Chi ha paura delle drag?

La docuserie “Vita da Drag” di Maurizio Merluzzo lancia un potente messaggio di libertà e coraggio.

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drag queen chi ha paura
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“Quanta paura può fare ancora un uomo truccato con una parrucca in testa e che cammina su tacchi altissimi”? Così si apriva il monologo di Priscilla all’inizio della puntata delle Iene Show andata in onda il 4 aprile. Domanda che arriva dritta al punto, più affilata di un coltello. La risposta la conosciamo bene: tanto, troppo. Fa ancora paura, anche all’interno della nostra comunità. Mariano Gallo, in arte Priscilla, è la drag queen più famosa d’Italia. Ho avuto modo di conoscere la sua fantastica storia grazie alla docuserie “Vita da Drag” sul canale YouTube di Maurizio Merluzzo.

Maurizio Merluzzo è un celebre doppiatore, attore, presentatore e youtuber. Insieme al regista Paolo Cellammare, firma la sceneggiatura di una miniserie di cinque puntate in cui documenta il suo percorso per arrivare ad essere una drag queen. Attenzione, essere una drag queen, non fare la drag queen. La prima puntata si apre proprio con questa precisazione. Come Mariano fa notare, “io sono Priscilla. Non faccio Priscilla”. Ma che sia chiaro: l’alter ego drag non rappresenta una maschera o un’armatura. Non si tratta nemmeno di essere due persone diverse. Difatti, quando in questo contesto si parla di ‘maschile’ e ‘femminile’ non ci si riferisce agli stereotipi di genere, bensì a due energie presenti in egual misura nella nostra psiche. Le due non sono mutuamente escludentesi, anzi sono complementari per raggiungere l’equilibrio interiore.

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Pic by @themerluzz, Instagram.

Come mai fa ancora tanta paura entrare in contatto con la propria femminilità? La risposta più facile, seppur non banale, sarebbe “perché significa uscire fuori dalla famosa comfort zone”. Ma la verità è molto più complessa. Abbracciare il proprio lato femminile significa lasciarsi andare, abbandonare il controllo che abbiamo sulla nostra immagine allo specchio, imprigionata sia dagli stereotipi sociali che dalle nostre stesse ferite. È infatti incorretto pensare che a un omosessuale risulti più facile tirare fuori la propria femminilità. Cresciuti a pane e bullismo, tirati su in contesti spesso disfunzionali, tanto a livello scolastico come familiare, molti di noi sono diventati adulti troppo presto e senza aver sciolto quel gomitolo interiore di fili intricati fatti di ferite, ingiustizie e dolore. Se non sanate attraverso un percorso terapeutico, le stesse ferite si trasformano in cicatrici croniche che guidano inconsapevolmente il nostro agire quotidiano. Da “è sbagliato” a “sei sbagliato” il passo è brevissimo. È per questo che il discorso sulla femminilità fa paura anche a noi gay. Il Super-Io condiziona così tanto il nostro sviluppo che ci risulta facile (se non addirittura automatico) confondere le norme sociali con la nostra voce interiore.

L’immagine riflessa nello specchio, dunque, non raffigura chi siamo davvero. Rappresenta il riflesso di quell’idea che abbiamo di noi e nella quale ci siamo rintanati; quella parte che abbiamo imparato a tenere sotto controllo. È un’immagine che ci risulta familiare, e quindi rassicurante, in quanto l’abbiamo dovuta adattare forzatamente all’ambiente sociale per poter evitare l’esclusione e il sentimento di inadeguatezza. Una drag queen crea disordine laddove c’è calma apparente. Con un trucco esagerato e una mise spettacolare, mette in discussione ogni schema appreso di sé, in quanto costringe a guardarsi allo specchio in una veste nuova e scomoda. Nelle parole di Priscilla, “andiamo contro tutti gli stereotipi di una società maschilista e patriarcale”.

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Pic by @themerluzz, Instagram.

Non c’è niente che fa più paura dell’alterità. Come insegna la psicoanalisi, la diversità genera paura perché l’alterità altrui rimanda alla nostra stessa alterità, a quella parte di noi che non vogliamo (ri)conoscere per il fatto che scombussola il precario equilibrio che ci siamo creati. Eppure, ciò che siamo non va evitato, ma va attraversato. Questa è la lezione più importante che dona Lewis Carroll nel libro del 1872, “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”. È solo andando oltre quello che pensiamo di (dover) essere che entriamo in contatto con chi siamo davvero. Uscendo da sé e attraversando il proprio riflesso, Alice ritroverà sé stessa. Solo allora sarà in grado di vedere tutte le meraviglie di Sottomondo. Non è un caso che il termine “meraviglie” venga dal latino “mirabilia” che significa “ciò che si rende visibile, ciò che si mostra”. La docuserie “Vita da Drag” ci fa comprendere che la piena bellezza della nostra unicità si rende manifesta nel momento in cui siamo in grado di esprimere la nostra parte nascosta. È quando facciamo la pace con la parte ‘altra’ di noi che raggiungiamo la piena consapevolezza e l’equilibrio interiore.

È quindi particolarmente emozionante vedere un uomo come Maurizio Merluzzo (cisgender, eterosessuale, muscoloso, con barba e un passato da wrestler) affrontare questo processo di scoperta (o piuttosto riappacificazione) di sé. Oltre a mostrare le difficoltà e la dedizione che si celano dietro l’arte drag, la sua miniserie lancia un potente messaggio di libertà e coraggio. In effetti, ci vuole tanto coraggio per rimettersi in discussione e riconoscersi per ciò che si è. Questa intrepidezza è stata dimostrata anche da altre personalità mediatiche, quali Guglielmo Scilla e Paolo Ciavarro, nel programma di Alba Parietti dal titolo “Non Sono una Signora”. Malgrado gli ostacoli, il drag queen show per famiglie si è rivelato un successo nazionale già dal primo episodio. Aspettando la finale e sognando già una seconda stagione, non si può far altro che provare entusiasmo di fronte a tutti questi uomini che scelgono audacemente di mettersi a nudo mediante l’atto di mettersi in tiro, attraversando il proprio riflesso e ricongiungendosi con la loro insita femminilità.

“Chi sei tu?” chiede Maurizio fissandosi allo specchio. “Sono te, ma più leggera, più libera”. Così risponde She-Ra Hyde. In questo momento i due si conoscono e si presentano per la prima volta. D’ora in poi cammineranno fianco a fianco verso il futuro, dandosi la mano. Da qui in avanti Maurizio, nella sua interezza identitaria, continuerà il suo percorso di vita a testa alta, grazie a quella parte femminile di sé che ora è libera dal peso del passato e fiera di brillare in un mare di lustrini.

Mariano: “Tu sei un uomo. Sei eterosessuale. Hai una compagna. Ma stai camminando sui tacchi e stai vivendo la tua femminilità. E questo ti sminuisce come uomo?”

Maurizio: “Tutt’altro! Mi esalta come uomo”

Mariano: “Bravo. Anzi, vivere questa tua femminilità ti sa sentire…”

Maurizio: “Libero”

Mariano: “Era questo quello che volevo. Era questa la parola. Ti fa sentire libero. Quindi ‘sti cazzi!”

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