ANTI-GAY SI PENTE, PER CANTARE

Succede a Pisa. Nel passato di Capleton canzoni che incitano apertamente all’omicidio e all’odio. Poi un cambio di posizioni (sincero?) per potersi comunque esibire.

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PISA – Ha suscitato polemiche l’annuncio del concerto pisano del cantante reggae giamaicano Capleton. Il circolo Arcigay Pride! ha pubblicamente espresso indignazione per l’inserimento del suo nome nel cartellone del Festival Metamusic, con un concerto previsto a Pisa il 16 giugno, questa sera, al Giardino Scotto. Il festival gode del patrocinio di Regione Toscana e Provincia e Comune di Pisa.

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Capleton, vero nome Clifton George Bailey, ha più volte espresso nei suoi brani odio per gli omosessuali con testi come “Burn out de chichi” (“Bruciate il finocchio”) oppure “All battimen hafi dead” (“Tutti i gay a morte”) o ancora “Yuh nuh want nuh gal, yuh head a roll don de street” (“Non vi vanno le ragazze? La vostra testa rotolerà sulla strada”). In Giamaica, come recentemente denunciato anche da Amnesty International e da Human Rights Watch, la comunità omosessuale è da tempo vittima di gravi atti di violenza, fomentati da una certa scena musicale nella quale, attraverso l’esaltazione delle virtù di un ritorno all’ideologia rasta fondamentalista, l’omosessualità è considerata una piaga da estirpare. Il 9 giugno 2004 è stato assassinato Brian Williamson, uno dei fondatori di J-Flag, l’unica organizzazione giamaicana che lotta per i diritti di lesbiche, gay e trans. Capleton è in tournee in Europa e a seguito delle proteste di molte associazioni vari suoi concerti sono già saltati in Francia e Lussemburgo.

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Dice Pietro Amat, presidente dell’Arcigay pisana: “Abbiamo chiesto l’intervento delle autorità che hanno concesso il patrocinio e crediamo pure un contributo economico alla manifestazione nella quale è inserito il concerto di Capleton. È impensabile che le istituzioni toscane diano il patrocinio a eventi così palesemente contrari ai loro valori, recentemente riaffermati nello Statuto della Regione Toscana”.
L’organizzatore del festival, Nicola Zaccardi, ha precisato: “Il nostro interesse nei confronti dell’artista è puramente stilistico. Così come in passato, con questa ottica abbiamo ospitato gruppi di cui non eravamo magari d’accordo con i contenuti dei testi di alcune canzoni oppure di comportamenti in contraddizione con il nostro modo di pensare.
Pensiamo che un festival di musica popolare debba avere la massima libertà di scelta altrimenti si rischia la censura che per noi è peggiore di qualsiasi espressione più o meno idiota o deprecabile che gli artisti hanno sul palco.”
C’è forse da chiedersi se non sia un po’ fuori luogo invocare libertà di parola e motivazioni “artistiche” quando si incita apertamente all’omicidio e alle violenze contro una porzione specifica della popolazione, qualunque sia. Chissà se sullo stesso palcoscenico si sarebbero fatti esibire cantanti fondamentalisti musulmani invocanti a sgozzare tutti gli “infedeli” occidentali oppure qualche rock band neonazista che canta di quanto sia bello e giusto mandare gli ebrei nelle camere a gas. Qui si tratta esattamente dello stesso tipo di “messaggio”.

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Alla fine una soluzione è stata trovata: all’artista è stata sottoposta una dichiarazione da controfirmare nella quale lo stesso si impegna a non produrre più in futuro brani che abbiano un contenuto irrispettoso delle minoranze o identità di genere, a non cantare più nessuna canzone omofobica, a non istigare mai più pubblicamente alla violenza contro i gay, sia esplicitamente che indirettamente, e di non incoraggiare più in alcun modo la vendita di album che contengano testi esortanti alla violenza contro gli omosessuali. Arcigay ha avuto su questa faccenda contatti con altre associazioni gay internazionali, come la francese Inter-Lgbt e l’inglese Outrage. L’intento sarebbe quello di cercare di riannodare i fili tra la comunità LGBT ed un artista indubbiamente molto importante nel panorama della musica giamaicana.
Speriamo solo che questo “cambio di rotta” a cui si è impegnato Capleton sia sincero e non una pura ipocrisia di facciata, messa in atto col solo scopo di effettuare comunque il concerto pisano. I precedenti purtroppo ci sono: ad un altro cantante giamaicano, Sizzla, era stata sottoposta una dichiarazione di tono analogo come condizione per poter partecipare ad un concerto. Lui aveva firmato ma poco tempo dopo aveva fatto marcia indietro, pubblicando una canzone già dal titolo più che eloquente: “No apology”. Niente scuse. Lo sciocco giochetto gli è costato la cancellazione dei 5 concerti del suo tour britannico dello scorso anno, a seguito dell’esame dei testi dei brani da parte dell’unità contro i crimini razziali e violenti della Polizia Metropolitana.

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