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Aspettando di vedere la Chicago degli anni ’30 in versione musical nel nuovo film con Richard Gere e Catherine Zeta-Jones (“Chicago” appunto) ecco una storia ambientata nella stessa citta’, nel sottobosco della malavita cittadina ai tempi del proibizionismo.
In “Era mio padre” Tom Hanks e’ Michael Sullivan, figlioccio si può dire del Padrino locale John Rooney (Paul Newman). Sullivan e’ anche marito a padre di due figli, che sono totalmente all’oscuro della professione del loro adorato genitore. Una sera il più grande dei due ha l’idea di nascondersi nel bagagliaio della macchina del padre per saperne di più e finisce nel bel mezzo di una resa dei conti con tanto di morti ammazzati, che certo non era stata orchestrata per avere testimoni oculari. Il figlio del boss in persona si incarica di togliere di mezzo il ragazzino per evitare che possa parlare ma la cosa finisce per andare in maniera molto diversa da come era stata pensata. Senza rivelare troppo possiamo dire che i Sullivan padre e figlio si trovano ben presto braccati dalla mafia e in viaggio negli USA dell’epoca della grande depressione cercando vendetta e di salvare la pelle…
C’era molta attesa per questo film. Tom Hanks dopo il tour de force da lui affrontato per il “Cast away” si discosta per la prima volta dai personaggi buoni e giusti che ha interpretato finora e cerca di affrontare in qualità di attore completo anche ruoli che abbiano delle negatività. Ci riesce, ma non al cento per cento. Forse il suo facciotto da buono lo frega un po’ in partenza, anche se e’ innegabile che ha affrontato la parte col professionismo che lo contraddistingue. Era atteso al varco anche il regista Sam Mendes, reduce dall’acclamatissimo “American Beauty” (1999). Intelligentemente si e’ preso tutto il tempo necessario e ha optato per cambiare totalmente registro e cimentarsi in una storia molto diversa, dimostrando di sapersi destreggiare in generi assai differenti.
Ha scelto peraltro di distaccarsi notevolmente dall’albo a fumetti da cui il film e’ tratto e lo sceneggiatore David Self infatti ha rielaborato il tutto, giocando molto sulla contrapposizione tra buoni e cattivi e mettendo poi il personaggio di Hanks sapientemente a metà strada. La drammatica vicenda e’ tutta vista secondo l’ottica del ragazzino e certamente il film e’ ineccepibile dal punto di vista visivo grazie all’ottimo lavoro del direttore della fotografia Conrad Hall e alle sontuose scenografie.
Di notevole livello anche gli altri attori coinvolti, dal già citato Newman al sempre più interessante Jude Law (“A.I. Artificial Intelligence”) in un ruolo piccolo ma importante di fotoreporter e killer, che si lascia ricordare. C’e’ anche Jennifer Jason Leigh nei panni della moglie di Sullivan. I due attori avevano già lavorato insieme nel 1998 nel film di David Cronenberg “Existenz”. “Era mio padre” (in originale e ben più suggestivamente “Road to Perdition”) e’ uno di quei classici prodotti hollywoodiani un po’ vecchio stile, certo non originali ne perfetti ma dei quali e’ impossibile non sottolineare i tanti pregi e l’accuratezza della realizzazione. E magari per Tom Hanks ancora una volta ci scapperà l’ennesima candidatura agli Oscar.
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