È fuori da mezzanotte il nuovo album di Loredana Bertè, Manifesto. Il disco raccoglie i nuovi inediti della regina del rock italiano ed è prodotto da Luca Chiaravalli per Warner Music.
L’uscita dell’album è stata anticipata dal brano Figlia di… presentato durante lo scorso Festival di Sanremo e da Bollywood, scritta da Riccardo Zanotti, dei Pinguini Tattici Nucleari in collaborazione con la stessa Bertè.
“E tutta questa gente
non dovrebbe pensare più
deve fermarsi, cantare, ballare“,
si sente nel brano, ed è con una nuova spensieratezza e forma di edonismo che la cantautrice affronta il suo progetto. Le altre tracce presentano collaborazioni con Fedez (Lacrime in limousine), J-Ax (Donne di Ferro) e Nitro (Florida); oltre a un ormai consolidato sodalizio artistico con Ivano Fossati, autore di diverse canzoni presenti nell’album.
L’album è stato definito dalla stessa Bertè un “manifesto femminista”. Ho smesso di tacere è una delle canzoni che traccia un solco lungo tutto il nuovo lavoro di Loredana Bertè e dà identità all’album. Il brano è stato scritto dall’amico Luciano Ligabue e racconta le donne con la loro vita e la loro forza. A proposito, il cantautore ha dichiarato:
“Per smettere di tacere, serve coraggio, e a te, Loredana, il coraggio non è mai mancato. Grazie per aver dato vita a questa canzone, con tutta la tua voce e con tutto quello che la tua voce contiene e racconta”.
L’album, come dice il titolo, è un vero e proprio manifesto, sia della carriera e della vita di Loredana Bertè; sia delle donne, a cui l’artista negli ultimi anni ha dedicato molte sue battaglie.
In questo album oltre a cantare le sue ferite passate, rivendica anche il diritto a parlare sempre e comunque, a denunciare le violenze, a uscire fuori dal circuito degli amori tossici e liberare il proprio animo da chi o cosa lo opprime. Nel presentare il progetto Bertè ha fatto sua una frase della poetessa milanese Alda Merini.
“ma da queste profonde ferite usciranno farfalle libere”.
E le ferite di Bertè sono numerose e profonde. Dalla morte dell’amata sorella Mia Martini (“una sera stonata di venerdì/e com’è bella la vita una sera di maggio che stringe il cuore/che impedisce il passaggio anche al dolore“), all’amicizia fraterna con Renato Zero – più volte interrotta nel corso degli anni – al disastroso matrimonio con il tennista svedese Björn Borg, che ricorda in un verso nella canzone Figlia di…
“Ho fatta invidia e ho fatto pena”,
infatti, come spiega in un’intervista su Repubblica
“Sono stata la donna più invidiata del mondo quando ho sposato Borg. E ho fatto pena quando sono tornata in Italia: avevo sperato che in questo mio passaggio sulla terra avrei lasciato dei figli e invece lui non era d’accordo, ma me lo ha detto solo dopo 6 anni di matrimonio. Insomma, mi sono fatta pena da sola perché certe domande si fanno prima”.
Fino ad arrivare a una ferita che si porta dentro da decenni, una violenza subita a 15 anni e che solo tre anni fa è riuscita a comunicare al pubblico,
“Certe cose ti rimangono dentro: non ho visto più un uomo per dieci anni, non ne volevo più sapere, sono ridiventata vergine a causa di un figlio di p…..a che mi ha massacrato di botte e mi ha violentata senza nessun riguardo né scrupolo. C’è anche la paura di denunciare perché la violenza si chiude sempre con la vergogna“.
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