avanzati che possono giocare un ruolo globale e regionale positivo, ed è necessario anche far funzionare al meglio gli organismi internazionali che ho citato. Per questo sono andato, ad esempio, in Sud Africa – uno dei paesi più avanzati sui temi LGBTIQ+ – dove ho avviato proficui contatti a tutti i livelli. Parimenti molto importante è stato l’incontro, a Madrid, con la Commissione Internazionale contro la Pena di Morte. Anche a seguito di un bellissimo colloquio con l’ex Primo Ministro Zapatero – che è Commissario Onorario della Commissione – abbiamo avviato una stretta collaborazione. Rimane fermo che per i nostri paesi è fondamentale non segmentizzare l’approccio alla lotta alla pena di morte, che va abolita per qualsiasi reato, ed il focus sul tema LGBTIQ+ è da considerarsi come ulteriore mezzo per aiutare la lotta alla pena di morte in generale. In questa visione un momento di importanza significativa è stata, durante la mia visita a Vienna, la deposizione di una corona di fiori sotto la targa che a Mauthausen ricorda le persone omosessuali uccise dai nazisti.

 

L’Italia sta facendo qualcosa per le persone trans* ucraine?

Certamente. Sebbene non possa entrare nei dettagli, abbiamo avviato con grande tempestività un’azione con gli ucraini su più piani, sia multilaterale attraverso l’Unione Europea che sul piano bilaterale. Sappiamo, in generale, quanto anche la comunità LGBTIQ+ ucraina sia impegnata, e stia sostenendo il governo del suo paese, a resistere all’aggressione russa.

 

usa passaporto X non binario genere non conforme
USA, dall’11 Aprile la ‘X’ sul passaporto per il genere non binario e non conforme

 

Il non binarismo di genere sta in qualche modo assumendo un ruolo valoriale importante per l’Occidente. Lei che idea ha su questo che è tema di confronto con aree culturali del mondo diverse dalla nostra?

Sono assolutamente d’accordo. Ritengo che, ad esempio, quello che Netflix sta facendo in questo campo, si pensi, tra le tante, ad una serie come quella con l’attivista Van Ness (Queer Eye ndr), sia allo stesso tempo un segno del cambiamento in corso ed una spinta a favorirlo. Naturalmente è molto difficile anche solo per sommi capi affrontare sotto il profilo del dialogo interculturale un tema così complesso, mi limito solo a dire che, sul piano personale, la mia lunga esperienza con l’India mi ha fatto capire – come ho cercato anche di esprimere nel mio ultimo libro, il romanzo Prometeo Beat – quanto questi temi siano complessi e presenti in numerose culture, e necessitino di una grande predisposizione al dialogo ed all’ascolto.

 

Lei è vegetariano, posso chiederle di raccontarci questa scelta?

Dopo aver vissuto all’inizio degli anni novanta in India – ero alla mia prima sede, presso l’Ambasciata a Nuova Delhi – ho cominciato a studiare e poi a seguire le idee del Mahatma Gandhi ed ho cercato di diventare una persona nonviolenta. Il primo passo quando si decide di abbracciare la nonviolenza è diventare vegetariani. Io ho smesso da oltre venti anni di mangiare carne e pesce, ma mangio ancora uova e formaggi. Spero un giorno di trovare la forza di lasciare anche quelli. In compenso non indosso cuoio.

 

 

Foto di copertina tratta dall’intervista video a Fabrizio Petri realizzata dal Festival dei Diritti Umani 

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