È in arrivo il 2 maggio su Netflix Sei nell’anima, biopic di Gianna Nannini, prodotto da Indiana Production e diretto da Cinzia TH Torrini, con protagonista Letizia Toni nei panni dell’icona del rock femminile italiano. Un film che è un frammento della storia di una delle voci più incisive e rinomate della nostra musica, trent’anni raccontati partendo dall’infanzia, dalle radici della sua vita e della sua carriera, fino alla consacrazione, passando da una svolta che trancia di netto in due parti la vita di Gianna, tanto da considerarla la sua vera nascita: l’anno 1983, quando l’artista va incontro ad un tracollo psicotico.
Nel cast anche Maurizio Lombardi negli abiti del papà di Gianna, Stefano Rossi Giordani, Andrea Delogu che interpreta una giovane Mara Maionchi e soprattutto Selene Caramazza, chiamata a dar forma a Carla, donna che è al fianco di Nannini da oltre 40 anni. Come anticipato dal trailer e dalle prime immagini ufficiali, il film di Cinzia TH Torrini non tace il rapporto intimo tra le due donne, che è non solo emotivo, sentimentale, ma anche fisico. In Germania, nel 1983, Gianna rinasce una seconda volta, dopo aver sperimentato la vera follia, il non capire chi sei, il rendersi conto che se non fosse uscita da lì sarebbe finita. E ad aiutarla c’era proprio Carla, ieri come oggi.
“Nel film c’è una riconoscenza nei confronti di Carla, assolutamente“, ha precisato Gianna a nostra domanda specifica nel corso di un round table in sede Netflix, a Roma. “Carla è una figura importante nel film perché è l’unica persona che in tutta la mia vita mi ha sempre sostenuto, nei momenti peggiori. E mi ha salvato da quel momento terribile, se non c’era lei non so cosa sarebbe successo“.
Fu infatti Carla, quando Gianna venne portata in ospedale perché vittima di deliri e allucinazioni, ad evitarle un ricovero psichiatrico, parlando di un crollo psicotico indotto da LSD. “Disse che avevo preso l’LSD allo psichiatra, e meno male che lo disse perché se no non ero qui a raccontarvi questa storia. Mi avrebbero distrutto con gli psicofarmaci. Quel che avvenne non fu colpa della droga. Cosa, come e perché successe, non lo so nemmeno io. Tutti noi teniamo nascosti delle cose dentro. Probabilmente quel che mi è successo è un modo per portare fuori dall’utero materno certe cose che ho vissuto in altre dimensioni. Nel film questo non c’è, ma fu molto doloroso. Questa battaglia è nata e finita all’epoca“.
Nei panni di Gianna troviamo Letizia Toni, toscana come lei, di Pistoia, che la stessa Nannini ha applaudito per la sua trasformazione. “Mi somiglia moltissimo. Le persone che hanno fatto il casting hanno pensato che fosse la migliore tra duemila candidate, e lo è. Ha studiato un anno e mezzo per interpretarmi, nei modi, nelle espressioni e nella voce. È incredibile. Formidabile e molto, molto simile a me in termini di esperienze di vita a quell’età. Ha davvero qualcosa in comune con me“.
Cinzia TH Torrini ha confermato le difficoltà nel trovare la Gianna giusta, fino all’arrivo di Letizia Toni.
“Abbiamo iniziato con uno scouting a 360 gradi prediligendo attrici tra i 20 e 30 anni, anche sconosciute, che avessero non solo la cadenza toscana, ma che ricordassero Gianna nello sguardo, senza farne una copia. Poi, il modo di comunicare, di camminare, e soprattutto cantare ed un po’ suonare ci avremmo lavorato dopo. Avendo scritto la sceneggiatura con i due toscani Calamini e Diamanti, e con l’apporto di Gianna stessa, i dialoghi sembravano proprio usciti dalla sua bocca. Quindi complicati da interpretare da una non toscana. Non ho mai perso la speranza di trovare la persona giusta, perché ero determinata a realizzare questo film ad ogni costo, anche rinunciando ad altri possibili progetti. Alla fine, sbuca il provino di una giovane attrice ancora sconosciuta: Letizia Toni. Dentro aveva il fuoco e quando Gianna ha visto il provino finale, dove Letizia cantava “America” e interpretava una scena molto forte e determinante per il percorso drammaturgico della storia, si è commossa. Eravamo tutti convinti che l’avevamo trovata! Come nei film americani, Letizia ha iniziato a prendere lezioni di canto, pianoforte, recitazione e movimento. Non doveva sembrare una copia di Gianna, ma essere Gianna… Ed è incredibile come man mano sia avvenuta la sua trasformazione“.
Letizia Toni, qui alla sua prima prova d’attrice protagonista, si è calata perfettamente nel ruolo, studiando e lavorando per diventare Gianna Nannini, sia fisicamente che vocalmente parlando.
“Sono partita dalle radici dell’artista, sono stata a Siena per immagazzinare immagini e rielaborare, sentendo tutte quelle sensazioni da lei vissute nella sua biografia. Ho fatto tre provini, negli ultimi due c’era l’estate di mezzo e non ho voluto lasciare niente al caso. Ho vissuto la contrada, sono stata nei suoi luoghi di appartenenza, per conoscere la sua identità, quello che mette nella sua musica”. “Mi sono inserita con lo studio in queste dinamiche, facendola mia. Man mano che studiavo ho trovato alcune cose che ci accomunavano e alcune dinamiche familiari. Anche il non essere mai accettata nè apprezzata in casa. Mio padre non voleva che facessi l’attrice, come il padre di Gianna non voleva che lei facesse la cantante. Ho impastato tutto questo e ho fatto nascere il personaggio“. “Non doveva essere un’imitazione, doveva esserci l’essenza di Gianna. Non è Tale e Quale“.
Un rapporto paterno, quello raccontato in Sei nell’anima e realmente vissuto da Gianna, che Nannini ha così voluto ricordare.
“Mio padre era una persona molto aperta nella vita, non così tanto autoritario come si vede nel film. Ma era contro il fatto che cantassi. Ero cantautrice ma all’epoca per la musica italiana esisteva solo l’interprete. Visto che insistevo tanto, a 14 anni mi trovò un’insegnante bulgara, pagandomi 10 lezioni. Con quelle lezioni imparai il canto con il diaframma, con le ovaie e con l’utero, che mi è rimasto per tutta la vita”. “Sono una delle poche a cantare con l’utero e le ovaie”. “A papà gli dispiaceva perdermi, non lavorare più insieme a lui, ma alla fine mi ha detto che sono stato brava”.
Nel 2017 Gianna Nannini disse “sposo Carla a Londra, lo faccio per diritti di mia figlia Penelope”, per poi definire il coming out “ghettizzante”, definirsi “pansessuale” e infine “senza genere“.
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Continuo a credere che se una donna ama una donna e non si vuole nascondere non ha senso definirsi "senza genere". Il ghetto esiste se qualcuno ti impone qualcosa ma se lo scegli tu non c'è.