Brasile libero da Bolsonaro, Lula eletto Presidente

Sconfitto l'omotransfobico presidente dell'ultradestra. Lula vince al fotofinish conquistando la sua 3a presidenza.

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lula brasile diritti lgbt bolsonaro elezioni 2022
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Luiz Inácio Lula da Silva, 77 anni, è ufficialmente diventato il 39º presidente della Repubblica Federale del Brasile, dopo essere già stato il 36esimo dal 2002 al 2011. Sconfitto al ballottaggio Jair Bolsonaro, presidente dell’ultradestra negli ultimi 4 anni diventato volto dell’omotransfobia brasiliana. Mai nessuno era stato eletto presidente per 3 volte. Mai nessun presidente uscente ricandidatosi era stato sconfitto.

Confermati i pronostici della vigilia, che davano Lula avanti rispetto a Bolsonaro, con il presidente di sinistra votato da 60.345.999 elettori, contro i 58.206.354 voti ricevuti dal presidente uscente, esattamente un anno fa incredibilmente accolto con tutti gli onori del caso da Matteo Salvini, con tanto di cittadinanza onoraria da parte della giunta leghista di Anguillara Veneta, da cui emigrò il bisnonno paterno di Bolsonaro. Un Paese perfettamente spaccato in due, mai tanto polarizzato, con una vittoria pari al 50,90% del totale, contro il 49,10% dello sconfitto. Bolsonaro, che ha ricevuto ancora più voti rispetto al 2018, non ha accettato la sconfitta e molto probabilmente chiederà un riconteggio.

Il Brasile è tornato sulla scena globale“, ha festeggiato Lula. “Hanno cercato di seppellirmi vivo ma sono risorto. Oggi l’unico vincitore è il popolo brasiliano. Sarò il presidente di tutti: riuniamo la famiglia“.

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Lula era stato condannato nel 2017 a nove anni e mezzo di prigione per corruzione, da lui sempre negata. Il 7 marzo 2021, dopo aver passato quasi 600 giorni in carcere, è stato prosciolto da ogni accusa dal Tribunale Supremo Federale del Brasile, tornando quindi eleggibile. Nel 2008, quando era ancora presidente, Lula chiese a gran voce il riconoscimento delle unioni civili: “Le coppie gay esistono e noi dobbiamo dare loro un riconoscimento legale”, disse all’epoca Lula, che si chiese pubblicamentre come mai alcuni politici si opponessero al riconoscimento dei diritti delle persone queer. “Dobbiamo mettere fine a questa ipocrisia perché sappiamo che esistono. Ci sono uomini che vivono con altri uomini e donne che vivono con altre donne e molto spesso vivono straordinariemante bene. Costruiscono una vita insieme, lavorano insieme e io sono favorevole”. “Una cosa che mi sorprende è il perché i politici che sono contrari a questa legge non rifiutino i loro voti, perché, ad esempio, il Brasile non rifiuta le loro tasse. la cosa importante è che siano cittadini brasiliani, che si impegnino per il bene comune. Io sono favolrevole alle unioni civili”.

Undici anni dopo quelle parole, e le presidenze Dilma Rousseff e Michel Temer, l’ultracattolico ed estremista Jair Bolsonaro è riuscito a far sue le elezioni presidenziali del 2018, seminando omotransfobia alla luce del sole. Ancor prima del voto confessò di preferire un figlio morto piuttosto che un figlio gay, mentre in un’intervista con Playboy ammise che “sarebbe incapace di amare un figlio omosessuale”. Per poi aggiungere: “Se una coppia gay venisse a vivere nel mio edificio, la mia proprietà perderebbe valore. Se camminano per mano, si baciano, perderebbe valore!”.

Orgogliosamente misogino e razzista, è stato successivamente accusato da una commissione del Senato brasiliano di “crimini contro l’umanità” per come ha gestito la pandemia da Coronavirus, spesso e volentieri definita ‘inesistente’ al cospetto delle telecamere. 600.000 i morti “ufficiali” brasiliani, con le immagini delle fosse comuni che in piena pandemia fecero il giro del mondo. “Basta affrontare il Covid-19 come se fossimo un Paese di fr*ci”, tuonò a fine 2020, dopo aver precisato che non avrebbe mai utilizzato delle mascherine perché “sono da fr*ci“. Non contento, Bolsonaro ha attaccato l’OMS perché a suo dire “incoraggia i bambini ad essere gay e a masturbarsi”, dopo aver apostrofato un giornalista nel corso di una conferenza stampa (“hai la faccia da gay“), per poi far sapere alla Corte Suprema brasiliana che “l’omofobia non sarà mai reato”, e precisare che il Brasile non sarà mai il “paradiso del turismo gay“.

Fortunatamente, dopo 4 anni da incubo, la sua presidenza è ufficialmente finita. L’ultradestra sovranista e omotransfobica che dagli USA con l’elezione choc di Donald Trump aveva dato il via ad una preoccupante escalation, coinvolgendo anche il vecchio continente con Boris Johnson nel Regno Unito, ha ora subito un nuovo stop, dopo la sconfitta del tycoon contro Joe Biden e la bocciatura di Marine Le Pen in Francia. L’Italia ha fatto eccezione con Giorgia Meloni, ma dinanzi ad una sinistra in grado di ricompattarsi, vedere Luiz Inácio Lula da Silva, anche l’ultradestra populista può essere sconfitta.

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