Alba Parietti conduce Non sono una Signora: “Violento e inaccettabile discutere di bimbi già nati e famiglie esistenti”. L’intervista

Alla vigilia del ritorno in Rai con la prima tv del drag show a lungo rinviato, abbiamo parlato anche di GPA, Governo Meloni e diritti LGBTQIA+ con Alba Parietti.

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Alba Parietti, Non sono una signora
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Alba Parietti conduce Non sono una Signora: "Violento e inaccettabile discutere di bimbi già nati e famiglie esistenti". L'intervista - Non sono una Signora Alba Parietti 2 - Gay.it

Andrà in onda giovedì 29 giugno su Rai2 alle ore 21:15, con “solo” 8 mesi di ritardo rispetto a quanto inizialmente deciso, l’attesa prima puntata di Non sono una Signora, drag show che per 5 settimane vedrà Alba Parietti finalmente di nuovo conduttrice. Adattamento nostrano del format “Make Up Your Mind”, prodotto in collaborazione con Fremantle, “Non sono una signora” vede in ogni puntata 5 celebrità del mondo dello spettacolo trasformarsi in splendide Drag Queen.

4 concorrenti a puntata verranno svelati, mentre la drag vincitrice si contenderà lo scettro nell’ultima puntata che riunirà le migliori drag viste fino a quel momento sul palco. A giudicarle ci saranno 3 giurate drag professioniste, ovvero Vanessa Van Cartier, 42enne drag queen belga-olandese campionessa della 2a edizione di Drag Race Holland che nelle ultime settimane aveva polemizzato con l’attuale governo per i continui rinvii, Maruska Starr, vista nel “muro” di “All Together now”, ed Elecktra Bionic, prima storica vincitrice di Drag Race Italia. Al fianco della giuria di ‘esperte’ ci sarà anche una giuria vip, composta da Cristina D’Avena e Sabrina Salerno, Mara Maionchi e Filippo Magnini. Solo le giurate drag sanno chi siano davvero questi personaggi, dietro trucco e parrucco. Il panel di famosi dovrà invece riconoscerli.

Dopo aver intervistato il direttore artistico Nicolo Cerioni, ben 7 mesi fa quando sembrava che Non sono una Signora fosse pronto alla prima tv Rai, alla vigilia dell’agognata messa in onda abbiamo intervistato Alba Parietti, icona nazionale, di nuovo alla conduzione di un programma Rai 17 anni dopo  Wild West.

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Partiamo dalla genesi, come si è trovata all’interno di questo progetto e cosa l’ha convinta a sposarlo?

“Io ho fatto la drag da ragazzina, perché nei locali gay di Torino mi esibivo con il lip-sync. Mio padre mi veniva a prendere a mezzanotte in punto come Cenerentola ignaro di quello che facevo nel locale. Nel frattempo facevo il mio spettacolo. Imitavo Patty Pravo, Loredana, ma la mia specialità era Nicoletta, per quanto amassi anche Amanda. Il mio mondo è sempre stato fatto di travestimenti. Un mio carissimo amico mi chiamava “il travestito più bello d’Italia”, e me ne vanto. Mi diverte moltissimo travestirmi, trasformarmi, interpretare certi personaggi. Tale e Quale mi è piaciuto tantissimo perché ho fatto miei degli stati d’animo. Nella settimana che ho interpretato Dalida sono stato malissimo, interpretazione totale. Quello è il gioco delle drag, ovvero entrare in un’altra realtà”.

Cosa dobbiamo aspettarci da un programma drag per famiglie pensato e realizzato per Rai2?

“È proprio un programma drag per famiglie, hai detto bene, perché non c’è motivo per cui le drag non dovrebbero essere per famiglie. Perché fanno spettacolo. Noi tutti abbiamo la voglia di entrare in altre personalità, un po’ surreali, basta pensare al Carnevale e ad Halloween. Chi non ha avuto voglia almeno una volta in vita sua di buttarsi in pista cantando I Will Survive? È stato bello vedere l’emozione delle persone che hanno partecipato al programma, pensando inizialmente di entrare in chissà quale atmosfera strana di gioco per poi sentirsi toccati profondamente da questa esperienza. Per alcuni è stata un’esperienza commovente, affascinante, divertente, interessante. C’è un’ipocrisia di fondo e anche una volontà di investire cose che sono parte della personalità di ognugno di noi, ma questo non vuol dire che domani mattina uno diventa una drag, o abbraccia uno stile di vita fisso o istiga all’omosessualità,  scemenze dette e pensate da qualcuno. L’essere umano è un essere variopinto e le drag sono esseri variopinti, come tutti noi. È una delle più antiche forme d’arte”.


Come si è trovata a dover gestire due giurie. Quella drag e quella ‘vip’, che è non è propriamente una giuria ma un panel.

“Una è una la giuria, formata da drag professioniste. Sono le coach, ma anche giudici implacabili, le più crudeli e cattive, nei confronti dei partecipanti. Loro li creano e poi li distruggono. Gli altri 4, che diventeranno 5 con Amanda Lear al posto di Mara Maionchi durante l’ultima puntata, dovranno invece individuare chi si nasconde dietro ogni drag attraverso gli indizi. Io sono emozionata da questo programma”.

Non sono una Signora doveva andare inizialmente in onda lo scorso ottobre. Poi è stato rinviato all’infinito. Crede che la politica, con il cambio di governo in atto, possa aver concretamente influito sullo slittamento del programma?

“Novembre, dicembre, febbraio. Credo che la paura della politica abbia influito sullo slittamento del programma. Forse sovravvalutando l’onda d’urto di questo programma, noi ci siamo preoccupati così tanto quando l’abbiamo registrato nell’utilizzare un linguaggio fruibile a tutti. Siamo capitati nel momento sbagliato, quando ti prendi il carico da novanta, la punizione esemplare su un reato mai commesso”.

Ha mai temuto che potesse non andare mai in onda?

“Purtroppo c’è stato un momento che l’ho temuto. Poi per fortuna non è successo”.

Negli USA i repubblicani stanno dichiarando guerra alle drag queen, vietandone gli spettacoli in pubblico, con diversi Stati che hanno già legiferato a riguardo per “salvaguardare i bambini”. Che idea si è fatta di tutto questo?

“È vero che i bambini dovrebbero essere salvaguardati, ma da questo tipo di genitori. I bambini sono esseri semplici, non hanno pregiudizi. La malizia e la cattiveria fanno parte degli adulti”.

Questo programma arriva in un momento storico in cui la comunità LGBTQIA+ nazionale è di fatto sotto attacco, con le Famiglie Arcobaleno messe alle strette da questo governo che intende inoltre tramutare la GPA, che in Italia è già reato, in reato universale.

“La questione della GPA non è una questione che riguarda il mondo gay, perché da che mondo e mondo coinvolge tutti, anche se non soprattutto le coppie etero. Evitiamo di farlo diventare una cosa settoriale. Qui si tratta di capire come e se sia possibile farlo, ascoltando tutte le versioni. Dietro la GPA ci sono sicuramente sia donne che si offrono volontariamente, sia persone che lo fanno per amore ma anche da parte di alcuni chi la pratica per sfruttamento”. “Qualsiasi sia la discussione e il tema da trattare, il conto non può essere pagato da bambini già nati, da famiglie già esistenti, da bimbi che stanno per nascere. Dobbiamo discutere se mettere un argine alla GPA, decidere se sia legale o meno in Italia? A me sta bene, perché la discussione è sempre qualcosa di positivo. Ma non può esistere che si discuta di bambini già nati o bambini pronti a nascere, bambini che si vedono privare di diritti fino ad ora concessi. I bambini non possono pagare, diventerebbe gravissimo. Sono per il dialogo, per il prendere in considerazione tutti i punti di vista, ma reputo impossibile prendere in considerazione che i bambini con una famiglia si vedano privati il diritto di averne una perché qualcuno gli dice che non ce l’hanno più, e che non hanno più gli stessi diritti degli altri bambini, venendo così discriminati. Questo è estremamente violento e inaccettabile”. “Anche Alessandra Mussolini si è espressa in tal senso. È una questione di buon senso, bisogna evitare di politicizzare certe questioni, perché i diritti politici non hanno colore politico”.

Ma c’è un governo che ha politicizzato questi diritti civili.

“Non c’è dubbio, ma chi ha il buon senso deve adoperarlo”. “Ricordi il Rivoltoso Sconosciuto di piazza Tienanmen? Se tu ti metti disarmato davanti ad un carro armato, il carro armato si deve fermare. E ascoltarti”.

Ci proveremo per l’ennesima volta, ma parrebbero non voler ascoltare. Prima delle ultime elezioni, lei disse di non condividere il pensiero di Giorgia Meloni ma di provare grande rispetto e di trovarla “bravissima”. Dopo 9 mesi ribadisce quel pensiero?

“Bisogna riconoscere i ruoli e i meriti. È stata eletta? Sì. L’hanno voluta? Sì. Ha dei meriti per stare lì? Onestamente sì. Quella se li è guadagnati sul campo. Negare questo significa anche non accettare la sconfitta, capire il perché della sconfitta. Io non condivido quasi nulla del suo credo politico ma non posso valutare la persone nelle sue capacità e nella sua coerenza. Se questo l’ha fatta vincere ci sarà un motivo. Allora bisogna capire perché certe persone con posizioni politiche così diverse dalle mie hanno successo, contrastarle o attaccarsi a cose che non hanno senso non servirebbe a molto. Io ci provo comunque a dialogare. Voglio che l’altro possa esprimersi appieno. Voglio poter esprimere anche la mia voce”. “Noi non siamo un popolo di rivoluzionari, siamo un popolo che pensa di poter risolvere tutto con il voto. Questo è il vero problema. La gente inizia ora a capire che per far valere i propri diritti deve anche avere una parte attiva. Non dico di diventare come i francesi, ma di imporsi un po’ di più. I diritti si ottengono non solo con una crocetta sul voto”.

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