Acclamato dalla stampa internazionale, nonché vincitore dell’ultimo Sundance Film Festival, The Miseducation of Cameron Post di Desiree Akhavan sarà presentato in anteprima il 20 ottobre prossimo alla Festa del Cinema di Roma, inaugurando la sezione “Tutti ne parlano”. Il film uscirà poi nelle sale con Teodora il 25 ottobre.
Tratto dal romanzo di culto di Emily M. Danforth (in uscita in libreria per Rizzoli il 23 ottobre), La Diseducazione di Cameron Post ha ribadito il talento cristallino di Chloë Grace Moretz, indiscutibilmente tra le migliori giovani attrici del cinema americano di oggi. La vicenda è ambientata in una cittadina del Montana, nel 1993. Quando viene sorpresa a baciarsi con una ragazza durante il ballo della scuola, la giovane Cameron Post viene spedita in un centro religioso, God’s Promise, in cui una terapia di conversione dovrebbe “guarirla” dall’omosessualità. Insofferente alla disciplina e ai dubbi metodi del centro, Cameron stringe amicizia con altri ragazzi, finendo per creare una piccola e variopinta comunità capace di riaffermare con orgoglio la propria identità.
Capace di affrontare con uno stile graffiante un tema ancora attualissimo e controverso, La Diseducazione di Cameron Post punta seriamente agli Oscar, rilanciando anche al cinema la pericolosità di questi centri di ‘conversione’, ufficialmente banditi in alcuni Stati d’America e in alcuni Paesi d’Occidente. Ma non in Italia, purtroppo.
Sia l’American Psychoanalytic Association che l’American Academy of Psychoanalysis hanno più volte ribadito che questi metodi e le organizzazioni che le promuovono (come la Narth di Nicolosi) “non aderiscono alla nostra politica contro la discriminazione e le loro attività sviliscono i nostri membri omosessuali”. La stessa posizione ha tenuto l’Associazione mondiale di psichiatria. Vale la pena ricordare, a margine, che il 17 maggio 1990 l’Organizzazione mondiale della sanità ha eliminato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali definendola “una variante naturale del comportamento umano”. Come si può, quindi, pensare di curare o anche solo riparare qualcosa che non è ascrivibile alla categoria delle malattie?
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